Messaggio dell’Arcivescovo di Palermo Mons. Corrado Lorefice nel XXXIII anniversario della Strage di Capaci

Un forte richiamo all'articolo 54 della Costituzione Italiana per verificare quanto reale sia la volontà di cambiamento rispetto al modello oppressivo della mafia

Il 23 maggio è una giornata di lancinante memoria.  È bene, anzitutto, verificarsi ed interiorizzare il senso della vita, personale e  sociale, le motivazioni umane, morali e spirituali, nonché l’adempimento indefettibile, con disciplina e onore, delle funzioni pubbliche (Costituzione Italiana, art. 54) – fino all’eroica offerta dei corpi –, delle vittime della strage di Capaci voluta e pianificata per mano della perversa e abominevole struttura di peccato e di oppressione che è stata ed è la mafia: Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo.

Si tratta di farsi pro-vocare – società civile e istituzioni – se quelle profonde convinzioni stanno oggi camminando sulle nostre gambe. Se il cambiamento mentale e culturale – necessario a sconfiggere la mafia che è una visione della vita oltre ad essere una struttura perversa di potere oppressivo – è un impegno costante ordinario di tutti nel rinnegare (abiurare!) i principi portanti su cui si alimenta la mafia. Solo così fare memoria di chi ha amato fino a morirne la Casa comune – la Città e il Pianeta che abitiamo – sarà fonte di rinnovata speranza per un futuro di libertà e di giustizia, di vita che avanza al ritmo di canti di gioia e non di mestizia e di lutto.

In questo giorno pregno di grata memoria ci accompagnino speranzosi i versi di Friedrich Hölderlin «Ma dove è il pericolo, /cresce anche ciò che dà salvezza. Nelle tenebre dimorano le aquile, /e senza paura vanno i figli delle Alpi /oltre l’abisso su ponti leggermente costruiti» (Patmos, 1893).