Un “protagonista della storia” e, come tale, un esempio costante: Giuseppe, sposo di Maria e testimone della logica dell’amore «che è sempre una logica di libertà, e Giuseppe ha saputo amare in maniera straordinariamente libera. Non ha mai messo sé stesso al centro. Ha saputo decentrarsi, mettere al centro della sua vita Maria e Gesù»: cita Papa Francesco Mons. Corrado Lorefice nel ricordare la figura e l’esempio di San Giuseppe, patrono della Chiesa universale e degli artigiani. L’Arcivescovo ha presieduto la solenne Celebrazione Eucaristica nella chiesa di San Giuseppe dei Teatini, con lui, tra i fedeli, i rappresentanti di CNA Sicilia, Casartigiani, Confartigianato e Claai che anche quest’anno hanno voluto celebrare la “giornata dei lavoratori” per sottolineare l’importanza dei tradizionali mestieri del saper fare che rappresentano un patrimonio – anche identitario – irrinunciabile sotto il profilo economico, sociale e culturale. “Famiglia e tessuto produttivo sono due pilastri fondamentali su cui poggia la società – evidenziano le Associazioni dell’Artigianato della Sicilia – ed in questo contesto, la festa di San Giuseppe ci deve fare riflettere e rinverdire gli insegnamenti rispetto all’impegno, alla coerenza e ai valori che ciascuno di noi è chiamato a praticare, sia nelle relazioni affettive che in quelle di lavoro”.
Nel corso dell’omelia l’Arcivescovo ha voluto sottolineare l’importanza della testimonianza offerta da San Giuseppe: «Facendo memoria del Vangelo custodito nel mio cuore di discepolo e di apostolo di Cristo, mi sovviene la pagina giovannea che riporta l’episodio dell’adultera portata dagli uomini del potere religioso davanti a Gesù: “Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa” (Gv 8,4-5. 11). Giuseppe, il carpentiere di Nazareth, si trova dinnanzi allo stesso dilemma: svergognare pubblicamente ed esporre perfino alla lapidazione Maria sua sposa che porta in grembo un figlio che non viene da lui suo legittimo sposo? La risposta ci viene da un’omelia di Papa Francesco: “La nobiltà del suo cuore gli fa subordinare alla carità quanto ha imparato per legge; e oggi, in questo mondo nel quale la violenza psicologica, verbale e fisica sulla donna è evidente, Giuseppe si presenta come figura di uomo rispettoso, delicato che, pur non possedendo tutte le informazioni, si decide per la reputazione, la dignità e la vita di Maria. E nel suo dubbio su come agire nel modo migliore, Dio lo ha aiutato a scegliere illuminando il suo giudizio”.[…] Ma oggi vorrei sottolineare con Papa Francesco che accanto all’appellativo di padre, a Giuseppe la tradizione ha messo anche quello di “castissimo”. Non è un’indicazione meramente affettiva, ma la sintesi di un atteggiamento che esprime il contrario del possesso. La castità è la libertà dal possesso in tutti gli ambiti della vita. […] Dio stesso ha amato l’uomo con amore casto, lasciandolo libero anche di sbagliare e di mettersi contro di Lui. La logica dell’amore è sempre una logica di libertà, e Giuseppe ha saputo amare in maniera straordinariamente libera. Non ha mai messo sé stesso al centro. Ha saputo decentrarsi, mettere al centro della sua vita Maria e Gesù».
Per Monsignor Lorefice che cita Samuele (“Egli edificherà una casa”, 2Sm 7,13), «Giuseppe è un vero uomo, un vero padre, un vero sposo, un vero capofamiglia, un vero lavoratore, un vero datore di lavoro, che non vuole essere il detentore del potere, ma aiutare quanti sono destinatari della sua cura, i membri della sua famiglia, a compiere la propria vocazione. Inizia Gesù alla vita e gli trasmette, con mani callose ma oneste e affabili, la sua arte. Custodisce con tenerezza e dolcezza Maria sua sposa e Gesù, affrontando le peripezie della fuga in terra straniera per sfuggire alla cattiveria di Erode, dal suo cuore impuro e predatorio. È “padre nella tenerezza” (Papa Francesco, Patris corde). Giuseppe, come amava dire don Primo Mazzolari, “Visse grande e nell’ombra”. Egli ci ricorda l’unico vero protagonismo che dobbiamo cercare come programma e come stile di vita personale e sociale, familiare e professionale: il protagonismo della tenerezza e della delicatezza, del cuore casto, semplice, umile, retto, disarmato, compassionevole, solidale; per superare il delirio della supponenza e della rozzezza e la brama del potere e dall’avere che porta all’orrore del principio nefasto del massimo profitto dell’economia occidentale che ormai ha infestato il mondo globalizzato. Principio che sacrifica sempre e comunque la persona e il suo diritto al lavoro dignitoso, al giusto salario, alla casa, all’assistenza sanitaria. Principio che genera disuguaglianze, ingiustizie, soprusi, povertà. Degrado ambientale. Migrazioni. Violenze. Guerre. Morte. Principio che condiziona la politica e distoglie dalla ricerca del bene comune. Principio che asserve i mezzi di comunicazione alla divulgazione di fake news, alla distorsione pilotata della narrazione dei fatti. Oggi siamo qui perché tutti possiamo “trovare in San Giuseppe, l’uomo che passa inosservato, l’uomo della presenza quotidiana, discreta e nascosta, un intercessore, un sostegno e una guida nei momenti di difficoltà. San Giuseppe ci ricorda che tutti coloro che stanno apparentemente nascosti o in seconda linea hanno un protagonismo senza pari nella storia della salvezza” (Papa Francesco, Patris corde). Oggi abbiamo bisogno di questi veri protagonisti della storia. Prendiamo parte al protagonismo di S. Giuseppe. Il Signore ridoni alla nostra umanità cuori umili e casti. Capaci di dolcezza e di delicatezza».
Anche nella giornata caratterizzata dalla solennità di San Giuseppe, l’Arcivescovo di Palermo non ha fatto mancare un’ulteriore riflessione sulla tragedia della guerra: «Anche in questa guerra che si sta consumando in casa nostra, in Europa, come in ogni conflitto di ogni tempo, assistiamo in diretta, grazie ai social, alla barbarie della superbia e della violenza, della spietata intransigenza, dell’insensibilità. Dell’abuso dei corpi, dei cuori. La brama di prevalere sugli altri, di esercitare un dominio. Di erigere blocchi di potere. Di spartizione del mondo. La superbia eccita la brama di potere, induce alla prevaricazione. Uomini supponenti che comandano di distruggere e di uccidere, che riempiono le strade di carri armati, animano i cieli per sganciare missili, ordinano di abbattere case e ospedali, chiese e teatri, di spargere macerie e annientare la vita. Genera odio. Istiga alla vendetta. A rispondere alla violenza con la violenza. La guerra atrofizza il cuore, provoca una letale pandemia, diffonde il virus malefico della sclerocardia. La guerra semina violenza, paura e raccoglie traumi, morte, distruzione. Narra di soprusi e di aggressioni. Genera povertà, soffoca i poveri. Schiavizza. Annienta la persona, la sua dignità, la sua libertà. I piccoli, le donne, glia anziani, gli esseri umani più fragili e deboli, i cosiddetti ‘scarti umani’. Siamo convinti però che “Il mondo – come ricorda Papa Francesco – ha bisogno di padri, rifiuta i padroni, rifiuta cioè chi vuole usare il possesso dell’altro per riempire il proprio vuoto; rifiuta coloro che confondono autorità con autoritarismo, servizio con servilismo, confronto con oppressione, carità con assistenzialismo, forza con distruzione”» (Papa Francesco, Patris corde).
Durante la celebrazione è stato benedetto il pane di San Giuseppe. Anche quest’anno l’itinerario che si è concluso con la giornata odierna è stato organizzato con il contributo dell’Ufficio diocesano per la Pastorale Sociale e del Lavoro, della CNA, della Casartigiani di Palermo, di Confartigianato Imprese, del CLAAI e del Progetto Policoro.