DOMENICA DELLE PALME E DELLA PASSIONE DEL SIGNORE
Omelia dell’Arcivescovo di Palermo Mons. Corrado Lorefice – Chiesa Cattedrale
In questa soglia d’ingresso della Settimana Santa che è la Domenica delle Palme e della Passione del Signore, guardando a Cristo che dona la sua vita sulla croce, attraverso i testi biblici ascoltati, scopriamo l’annuncio della verità ultima che, secondo il Vangelo, racchiude l’esistenza umana: dare la vita, il proprio corpo per altri, perché altri corpi abbiano vita e pace in abbondanza.
Alla fine del cammino quaresimale ci apprestiamo a fare memoria del corpo ‘con-diviso’ di Gesù, del suo sangue versato: «Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me» (Lc 22,19).
Affiniamo il nostro sguardo alla luce della Parola di Dio contenuta nelle pagine bibliche che sono state proclamate per accedere proficuamente alla grazia di questa Settimana Santa. Per acquisire anche noi lo sguardo di Gesù, così da trovare l’autentico volto di Dio. Per essere partecipi della ‘sua’ salvezza.
Soffermiamoci sugli sguardi che emergono dal testo del Vangelo.
Lo sguardo su Gesù. Il popolo, le folle secondo il testo evangelico stanno a guardare (θεωρῶν; θεωρήσαντες, da theoreo) uno spettacolo (τὴν θεωρίαν). Guardano il Crocifisso come uno spettacolo. Si può assistere come spettatori alla crocifissione. Seppur con atteggiamenti diversi e contrastanti: lo scherno e l’insulto (i capi e i soldati); con compunzione, battendosi il petto (alcuni della folla).
I conoscenti (γνωστοὶ) di Gesù, osservano con coinvolgimento (ὁρῶσαι, da orao), vedono a distanza con incredula delusione. Anche il centurione lo osserva, con sguardo contemplativo, lodando Dio e riconoscendo il Giusto.
Le donne osservano (θεωρῶν da theomai) il luogo dove verrà deposto il Crocifisso, ma il loro è un osservare con gli occhi del corpo; osservano un corpo che viene tumulato in un sepolcro. Con uno sguardo che esprime un affetto e un attaccamento rassegnati.
Lo sguardo di Gesù. Ma è dallo sguardo di Gesù che dobbiamo lasciarci crocifiggere e convertire. Lo sguardo che Gesù getta su Pietro: è «lo guardò» scrive Luca (ἐνέβλεψεν, composto di blepo e en). Sguardo che penetra in profondità, che arriva dentro. Uno sguardo che non giudica ma che fa fare memoria, che ‘ri-e-voca’ le parole del Signore. Riattiva l’ascolto, ‘ri-chiama’, suscita la fede. Come le donne andate al sepolcro e i due del cammino di Emmaus e gli altri discepoli al cenacolo: «Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea». «Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?» (Lc 24,6.32).
Lasciamoci guardare dentro dal Signore Gesù. Nessuna partecipazione teatrale o rassegnata o cronachistica o di mero giudizio umano. Facciamoci raggiungere dal suo sguardo che ci racconta l’amore redentivo di Dio Padre per questo mondo, per ogni uomo e ogni donna. Facciamo regnare in noi l’amore di Dio! «Questa è la grandezza della vita: scoprirsi amati. E la grandezza della vita è proprio nella bellezza dell’amore. Nel Crocifisso vediamo Dio umiliato, l’Onnipotente ridotto a uno scarto. E con la grazia dello stupore capiamo che accogliendo chi è scartato, avvicinando chi è umiliato dalla vita, amiamo Gesù: perché Lui è negli ultimi, nei rifiutati, in coloro che la nostra cultura farisaica condanna» (Francesco, Omelia 28 marzo 2021).
Assumere lo sguardo di Gesù. Questa nostra umanità, in questa ora critica del mondo, sta assistendo ad un ennesimo “spettacolo” (τὴν θεωρίαν), noto alle cronache umane, sempre più dimentiche dello sguardo di Gesù: ci stiamo abituando ai giusti e ai senza voce che, quasi come una sorta di necessità, vengono schiacciati ed eliminati. Ma su quella Croce, in quella sua Passione, Gesù è il giusto che raccoglie e dà voce al grido dei piccoli e degli innocenti calpestati dagli empi e dai grandi di questo mondo. Sulla croce Gesù contesta e sgomina ogni esercizio di potere. E il potere è sempre omicida, guerrafondaio, predatorio. È giudizio che dice da che parte sta Dio. Da che parte stare!
Lo sguardo di Gesù è lo sguardo dal basso. «I re delle nazioni signoreggiano, e coloro che le sottomettono al loro dominio si fanno chiamare benefattori. Per voi però non sia così. […] Io sto in mezzo a voi come colui che serve» (Lc 22,25-27). «Cristo Gesù svuotò sé stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini, […] fino alla morte e alla morte di croce» (Fil 2,7-8). Il Crocifisso innalzato è l’annientato tra gli scarti umani. La croce è il massimo dell’abbassamento. Se questa è regalità, Dio regna dalla stoltezza della Croce. Quanto è diversa dalla sapienza dei potenti del modo quella di Dio!
Teniamo dietro a Gesù in questa “Settimana autentica” (Liturgia ambrosiana). La Pasqua di Gesù – di passione, morte e resurrezione – imprime un andamento irreversibile dentro l’intera storia umana, nella creazione stessa, nel cosmo intero, vi immette la Shalom messianica, un’energia redentiva e trasfigurante. Terra e corpi riscattati dal caos, dalla fatica, dalla sofferenza e dalla morte. Mitezza che ripudia la guerra e neutralizza la violenza. Vita traboccante, convivialità rigenerante, letizia perenne.
Prendiamo parte autenticamente a questa Pasqua, a quella di Gesù. Non riduciamola alla visione di uno spettacolo o ad un ricordo nostalgico che tutt’al più sollecita la nostra emotività umana. Ci introduca nello sguardo di Gesù. Perché anche noi possiamo proclamare – insieme ad ogni lingua che chiede salvezza – che «“Gesù Cristo è Signore!”, a gloria di Dio Padre» (Fil 2,11).