Dalle macerie di Aleppo il messaggio di una Pasqua che si rinnova ogni giorno

L’immagine di Ameer Alhalbi (Afp/Getty Images) scelta dall’Arcivescovo per la Pasqua, è stata accompagnata dalle parole di Erri De Luca: “Pasqua è voce del verbo ebraico ‘pèsah’, passare. Non è festa per residenti, ma per migratori che si affrettano al viaggio". L’omelia della Veglia Pasquale:

Veglia pasquale nella Notte Santa, 9 aprile 2023

Omelia dell’Arcivescovo Mons. Corrado Lorefice

Carissime Sorelle e carissimi Fratelli,

«L’Amore ormai ci canta in fondo al cuore: Cristo è risorto» (Bose, Inno di Pasqua 67). Desidero salutarvi in questa notte di luce con le parole che una famosa Omelia di un antico Autore mette sulle labbra del nostro progenitore Adamo alla vista del Signore «sceso a scuotere il regno degli inferi […]: “Sia con tutti il mio Signore”».

Il mio e vostro Signore – Gesù Cristo, il Crocifisso risorto dai morti – sia con tutti. Il Signore è con noi. È vivo. È il Vivente. Il Forte nella debolezza. L’Amore più forte della morte. L’Amore che raggiunge, abbraccia e riconcilia il peccatore, debellando così il   potere ostentato dalla morte: «Dov’è, o morte, la tua vittoria? Dov’è, o morte, il tuo pungiglione? Il pungiglione della morte è il peccato» (1Cor 15,55-56). L’Amore trafitto ma vittorioso ribalta il pesante masso che ci sigilla, già sin da ora, nel carcere dei nostri sepolcri imbiancati. Riduce i clienti della morte e accresce la moltitudine dei chiamati alla vita.

Per quaranta giorni – e in forma ancor più intensa in questo Triduo pasquale – abbiamo atteso la sua irruzione negli inferi delle prigioni che detengono la nostra vita, desiderosi di sentirgli gridare il suo fascinoso ordine di scarcerazione: «[…] ora parlo e nella mia potenza ordino a coloro che erano in carcere: Uscite! A coloro che erano nelle tenebre: Siate illuminati! A coloro che erano morti: Risorgete! A te comando: Svegliati, tu che dormi! Infatti non ti ho creato perché rimanessi prigioniero nell’inferno. Risorgi dai morti. Io sono la vita dei morti. Risorgi, opera delle mie mani! Risorgi, mia effige, fatta a mia immagine! Risorgi, usciamo di qui! Tu in me e io in te siamo infatti un’unica e indivisa natura» (Da un’antica Omelia sul Sabato santo).

«Tu in me e io in te». Il Signore risorto imprima i noi queste parole. Le incida nella mente del nostro cuore. A Pasqua viene rigenerata la nostra identità battesimale. Il battesimo, carissimi catecumeni che attendete con gioia di essere immersi (βαπτισμός, «immersione») nella morte e nella risurrezione di Cristo, è la nostra prima Pasqua. Il Battesimo è il dono della vita del Risorto in noi, è il frutto della Pasqua. Nell’acqua battesimale, che tra poco verrà benedetta, il peccato e la morte sono sconfitti e dal fonte nasce la nuova creatura. Veniamo battezzati, immersi, nella Pasqua del Signore che ci rende «un’unica e indivisa natura» con il Figlio di Dio fattosi uomo, morto e risorto, fonte della nostra rinascita dall’alto, «da acqua e da Spirito» (Gv 3,5), per la vita eterna. Il battesimo ci rende membra di Cristo, cellule viventi dell’unico Corpo di Cristo che è la Chiesa, pietre vive dell’Edificio spirituale edificato sulla pietra scartata dai costruttori ma, preziosa agli occhi di Dio, divenuta nostra pietra angolare (cfr Mt 21,42; 1Pt 2,4-8; Sal 117,22). La fede pasquale è intrinsecamente ecclesiale.

Questa è la notte in cui ‘ri-nasciamo’ in Cristo, veniamo incorporati a lui, uniti a lui come tralci alla vite (cfr Gv 15,4-5). Ma è anche il giorno in cui, in lui innestati e resi partecipi della comunione trinitaria, veniamo chiamati e consegnati alla fraternità discepolare, alla comunione ecclesiale. Nel gemito dell’Amore (dello Spirito), a Pasqua nasciamo alla relazione eterna del Padre con il Figlio. Diveniamo possesso d’amore della Beata e Indivisa Trinità: «Erano tuoi e li ha dati a me» (Gv 17,6).

A Pasqua nasce e viene costantemente rigenerata la Chiesa. Divenuti tutti   ‘ecclesiastici’ (H. De Lubac), generati dallo Spirito alla Chiesa, ci viene affidata la responsabilità dell’altro, la corresponsabilità ecclesiale. La custodia della fraternità e della comunione ecclesiale, del fare strada insieme (σύνοδος, sinodo) a colui che è ὁδὸς (Via), ἀλήθεια (Verità), ζωή (Vita) (cfr Gv 14,6). La communio (comunione) è fondamento ineludibile e forma essenziale della missio (missione) evangelizzatrice e di ogni credibile presenza della Chiesa nella città degli uomini e nella famiglia umana ancora così divisa e assetata di fratellanza e di pace: «Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato» (Gv 17,21). La missione è il dinamismo della vita in Cristo, dell’intero Corpo di Cristo.

Come si esprimeva il Cardinale Martini, «nel Risorto […] si compie anche il supremo “esodo” da Dio verso l’uomo e dall’uomo verso Dio, si attua quell’apertura all’oltre da sé, cui aspira ogni cuore umano. Se facciamo nostro l’evento di Pasqua, siamo noi pure trascinati in questo vortice che ci invita a uscire da noi stessi, a dimenticarci, a gustare la bellezza del dono gratuito di sé, per testimoniare che sulla strada di ogni uomo e di ogni donna della terra c’è sempre il Risorto e che nella storia sono sempre in azione le energie della sua risurrezione» (C. M. Martini, Omelia nella Veglia pasquale, 22 aprile 2000).

I battezzati, forti dell’annunzio pasquale: «Non è qui. È risorto, come aveva detto» (Mt 28,6), liberati dalla paura: «Non abbiate paura, voi!» (Mt 28,5), chiamati ad abbandonare in fretta il sepolcro e a ritornare nella Galilea delle Genti, nelle strade e nei crocevia della storia, continuano la ripartenza e la corsa della Pasqua. Dalle macerie del Golgota e dalla pietra tombale del sepolcro sono inviati dal e con il Risorto ad aprire nuovi varchi perché il dono pasquale della gioia e della pace messianica: χαίρετε (Mt 28,9, rallegratevi), εἰρήνη ὑμῖν (Gv 20,19, pace a voi) possa raggiungere tutti, possa intercettare tutte le attese umane di liberazione e di rigenerazione. «Con lui, in lui e per lui nessun male ormai è invincibile, nemmeno la morte; ogni abisso di male è stato inghiottito da un abisso di bene» (C. M. Martini, Omelia nella Veglia pasquale, 22 aprile 2000).

Mi ha colpito una foto scattata ad Aleppo in Siria che ritrae due uomini in corsa con in braccio due neonati strappati dalle macerie della guerra. Ho voluto utilizzarla come immagine per il mio biglietto di auguri pasquali. Come didascalia ho scelto un testo di Erri De Luca che vi riporto: «Pasqua è voce del verbo ebraico ‘pèsah’, passare. Non è festa per residenti, ma per migratori che si affrettano al viaggio. Allora sia Pasqua piena per voi che fabbricate passaggi dove ci sono muri e sbarramenti, per voi apertori di brecce, saltatori di ostacoli, corrieri a ogni costo, atleti della parola pace» (in Mosaico di pace – Pax Christi, aprile 2004).

Noi cristiani, rigenerati dalla Pasqua, abbiamo la gioia e la responsabilità di annunciare a tutti con le labbra della vita: «Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato! » (1Cor 5,7). «Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio» (Mt 5,9).

Auguri di Pace e di Bene. Buona Pasqua.

 

Foto di Ameer Alhalbi (Afp/Getty Images)