DOMENICA DELLE PALME / “Benedetto colui che viene nel nome del Signore”

L'esortazione dell'Arcivescovo Mons. Corrado Lorefice: "Con la Domenica delle palme il cammino della Quaresima volge ormai alla Pasqua. Iniziamo questa Settimana Santa con gioia e audacia, dietro a Lui, come servi nascosti e umili"

Domenica delle Palme – Cattedrale – 2 aprile 2023

Omelia dell’Arcivescovo Mons. Corrado Lorefice

Con la Domenica delle palme il cammino della Quaresima volge ormai alla Pasqua.

Nel Vangelo proclamato prima della processione con le palme e i rami di ulivo benedetti, colpisce che  Gesù chieda a due discepoli di andare a prelevare nel villaggio vicino “un’asina legata e con essa un puledro”, con questa precisazione: “Direte che il Signore ne ha bisogno” (Mt 21,2.3). Il Signore (ὁ κύριος) che ha bisogno: sembra un assurdo, ma è così. Siamo noi uomini che abbiamo bisogno! Di lui! Del Signore. E invece lui si abbassa a tal punto da aver bisogno di noi. Paolo ce lo ha ricordato nella seconda lettura: “fatto uomo e umiliato fino alla morte di croce” (cfr Fil 2,7). Ha abbandonato la forma divina e ha assunto quella della piccolezza umana.

Possiamo rimanere folgorati dal fatto che, quando Gesù sopraggiunge a Gerusalemme, i Vangeli narrino di una acclamazione corale da parte della folla (cfr Mt 21,8-9). Ma se ascoltiamo il Vangelo con gli orecchi del cuore, cogliamo che Gesù non cavalca altro che un’asina presa in prestito da ‘servi’ nascosti e umili che non hanno nemmeno la pretesa di essere nominati. Qui, il padrone dell’asina: “Rispondete: ‘Il Signore ne ha bisogno’” (Mt 21,3); più avanti, il padrone del Cenacolo: “Il Maestro ti manda a dire” (Mt 26,18). È un Maestro senza supponenza. Un Signore che rinnega ogni forma di potere. Eppure egli conosce il “potere dei segni” (Tonino Bello). Può disporre liberamente anche dell’asina di un contadino e della casa di un tale che si mettono al suo servizio. È il Messia pieno di misericordia e di amore che non entra nella sua città con un cavallo, simbolo di forza militare (cfr Zc 9,9; 2Re 9,13), ma con un asinello. Un Messia diverso. Fuori dai canoni religiosi. Pacifico e disarmato.

Iniziamo questa Settimana Santa con gioia e audacia. Dietro a lui. Abbiamo bisogno di essere come questi ‘servi nascosti’. Dietro a lui, il Servo sofferente e perseverante del Signore che di cui ci parla il profeta Isaia nella prima lettura (cfr Is 50,4-7). Signore nascosto e servo del Padre celeste e degli uomini. Umile terra come noi, Uomo, ma in realtà Signore che può disporre di ogni cosa. Alla sua sequela, per fare Pasqua – la sua Pasqua -, insieme a lui. Egli è il Maestro che introduce alla legge dell’amore e il Signore che ama per primo offrendo la sua vita sulla croce per noi. Egli desidera renderci partecipi della forza irresistibile dell’amore che scoperchia perfino i sepolcri. Egli è la Vita che vince la morte e  la separazione. Egli dona vita eterna e comunione senza fine.

Gesù, anche in questa Settimana Santa, ci vuole annoverare tra i suoi umili servi nascosti. Servi dell’amore. Servi per amore. Vuole che lo seguiamo fino alla notte della croce per partecipare alla sua gloria nel mattino della risurrezione. Ci vuole accanto, con lui nell’orto dell’agonia, perché si senta meno solo. Ci chiede di seguirlo fin sotto la croce, senza scandalizzarci, per essere dissetato nella sua grande arsura. “Ero solo e mi avete visitato. Avevo sete e mi avete dato da bere” (Mt 25,37-40). Ci chiederà di spingerci fino al sepolcro, per attendere con lui, disceso agli inferi, l’alba del giorno inedito, della novità della resurrezione. Ci invierà nelle nostre città ad essere vicini e a dissetare quanti conoscono abbandono e sete di libertà e di vita. Ci manderà ad annunziare a tutti che lui è il Vivente, il Crocifisso Risorto, che l’Amore vince la morte, la grazia il peccato, il perdono l’odio,  la pace la guerra.

Forse è irriverente l’immagine, ma mi viene suggerita dal testo evangelico. Il Signore Gesù si vuole servire di noi come gli animali da soma menzionati nel Vangelo di oggi: “Troverete un’asina, legata, e con essa un puledro. Slegateli e conduceteli da me” (Mt 21,2). Riferendosi ad essi, Gesù precisa: “e subito li manderà” (ἀποστελεῖ αὐτούς). Matteo usa il verbo ἀποστέλλω, inviare.

Ciascuno di noi è chiamato ad essere un discepolo-servo e un apostolo-inviato; umili servi mandati. Ad essere Chiesa fraterna in cammino, che si converte e cresce nell’amore del Signore, umile serva e mite apostola dell’amore. Che porta il Signore. Vicina a tutti, soprattutto alle vittime dell’inequità e della violenza del mondo, pronta a dissetare quelli che hanno sete di giustizia (cfr Mt 5,6). A cominciare da chi ci sta accanto, da chi  incontriamo, fino agli umiliati che cercano accoglienza nelle rive dei nostri cuori. Nessuno ci trovi senza il grido dell’osanna (salva!) sulle labbra del cuore: l’altro, l’altra, soprattutto i poveri e i piccoli, portano sempre Dio salvatore tra di noi. Con lui e dietro a lui, umili operatori di percorsi di salvezza. Gesù vuole che anche noi come lui abbiamo “un orecchio e una lingua da discepoli”  (Is 50,4), per proferire (fare!) solamente la Parola diventata nostra vita.

                       

 

(photo. Arcidiocesi di Palermo / Tommaso Calamia)