Solennità del Corpo e Sangue del Signore. “L’Eucaristia viene portata per le strade del mondo anche per convertire i cuori di chi vuole di costruire la pace attraverso la guerra”

Nella Chiesa di San Domenico il Pontificale dell’Arcivescovo seguito dai Vespri solenni e dalla processione cittadina sino alla chiesa Cattedrale / DISCORSO ARCIVESCOVO / OMELIA ARCIVESCOVO /PHOTOGALLERY

La Solennità del Corpo e Sangue del Signore è stata celebrata domenica 22 giugno raccogliendo il popolo cristiano attorno all’altare per contemplare e adorare il mistero eucaristico, memoriale del sacrificio di Cristo e della Sua Pasqua. Alle ore 11.00 è stato celebrato il Pontificale nella chiesa di S. Domenico, al termine del quale è rimasto esposto solennemente il SS. Sacramento per l’adorazione sino ai Vespri. Alle ore 19.00 la celebrazione dei Vespri solenni e a seguire la grande Processione cittadina dalla chiesa di S. Domenico alla chiesa Cattedrale dove abbiamo ascoltato il messaggio dell’Arcivescovo.

 

Discorso dell’Arcivescovo di Palermo in Cattedrale al termine della processione del Corpus Domini

Oggi in tutto il mondo si celebra il Corpus Domini. L’Eucaristia «è capace di plasmare la vita dell’uomo secondo un modello, un’impronta, una figura che è Cristo stesso nel gesto supremo della pasqua; e la Chiesa è appunto la comunità di coloro i quali lasciano che sia l’eucaristia a dare forma, consistenza, dinamismo ai ritmi della loro vita personale, ai rapporti comunitari, ai progetti sociali, alle iniziative di riforma della convivenza umana» (C. M. Martini L’eucaristia centro e forma della vita della chiesa).

L’Eucaristia in tutte le Chiese locali, in queste ore, viene portata per le strade del mondo. «La pace del Cristo Risorto, una pace disarmata e una pace disarmante, umile e perseverante» (Leone XIV), possa fecondare tutta la terra. Il passaggio del Sacramento dell’amore e dell’unità per le strade del nostro pianeta – della nostra Casa comune – trovi veri adoratori in spirito e verità. Uomini e donne che amano e servono la pace.

Preghiamo affinché Cristo converta i cuori di tutti e, in particolare i cuori, pietrificati e le intelligenze atrofizzate dal delirio di onnipotenza dei ‘grandi del mondo’ che fino ad oggi, giustificando stragi e bombardamenti, hanno nominato invano – bestemmiato! – il nome di Dio, con la scandalosa delirante affermazione: «Ti amiamo, Dio, e amiamo il nostro grande esercito».

L’assurdità di una pace ‘fatta’ dalla guerra, accende conflitti sempre più vasti e l’attacco lanciato in questi giorni all’Iran – dopo lo sterminio di Gaza – sotto il pretesto della difesa preventiva – con l’approvazione e il sostegno bellico di tanti leader occidentali – ne è la riprova. «Non è amore per Israele giustificarlo appellandosi alla strage – certo orrenda e spietata – di Hamas, che non rappresenta tutto il popolo palestinese e neppure tutta la storia del suo pensiero» (Testo letto dalla comunità della PFA a Montesole in occasione della Marcia per Gaza, 15 giugno 2025).

Dinnanzi al Sacramento del Corpo di Cristo noi invece vogliamo ripetere le parole pronunciate da Gesù dalla croce: «Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno» (Lc 23,34). Chiediamo al Signore che questi ‘imprenditori della guerra’ possano prontamente ritornare sui loro passi per una tregua totale in vista di un accordo di pace duratura.

La morte degli inermi e degli innocenti, delle migliaia di bambini uccisi nel mondo, a Gaza, in Ucraina, nel Congo, sia la voce più forte per la pace. Don G. Dossetti parlando delle vittime innocenti delle stragi di Marzabotto ebbe a dire: «La loro fine sembrava solo la vittoria della Bestia ma era la vittoria dell’Agnello» cioè, per chi crede, l’Innalzato sulla croce per amore degli uomini.

Come hai attraversato la città o santo e venerabile Sacramento del Corpo donato di Cristo, trapassa le nostre coscienze e semina in noi l’amore di Dio e l’amore degli uomini. Dona al mondo Signore la tua pace.

 

Chiesa di S. Domenico

Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo

22 giugno 2025

Omelia

«Voi stessi date loro da mangiare». È l’annuncio di ciò che gli apostoli dovranno fare, di ciò che ogni discepolo e discepola del Signore, ogni comunità discepolare, dovranno preoccuparsi di fare. Essere per altri cibo, distribuire la loro vita come pane per altri, sapendo che in loro è Cristo stesso che continua a benedire e, soprattutto, a spezzare se stesso come pane di vita eterna. Quel “dar da mangiare” è segno della benedizione e della misericordia di Dio e luogo di instaurazione di fraternità e di comunione.

È nota la formulazione di Tommaso d’Aquino: «Eucharistia dicitur sacramentum caritatis» (Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae III,73,3). L’Eucaristia è sacramentum caritatis: l’eucaristia è per Gesù segno dell’offerta dell’intera sua vita (cfr 1Cor 11,23-26), il segno di un amore più grande, di una vita che si dona per generare nuova vita, amore che raduna, che estingue le contese, pacifica e riconcilia, che raggiunge e accoglie l’altro nella sua estrema lontananza e alterità, il traditore, il rinnegatore, l’accusatore, l’uccisore. «”Sacramento dell’amore di Dio”, l’eucaristia è il luogo in cui i discepoli di Gesù Cristo veniamo edificati nello Spirito come Chiesa di Dio, è l’eucharistia in qua fabricatur ecclesia (Tommaso d’Aquino).

Nell’eucaristia si accoglie e ci accoglie il dono incommensurabile dell’amore di Dio Padre per noi uomini nel suo Figlio morto e risorto per noi, fattosi corpo-cibo per la mensa della sua fraternità. Per questo l’eucaristia è scuola di gratitudine, cattedra dove si apprende la modulazione della gratitudine. L’Eucaristia genera la coscienza di fede dell’amore di Dio che rende costitutivamente grata l’esistenza cristiana. Non a caso la forma essenziale e più alta del culto cristiano si chiama ‘eucaristia’, cioè ‘rendimento di grazie’. Nell’Eucaristia la Chiesa si lascia inondare dal dono e dai doni di Dio. E così si permette a Dio di operare in noi. E poiché il dono di Dio celebrato nell’eucaristia è assolutamente non contraccambiabile, l’unica risposta possibile all’uomo è la gratitudine: «Un’etica eucaristica è un’etica incentrata, in primo luogo su questa attitudine di ringraziamento con la quale il credente è chiamato a porsi non solo di fronte a Dio, ma di fronte all’intera realtà, espressione dei suoi doni» (G. Piana).

Alla luce dell’eucaristia la carità cristiana viene collocata prioritariamente sul piano dell’essere rispetto a quello del fare: così l’eucaristia edifica il credente nella carità, insieme alla parola di Dio contenuta nelle Scritture. Lo cristifica. Rende le nostre comunità messianiche, capaci di avere gli stesi sentimenti di Cristo, i suoi gesti. Il gesto dell’amore più grande: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me» (1 Cor 11,24). Il Card. C. M. Martini affermava: «L’eucaristia è capace di plasmare la vita dell’uomo secondo un modello, un’impronta, una figura che è Cristo stesso nel gesto supremo della pasqua; e la Chiesa è appunto la comunità di coloro i quali lasciano che sia l’eucaristia a dare forma, consistenza, dinamismo ai ritmi della loro vita personale, ai rapporti comunitari, ai progetti sociali, alle iniziative di riforma della convivenza umana» (L’eucaristia centro e forma della vita della chiesa).

Questo significa che la Chiesa deve divenire luogo capace di generare all’amore, di introdurre i credenti all’esperienza dell’amore di Dio e dell’amore del prossimo. Qui ogni comunità ecclesiale è spazio in cui il cristiano viene accolto e amato, viene fatto crescere per diventare capace di amore.

La Chiesa come schola charitatis. Alla luce dell’eucaristia l’etica cristiana diviene capace di coinvolgere tutto l’uomo, di convertirne il cuore e di plasmarne la persona sul modello del Cristo stesso. Condividendo e mangiando l’eucaristia veniamo assimilati a Cristo, diventiamo suo corpo, l’unico corpo di Cristo, radunato dalla dispersione e fatto comunione, segno di unità e di pace per l’intero genere umano. Tra poco nell’Orazione sulle offerte, a nome di questa santa assemblea eucaristica, il vescovo, che la presiede, così pregherà: «Concedi benigno alla tua Chiesa, o Signore, i doni dell’unità e della pace, misticamente significati nelle offerte che ti presentiamo».

Il pane e il vino, necessari alla celebrazione dell’eucaristia, dicono un’assunzione dell’intera vicenda umana, e di ogni vita, proprio attraverso i simboli del pane e del vino. C’è una dimensione cosmica intrinseca all’eucaristia, che anticipa e fa pregustare il destino della creazione intera: gli elementi creaturali del pane e del vino che vengono trasfiguranti, una comunità che si raduna in unità a nome di tutta la famiglia umana – oltre che a nome dell’unica fraternità cristiana che è  la Chiesa – finché il Signore venga definitivamente, come ci ha annunciato Paolo nella Seconda Lettura (cfr 1Cor 11,26. Il pane e il vino rinviano alla tavola e dunque alla convivialità e alla comunione che si stabilisce attorno alla tavola. Anticipazione e prefigurazione della vita eterna e della comunione senza più strappi e lacerazioni. Facciamo nostre in questa Solennità del Corpus Domini le parole di Papa Leone XIV: «Questo, fratelli e sorelle, vorrei che fosse il nostro primo grande desiderio: una Chiesa unita, segno di unità e di comunione, che diventi fermento per un mondo riconciliato. In questo nostro tempo, vediamo ancora troppa discordia, troppe ferite causate dall’odio, dalla violenza, dai pregiudizi, dalla paura del diverso, da un paradigma economico che sfrutta le risorse della Terra ed emargina i più poveri. E noi vogliamo essere, dentro questa pasta, un piccolo lievito di unità, di comunione, di fraternità. Noi vogliamo dire al mondo, con umiltà e con gioia: guardate a Cristo! Avvicinatevi a Lui! Accogliete la sua Parola che illumina e consola! Ascoltate la sua proposta di amore per diventare la sua unica famiglia: nell’unico Cristo noi siamo uno» (Omelia per l’inizio del ministero petrino, 18 maggio 2025).