“La mafia uccide i nostri figli con lo spaccio di droga, dobbiamo impegnarci tutti per contrastare questo mercato di morte”

Accorato intervento dell’Arcivescovo di Palermo Mons. Corrado Lorefice alla giornata di lavori per la definizione di una proposta di legge per il Parlamento regionale. “Non serve soltanto un’azione repressiva ma un’alleanza educativa, un percorso culturale”

       

“Dovremmo cominciare a contare i morti ammazzati per droga. È vero, la mafia non spara più come negli anni Ottanta e Novanta, ma chi sta uccidendo i nostri figli? Sempre la mafia, per cui l’industria della droga sta diventando di nuovo oltremodo appetibile, un grande affare”. Così l’Arcivescovo di Palermo Mons. Corrado Lorefice intervenendo dal palco dell’ex cinema Edison nel cuore del quartiere Albergheria a conclusione della giornata di lavoro dal tema “La cura crea indipendenza” organizzata, tra gli altri, da Sos Ballarò e dall’associazione “La Casa di Giulio” sul tema dell’emergenza tossicodipendenze legata all’impennata dello spaccio di droga, il crack in particolare, tra giovani e giovanissimi. L’Arcivescovo ha parlato dopo aver ascoltato la sintesi dei gruppi di lavoro e ha voluto accanto a sé Francesco Zavatteri, il papà del ragazzo di appena 19 anni morto per overdose nel settembre dello scorso anno. Proprio nel giorno in cui si è svolto l’incontro Giulio avrebbe compiuto 20 anni.

Il lavoro di confronto e di studio è servito per elaborare una bozza di proposta di legge regionale per un intervento sociosanitario integrato sulle dipendenze che il dipartimento di Giurisprudenza sta portando avanti sul tema, con il lavoro di studenti, docenti ed esperti: il testo sarà sottoposto all’attenzione dell’intergruppo parlamentare dell’ARS che sta lavorando proprio su questi temi.

“Il contrasto alle dipendenze non è solo una questione repressiva – ha aggiunto l’Arcivescovo – è una sfida culturale contro poteri forti che vogliono sfruttare la debolezza e la fragilità dei ragazzi, quella che noi chiamiamo la mancanza di senso dei giovani che invece un senso ce l’ha: è una protesta nei confronti di noi adulti che abbiamo perso la sfida educativa, delle istituzioni, della Chiesa stessa”. Quella rappresentata da questa occasione, all’interno dell’Albergheria, è una testimonianza di democrazia partecipativa: noi ci dobbiamo riappropriare della città e in questo dobbiamo essere tutti quanti “corresponsabili” della realtà, dei bisogni, delle potenzialità e delle fragilità della città. L’unica via da perseguire è quella della sinergia fra tutte quelle realtà e tutti coloro che hanno a cuore la crescita della città degli uomini”.

“Ci siamo resi conto che a fronte di un aumento delle dipendenze e a una diminuzione drastica dei servizi c’era un vuoto normativo”, ha detto Clelia Bartoli, docente di Sociologia del diritto all’Università di Palermo che insieme ad altri colleghi sta guidando il gruppo di lavoro degli studenti sulla proposta di legge.