E’ stata la parabola della vite e dei tralci (Giovanni, 1-8) a guidare la Liturgia Penitenziale proposta dal Servizio diocesano per la Pastorale giovanile nella sera di mercoledì 23 marzo all’interno di una Cattedrale piena di giovani che hanno riflettuto sull’insegnamento evangelico: potare per rinascere a nuova vita seguendo l’insegnamento di Gesù che ci invita a imparare a “potare” non per amputare o privarci di qualche cosa ma per dare maggiore forza alla vigna.
“Desidero entrare dentro il vostro cuore, aprendovi ancora il mio cuore, con queste parole che non sono astratte o di circostanza. Anch’io come voi – ha detto l’Arcivescovo Corrado rivolgendosi ai giovani presenti – sono stato incontrato dal Signore Gesù ed Egli mi ha potato e mi ha cambiato la vita. Mi genera continuamente alla vera libertà” (In allegato, il testo offerto dall’Arcivescovo ai giovani in Cattedrale).
Dal Vangelo di Giovanni (15, 1-8)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io-Sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto [fa molto frutto], perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».