“La Reliquia del Beato Puglisi ci testimonia un Vangelo impregnato di vissuto umano, un vissuto umano impregnato di Vangelo”

L’Arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice, accompagnato dalla Reliquia del Beato Giuseppe Puglisi, ha guidato nella Chiesa Cattedrale di Catania la catechesi in preparazione alla Festa di S. Agata Vergine e Martire / TESTO / PHOTOGALLERY

Catechesi in preparazione alla festa di S. Agata Vergine e Martire

Chiesa Cattedrale – Catania, 10 gennaio 2024

 

Saluto te carissimo Fratello Vescovo Luigi,  araldo del Vangelo e pastore della Santa ed eletta Chiesa di Catania; saluto voi carissimi presbiteri e diaconi, consacrate e consacrati, unitamente al santo popolo di Dio convenuto in questa magnifica chiesa Cattedrale. Il mio saluto cordiale si estende anche a voi servitori e «operatori liturgici» dello Stato e della Polis (della città), nei suoi vari organismi e istituzioni.

Con il mio saluto vi giunge anche quello di tutta la Chiesa palermitana che, indegnamente, accompagno nella guida, verso il compimento del Regno quando il Signore Gesù, con la candida schiera degli apostoli, dei martiri e dei santi, al canto delle schiere celesti, ritornerà come giudice misericordioso dell’intera storia umana.

Un saluto colmo di gratitudine per la fermezza e l’audacia della fede della Beatissima Vergine e Martire Agata, prezioso diadema che come faro di luce illumina e sostiene la testimonianza evangelica della santa Chiesa catanese in questo nostro arduo ma pur promettente tempo.

S. Agata ancor oggi risplende come esempio di cuore integro e puro completamente consacrato a Dio e alla giustizia fino al martirio. Donna che rimane nell’Amore di Cristo, arricchita del significato ultimo dell’esistenza incontrato nell’Evangelo giunto nel III secolo d.C. anche a Catania, fresco e coinvolgente, nonostante ciò comporti incomprensione e persecuzione. Donna ricca di frutti di vita e di bene, fino ai nostri giorni. È significativo che gli atti del martirio di Sant’Agata dicono che il Signore nella sua giovinezza l’ha fatta «agire virilmente» (Atti, 88), fino ad opporsi, con invitto coraggio, ad una mera creatura che le ordinava di rinunciare alla sua fede nel Signore Gesù, al suo amato Sposo, il Crocifisso risorto.

Questa è la chiamata di ogni cristiano sia esso cristiano-laico o cristiano-prete, o che abbia abbracciato la vita consacrata. Una fede relazione d’Amore. Una vita alimentata dall’amore, linfa vitale che, come nel tralcio irrorato dalla vite, porta frutto che rimane. Una vita vissuta nella ricerca di ciò che è giusto, bello e buono. Nella coerenza tra ciò che si dice e ciò che si opera. Nella pienezza della libertà da ogni sicurezza umana, che arriva a disporre della vita per un amore più grande.

Il beato Martire palermitano don Pino Puglisi diceva che la «testimonianza cristiana è una testimonianza che va incontro a difficoltà. […] Quindi dalla testimonianza al martirio il passo è breve, anzi è proprio questo che dà valore alla testimonianza» (G. Puglisi, Relazione Testimoni della speranza, Trento 1991).

Agata ieri e don Pino Puglisi oggi, ci testimoniano che un cuore amante di Dio, puro, integro, trasparente, casto, è il vero unico presupposto per superare l’egoismo di matrice idolatrica che attanaglia i nostri stili di vita e le nostre relazioni. Questi due martiri della fede e della giustizia ci avvertono, altresì, che su questa frontiera interiore si gioca la nostra appartenenza a Cristo e il nostro concreto apporto alla costruzione  della Casa comune – il pianeta Terra – e della Città che abitiamo, sempre più segnati  da nuove forme di povertà e fragilità, dalla disgregazione sociale, dalle disuguaglianze, dall’illegalità, dall’ingiustizia, dall’indifferenza, dall’emarginazione e dalla violenza. Dall’avanzare del singolarismo e della cultura della morte.

Puglisi è morto per il suo ministero e la sua testimonianza di fede. Come Agata, In odium fidei. Una fede che attinge, insieme ai fratelli alle sorelle nella fede,  ai Sacramenti e alla Parola di Dio contenuta nelle Scritture e che si celebra e si professa sull’altare della vita, degli impegni e delle responsabilità personali e sociali. Puglisi diceva che la Parola si fa! Fare, praticare la Parola. La vita cristiana richiede conversione e testimonianza del Vangelo. Una vita impregnata dal Vangelo che performa la logica, i sentimenti, le scelte private e pubbliche secondo i sentimenti, le scelte e la logica di Cristo.

La reliquia che è sotto i vostri occhi riesce a decodificare il DNA del cristiano e delle nostre comunità cristiane. Il piccolo Evangeliario con gli Atti degli Apostoli, contenuto in questa teca, è impregnato, segnato dal processo di decomposizione del corpo del Beato Puglisi. Quel corpo, quella vita che era stata impregnata dal Vangelo. Un Vangelo impregnato di vissuto umano, un vissuto umano impregnato di Vangelo. L’incarnazione della Parola eterna di Dio, del suo Figlio unigenito da sempre amato (cfr Gv 1,14).

Puglisi di Palermo e Agata di Catania sono stati crocifissi con Cristo, non erano  più loro che vivevano ma Cristo viveva in loro. La loro vita che hanno vissuto nella carne, l’hanno vissuta nella fede del Figlio di Dio che li ha amati e ha dato se stesso per loro (cfr  Gal 2,20). Già in loro agiva la trasformazione dei loro corpi, la trasfigurazione della storia, la ricostruzione della città umana in dimensione pasquale, di redenzione, di salvezza, di riscatto dal male, di vittoria sulla morte. Loro per primi erano carne redenta, storia umana trasfigurata, vagito della nuova creazione  riscattata dall’inimicizia e dal male, annunzio di speranza e di resurrezione.

La loro memoria immette in noi energia di trasfigurazione e di risurrezione, nella nostra vita privata e di cittadini della casa Comune, del pianeta Terra, e delle nostre città, di Catania e di Palermo, di Paternó e di Bagheria, di abitanti dei nostri quartieri, di Librino e di Brancaccio.

Facciamocelo raccontare da don Pino stesso attraverso uno scritto ritrovato recentemente in Archivio*, di chiaro tenore autobiografico anche se non abbiamo la certezza che sia stato steso da lui.

*(Da un testo di chiaro tenore autobiografico trovato in una carpetta consegnata in Curia da Mons. Renna): “A Brancaccio io ho anche la mia casa e la sera quando rientro mi piace starmene un poco in silenzio per strada prima di entrare. Lo faccio per ascoltare, è infatti alla sera, quando si spengono i rumori della giornata, che nell’aria si respira la sofferenza, l’ingiustizia, il bisogno degli uomini e il bisogno dei piccoli”.

       

       

       

       

       

 

Foto: S. Biancorrosso / Basilica Cattedrale Sant’Agata V.M. – Catania