Anche quest’anno, in prossimità della Pasqua, l’Arcivescovo Corrado Lorefice ha voluto incontrare le Dirigenti e i Dirigenti delle scuole. Quest’anno, in particolare, l’evento si è inserito nel contesto dell’anno giubilare e nel solco del cammino sinodale, per cui il tema della speranza era quasi scontato; non è invece per nulla scontato dare un senso alla speranza come orizzonte educativo, come suggerisce il titolo scelto: La scuola che educa: una profezia di speranza. L’incontro è stato organizzato dall’Ufficio Diocesano per la Pastorale della scuola in collaborazione con l’Ufficio Scolastico Regionale (l’invito a tutti i dirigenti scolastici è stato condiviso dal Direttore Generale Giuseppe Pierro).
Sarebbe fallimentare prospettare ai giovani la speranza come espediente consolatorio rispetto al disagio esistenziale che si trovano a sperimentare e sarebbe ingannevole offrirla come aspettativa di futuro di fronte ai frangenti storici che li proiettano invece in scenari assurdi di guerra e di crisi economica e ambientale epocali. La speranza che gli educatori sono chiamati a testimoniare deve parlare di certezza, non di promesse velleitarie, e l’unica certezza su cui si fonda lo sguardo di speranza implicito nell’atto educativo, è quella della relazione buona: se un ragazzo, una ragazza, un bambino, una bambina, ha la certezza di essere amato e amata, avrà un riferimento di senso per orientare la propria vita. La chiave dell’educazione è l’amore, fatto di stima, di ascolto, di riconoscimento. Non è retorica, è la dimensione profetica dell’educazione che sola può offrire una motivazione fondata per affrontare la fatica di crescere tenendo viva la gioia di vivere.
In questo difficile frangente storico, il tema educativo si carica di ulteriori responsabilità. Di sfida educativa sempre più complessa ha infatti parlato Mons. Corrado Lorefice rivolgendosi ai numerosi dirigenti scolastici intervenuti. È tempo di superare gli steccati tra le diverse agenzie educative: chiesa e istituzioni scolastiche laiche non possono che cooperare per provare a dare risposte ai bisogni crescenti che segnalano sofferenze reali. Chi è impegnato in ambito scolastico conosce bene i fenomeni di fronte ai quali le famiglie sono impreparate e disorientate. Si pensi alle inedite crisi di identità adolescenziale che interpellano su delicate questioni di genere; o ai fenomeni di autolesionismo; per non parlare del bullismo come esperienza devastante, della pervasiva interferenza dei social nella vita adolescenziale, del rischio che cadano nella rete del mercato pornografico o preda degli spacciatori di droghe che portano sempre più facilmente alla morte. Di fronte a tali scenari, nel loro rispettivo impegno educativo, chiesa e scuola sentono l’urgenza di fare rete, di cooperare per quell’alleanza di cui papa Francesco parla da tempo, fin dal lancio del “Patto educativo globale”, quando si rivolse alle organizzazioni e alle istituzioni mondiali segnalando l’impegno educativo come condizione essenziale al vero progresso del mondo.
L’Arcivescovo Lorefice ha richiamato alla necessità di farci interpreti del momento storico per arginare la deriva dell’umano e promuovere una visione olistica della persona che abiliti a dare risposte adeguate. L’attuale complessità educativa richiede prima di tutto la capacità di uno sguardo che incontri l’altro attingendo alla dimensione interiore, quella dello spirito, condizione perché la relazione tra corpi si carichi di energia vitale, piuttosto che impoverirsi nell’aspettativa individualistica che reclama voracità relazionale. Non a caso don Corrado ha voluto aprire l’incontro leggendo alcuni versi del poeta francese Christian Bobin, segnalando così la modalità possibile per una relazione autentica attraverso parole che nascono dalla profondità. E ha voluto concludere allo stesso modo, con una citazione tratta dal Diario di Etty Hillesum: «Mio Dio, sono tempi tanto angosciosi. Cercherò di aiutarti affinché tu non venga distrutto in me, mi sembra evidente che tu non puoi aiutare noi, ma che siamo noi a dovere aiutare te; l’unica cosa che possiamo salvare in questi tempi è un pezzetto di te in noi, e forse contribuire a disseppellirti dai tanti cuori devastati», la stessa citazione che ha pronunciato nella sua omelia in occasione dei funerali della giovane Sara Campanella, la studentessa uccisa a Messina da un suo collega universitario persosi nell’abisso di una passione che non era affatto di amore.
Il coinvolgimento emotivo, suscitato da una tragedia che tocca da vicino la nostra comunità territoriale, ha attraversato la sala quando il Vescovo ha confidato la difficoltà di trovare le parole da pronunciare di fronte al dolore immane ma composto dei genitori di Sara, una figlia speciale la cui morte, come quella di Ilaria e delle troppe altre vittime in una strage infinita, non può non trovare, specialmente in chi svolge un ruolo educativo, una reazione di ribellione equivalente ad un impegno autentico in difesa della vita, della sua dignità, della sua bellezza.
Stefania Macaluso
Direttrice Ufficio Pastorale per la scuola, Arcidiocesi di Palermo