Nella memoria del Beato Giuseppe Puglisi martire l’esortazione del nostro Arcivescovo: “Impegniamoci a vivere in-terrati, in terra: nei solchi di Dio e degli uomini”

Conclusi i lavori dell’Assemblea pastorale diocesana: ricchezza di interventi e di sollecitazioni per le linee pastorali del prossimo anno. La testimonianza del Beato Puglisi e il cammino sinodale i punti di riferimento / YOUTUBE PER LE RELAZIONI DELLA PRIMA GIONATA / OMELIA ARCIVESCOVO

Con la Celebrazione Eucaristica nella memoria del Beato Giuseppe Puglisi martire si è conclusa l’Assemblea pastorale diocesana che nelle giornate del 20 e 21 ottobre, presso l’Istituto Don Bosco – Villa Ranchibile, ha accolto presbiteri, diaconi, religiosi e religiose, rappresentanti delle diverse parrocchie e laici in servizio presso realtà pastorali, associazioni e movimenti. “La bellezza e la differenza del Vangelo” il tema di fondo approfondito attraverso due elementi-guida: il martirio del Beato Puglisi (la cui figura di pastore è stata approfondita attraverso numerosi interventi e testimonianze) e il discernimento sinodale che la Chiesa di Palermo sta portando avanti.

Due giornate dedicate ad ascoltare e a fare sintesi, anche attraverso numerosi interventi, per la definizione delle linee pastorali per il prossimo anno. Alle relazioni affidate al prof. Giuseppe Notarstefano, Presidente nazionale dell’Azione Cattolica (“La vicenda di Puglisi e la profezia del Vangelo”) e a Don Carmelo Torcivia, docente di Teologia pastorale alla Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale (“Criteri per il discernimento pastorale a partire dalla Lettera del Papa per il trentesimo del martirio del Beato Giuseppe Puglisi”), sono seguiti gli interventi di Milena Libutti, referente diocesana per il cammino sinodale (il “punto della strada” e le prospettive sono presenti sul sito www.camminosinodalepalermo.it) e di don Daniele Comito, vice responsabile del Servizio diocesano per il Catecumenato e componente del Gruppo nazionale Catecumenato, che ha presentato le prossime linee guida diocesane per i Sacramenti dell’iniziazione cristiana, un testo ancora in bozza e che vedrà la luce – come ha sottolineato il Vicario Generale Mons. Giuseppe Oliveri, nei prossimi mesi.

                   

In attesa della pubblicazione sul nostro sito è possibile ascoltare nuovamente le relazioni e i lavori della prima giornata assembleare attraverso il canale YouTube “Arcidiocesi di Palermo”.

Di seguito, l’omelia dell’Arcivescovo Mons. Corrado Lorefice nella memoria del Beato Giuseppe Puglisi martire:

 

Assemblea Pastorale Diocesana

Ranchibile, 21 ottobre 2023 (Memoria liturgica del Beato Giuseppe Puglisi)

Omelia Mons. Corrado Lorefice, Arcivescovo di Palermo

Giovanni 12,20-32

 “Signore, vogliamo vedere Gesù”. Quelli che erano saliti a Gerusalemme “per adorare” (προσκυνήσωσιν), pur non essendo figli di Israele – sono i “gentili”, cioè appartenenti “alle genti” – partecipano con desiderio alla fede del popolo di Dio. Certo, sono figli di altri popoli, attratti e, per molti aspetti, accolti nella fede di Israele. La Scrittura li chiama “coloro che temono Dio”. I due discepoli di Gesù, Filippo e Andrea, sono gli unici due che portano un nome greco. È interessante la richiesta a loro rivolta che esprime il desiderio di questi provenienti dal paganesimo di incontrare Gesù, di vederlo: “Signore, vogliamo vedere Gesù” (v. 21).

Anche noi discepoli e discepole che viviamo nelle città della nostra Chiesa locale, l’Arcidiocesi di Palermo, tutti siamo provenienti dai “gentili”, dai pagani. Noi portiamo un nome, come Filippo e Andrea, che rivela la nostra provenienza. Come Andrea e Filippo che vanno insieme da Gesù, insieme, syn, condiscepoli, insieme sulla stessa via, syn-odos, dietro la Via – “li inviò a due a due avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi” (Lc 10,1) – siamo chiamati a facilitare la realizzazione del desiderio degli uomini e delle donne di questo nostro tempo di vedere “lo splendore del glorioso vangelo di Cristo che è immagine di Dio” (2Cor 4,4). Avere a cuore i molti che anche oggi desiderano “vedere Gesù”, custodire un cuore capace di occhio attento e compassionevole per poterli riconoscere. Un cuore immedesimato in Cristo servo che ha pensato e vissuto la sua vita come dono; un cuore libero di aver compassione per ogni volto sofferente, per ogni grido che chiede riscatto e liberazione; un cuore libero di svuotarsi per riempirsi dell’altro.

“Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo” (Gv 12,26). Lo sguardo di don Pino era stato folgorato dallo sguardo di Gesù. Ne portava impressa negli occhi la luce. Quella che rifulge nella notte vinta dal fulgore della risurrezione di Cristo e che si riverbera e deflagra in ogni discepolo e discepola rinati nella Pasqua delle acque battesimali. Luce che viene alimentata, di domenica in domenica, nelle nostre comunità radunate dal Crocifisso risorto dove Egli ci apre ancora al senso delle Scritture e ci introduce al banchetto fraterno del suo corpo donato. Luce che attingeva anche dalla grazia del ministero presbiterale vissuto con gioiosa e totale donazione. In un testo di chiaro riverbero autobiografico – non conosciamo chi sia l’autore –, trovato da don Francesco Michele Stabile in una carpetta consegnata in Curia da Mons. Renna, si fa dire a don Puglisi:

“Nella mia vita, infatti, ho cercato di porre attenzione innanzitutto ai bisogni dell’uomo per poi poterlo mettere nelle condizioni di poter abbracciare “liberamente” la fede nell’unico Dio che io annuncio. […] mi sono detto: “Cristo, quando è venuto, non ha forse mangiato con i pubblicani e si è visto in compagnia dei peccatori?”. Mio ideale era quello di imitare il Maestro.  Sì, essere occhio per il cieco, piede per lo zoppo, seme di una nuova cultura della legalità illuminata dalla fede. Queste le linee di massima, le linee in cui mi muovo. Queste le linee adottate a Godrano, al CDV dove cercavo di aiutare i giovani, poveri giovani, a fare chiarezza dentro di loro almeno per poter capire a cosa il Signore li chiamava. Questo ho fatto anche in seminario dove sono stato accolto come padre spirituale. Queste le linee adottate a Brancaccio nella parrocchia di San Gaetano”.

Il chicco di grano caduto in terra. Abbiamo ricevuto in eredità il segno del chicco di grano caduto in terra. Gesù non ha voluto salvarsi da quell’ora – l’ora dell’amore massimo di chi abbandona, rinnega, tradisce, ti uccide (cfr Gv 13,1) –, né esserne esentato, ma è sempre rimasto fedele alla sua missione di compiere la volontà del Padre nella via dell’umiliazione, della povertà, della mitezza e del perdono e non attraverso la violenza, la potenza, il dominio, la vendetta. Comprendiamo dunque la sua preghiera: “Padre, glorifica il tuo Nome” (v. 28). Questa sottomissione – capace di attraversare il travaglio e il turbamento della prostrazione del Getsemani, la tentazione – non è la resa a un destino implacabile, bensì l’adesione ai sentimenti del Padre, sentimenti di amore per il mondo fino al dono dell’unigenito suo Figlio (cfr Gv 3,16).

In-terrati. “In terra”, nei solchi di Dio e degli uomini, nel territorio che condividiamo con altri uomini e donne, piccoli e adulti, malati e anziani, di ogni cultura e di ogni fede, nelle nostre città, nei nostri ambienti di vita. Essere discepoli tra le case degli uomini. “In-culturati”; in dialogo. Senza supponenza. Con umiltà. Perché anche noi siamo terra, humus. Dentro la storia. Corpi tra corpi. Essere comunità ‘casa tra le case’, comunità che non temono la contaminazione, comunità dalla contaminazione. Anche noi segnati dalla nostra provenienza dalla Galilea delle genti.

In quel testo che vi citavo si fa dire a don Pino: “A Brancaccio io ho anche la mia casa e la sera quando rientro mi piace starmene un poco in silenzio per strada prima di entrare. Lo faccio per ascoltare, è infatti alla sera, quando si spengono i rumori della giornata, che nell’aria si respira la sofferenza, l’ingiustizia, il bisogno degli uomini e il bisogno dei piccoli” (Da un testo di chiaro tenore autobiografico trovato in una carpetta consegnata in Curia da Mons. Renna).

Continuiamo a starcene un poco in silenzioso ascolto per strada prima di rientrare nelle nostre comunità dove avremo un orecchio più in-terrato per sintonizzarsi con le parole di Dio che continuano a risuonare nella Parola e nella carne della storia. Insieme. Sempre insieme. Effettivamente e, per quanto ci è possibile, anche affettivamente, cioè nello Spirito, nell’energia dell’amore di Dio, della relazione intratrinitaria. Sulle orme di Cristo, in compagnia del Beato Giuseppe Puglisi e di tutti i luminosi testimoni della nostra feconda in santità Chiesa palermitana.