“CAMMINIAMO INSIEME”, APERTA LA FASE DIOCESANA DEL SINODO DEI VESCOVI

L'Arcivescovo Mons. Corrado Lorefice affida il cammino della Chiesa palermitana alla Madonna Immacolata

La Chiesa di Palermo procede lungo il cammino sinodale che caratterizzerà i prossimi mesi: con una solenne Celebrazione Eucaristica nella Chiesa Cattedrale presieduta dall’Arcivescovo Mons. Corrado Lorefice, l’itinerario all’interno del quale verranno approfonditi e resi concreti i tre temi (“comunione, partecipazione, missione”) ha preso il via: un cammino che si preannuncia impegnativo ma anche fruttuoso, un cammino durante il quale tutto “il popolo santo di Dio” sarà coinvolto, nessuno escluso: consacrati (i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i Diaconi, i Vescovi, il Papa, i Cardinali) e laici (siano essi impegnati nelle parrocchie e nei movimenti ecclesiali oppure semplici testimoni della propria scelta di fede).

 

Di seguito, l’Omelia dell’Arcivescovo Mons. Corrado Lorefice.

 

Eucaristia di apertura della fase diocesana del processo sinodale Palermo – Chiesa Cattedrale, 17 ottobre 2021

Omelia

Mc 10,32-45

Nei versetti che precedono l’odierna pagina evangelica, Marco, al v. 32, annota: «Mentre erano in viaggio per salire a Gerusalemme, Gesù camminava davanti a loro […] Prendendo di nuovo in disparte i Dodici, cominciò a dir loro».

Una Chiesa che attiva processi di sinodalità o che vive l’evento sinodale ha la lucida consapevolezza e il desiderio irresistibile di un tempo opportuno per ritornare a camminare insieme (syn-odos), di un reciproco ascolto prestando l’orecchio a Gesù compagno fedele nel cammino. Egli, davanti, lungo le strade della vita, traccia la via e continua ad educarla in disparte, con pazienza. Chiesa che – nonostante fatiche e resistenze – impara a recepire le parole del suo Signore e Maestro e se ne lascia ‘performare’.

La domanda dei due fratelli, Giacomo e Giovanni: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra» (v. 37), viene posta dopo che Gesù per la terza volta ha condiviso con loro «quello che gli sarebbe accaduto» (v. 32) a Gerusalemme – lì dove erano diretti -, il suo futuro di sofferenza, di esclusione, di denigrazione, di morte e la sua risurrezione dopo tre giorni. Giacomo e Giovanni, ben lontani dalla logica e dalla proposta di vita del maestro Gesù, fanno discorsi che rivelano il blocco mentale che li porta a rimuovere quanto il Figlio dell’uomo insegna loro e ad avvalersi ancora di logiche mondane e pseudoreligiose: ricerca di primati e di potere per sovrastare altri e la riduzione di Dio a esecutore di desideri meramente umani, mondani.

Gesù è il fondamento della sinodalità della Chiesa, del camminare insieme ascoltandosi. Egli dà i criteri relazionali e di autentico discernimento dei segni dei tempi, lungo le strade del mondo: «Fra voi però non è così; ma chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore» (v. 43). La pagina evangelica odierna, tra l’altro, tradisce anche il vissuto relazionale della comunità. Emerge chiaramente una conflittualità: «gli altri dieci si sdegnarono con loro» (Mc 10,41). Nel gruppo dei Dodici sono presenti rivalità e gelosie. Ma affiora, altresì, tutta la pazienza di Gesù, nonostante i loro timori, il disorientamento e l’incomprensione: «essi erano stupiti; coloro che venivano dietro erano pieni di timore» (v. 32); «Voi non sapete ciò che domandate» (v. 38).

Gesù è lì a riproporre la via di Gerusalemme, la via del calice, la via di un amore fraterno che diventa servizio capace di prendere su di sé la sofferenza e il peccato stesso del mondo. Giacomo e Giovanni sono protesi verso una loro affermazione che arriva ad emarginare e a strumentalizzare «gli altri dieci» (v. 41). Basano la loro appartenenza alla comunità, ai Dodici, sul vantaggio personale o ‘familistico’: «vogliamo che tu faccia per noi» (v. 35). Concentrazione di potere, mancanza di dialogo, esclusione, spazi di corresponsabilità negati.

Una Chiesa sinodale accompagna ed esprime il passaggio da una concezione della comunità in funzione di sé stessi al concepirsi in funzione della comunità. Nella Chiesa ci si pone solo al servizio dei fratelli e delle sorelle. Non ci si serve della comunità, bensì la si serve con libertà, gratuità e amore.

Un sinodo, nella riflessione teologica e nella prassi ecclesiale, è una repraesentatio Christi, cioè tempo e spazio di una peculiare concentrazione della presenza di Cristo nella sua Chiesa, tra i suoi discepoli e discepole. È assemblea convocata dal suo Signore, riunita e animata dallo Spirito Santo effuso dal Messia crocifisso e risorto. La sinodalità dice prima di tutto la gioia di tutto il popolo di Dio raggiunto da una specifica visita del suo Signore che, nello Spirito – primo animatore di ‘sin-ergia’ e di consenso ecclesiale -, rende la comunità cristiana capace di comunione, di partecipazione, di discernimento e di testimonianza. Una Chiesa umile, in atteggiamento penitenziale, che accoglie il dono della fraternità (e ripudia la prevaricazione e competitività), capace di corresponsabilità (e ripudia ogni forma di individualismo o di esclusione) e dedita alla missione (ripudia la sedentarietà autoreferenziale).

Il cammino sinodale che oggi iniziamo in comunione con la Chiesa universale e le altre diocesi italiane ci chiede una rinnovata immersione in Cristo, nella sua Pasqua, nella sua morte e risurrezione. Solo una rinnovata consapevolezza di tutto il popolo di Dio della prima Pasqua nella rinascita battesimale e la cosciente e gioiosa partecipazione alla mensa eucaristica domenicale, Pasqua della settimana, potranno ridestare il senso di un’appartenenza discepolare ed ecclesiale corresponsabile: «Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati» (v.39).

Come, infatti, nell’assemblea eucaristia viene richiesta e si espleta l’actuosa partecipatio (SC 48), la partecipazione attiva di tutti i battezzati, dell’intero popolo di Dio – nella multiforme varietà di carismi e servizi suscitata dallo Spirito e ‘ordinati’ e armonizzati, nella e per la comunione, dal ministero (servizio) ordinato  -, così nell’assemblea sinodale si esprime lo stile fraterno, partecipativo e corresponsabile del sensus fidei dell’intero popolo di Dio, senza esclusione alcuna.

«Ma – come precisa papa Francesco – si fa ancora una certa fatica e siamo costretti a registrare il disagio e la sofferenza di tanti operatori pastorali, degli organismi di partecipazione delle diocesi e delle parrocchie, delle donne che spesso sono ancora ai margini. Partecipare tutti: è un impegno ecclesiale irrinunciabile!» (Francesco, Discorso, 9 ottobre 2021). Nell’indimenticabile discorso del 17 ottobre 2015 per la Commemorazione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei vescovi, lo stesso papa Francesco ribadiva: «La sinodalità, come dimensione costitutiva della Chiesa, ci offre la cornice interpretativa più adeguata per comprendere lo stesso ministero gerarchico. Se capiamo che, come dice san Giovanni Crisostomo, “Chiesa e Sinodo sono sinonimi” – perché la Chiesa non è altro che il “camminare insieme” del Gregge di Dio sui sentieri della storia incontro a Cristo Signore – capiamo pure che al suo interno nessuno può essere “elevato” al di sopra degli altri. Al contrario, nella Chiesa è necessario che qualcuno “si abbassi” per mettersi al servizio dei fratelli lungo il cammino». «Fra voi però non è così» (v. 43).

Accompagnata dal Crocifisso risorto presente nella sua Parola, nel segno del Pane spezzato e nella carne ferita e oppressa dei poveri e dei piccoli, la Chiesa ‘versa’ se stessa prendendo parte al calice di Cristo e degli uomini e delle donne suoi fratelli amati. Una Chiesa tutta sacerdotale, sulle orme di Gesù «sommo sacerdote grande» (Eb 4,14) che ha conosciuto la prova della vita «a somiglianza di noi» e ha preso «parte alle nostre debolezze» (Eb 4,15), che «ha consegnato se stesso alla morte ed è stato annoverato fra gli empi, mentre egli portava il peccato di molti e intercedeva per i peccatori» (Is 53,12). Una Chiesa di discepoli e di discepole «solidali con le fatiche e i desideri dell’umanità» (Francesco, Discorso, 9 ottobre 2021). Una Chiesa che ha assimilato lo stile di Gesù, di ascolto, vicinanza, compassione, cura e tenerezza, «in ascolto del mondo, delle sfide e dei cambiamenti che ci mette davanti» (Francesco, Omelia per l’Eucaristia di apertura del Sinodo sulla sinodalità, 10 ottobre 2021).

La sinodalità così è anche repraesentatio Ecclesiae, un rendersi presente della Chiesa, epifania della communio trinitaria, un inveramento della Chiesa, di tutto il popolo santo di Dio, del popolo messianico germinato dalla Pasqua. La Chiesa in cammino sinodale è epifania della communio trinitaria, una repraesentatio Trinitatis: «una Chiesa che riceve e vive il dono dell’unità e si apre alla voce dello Spirito. […] Il punto di partenza, nel corpo ecclesiale, è questo e nessun altro: il Battesimo. Da esso, nostra sorgente di vita, deriva l’uguale dignità dei figli di Dio, pur nella differenza di ministeri e carismi. Per questo, tutti sono chiamati a partecipare alla vita della Chiesa e alla sua missione» (Francesco, Discorso, 9 ottobre 2021).

La missione di ogni comunità cristiana, come l’ha definita Paolo VI, citato da papa Francesco il 9 ottobre scorso, è «l’impegno apostolico verso il mondo contemporaneo» (Angelus, 11 ottobre 1970). La missione della Chiesa pensata non come proselitismo o apologia ma come esigenza di «un discernimento nel nostro tempo» (Francesco, Discorso, 9 ottobre 2021) per un annunzio del Vangelo che si incarna nella concreta esistenza degli uomini e delle donne del nostro territorio diocesano, delle nostre città, in questo nostro travagliato ma promettente tempo.

Il vostro vescovo, in comunione con papa Francesco e l’intero collegio episcopale, vi invita a partecipare con coinvolgimento di fede e di riflessione, di ascolto e di dialogo costruttivo – in special modo durante la fase della consultazione -, per portare avanti anche nella nostra amata Chiesa locale un processo sinodale “dal basso” in obbedienza allo Spirito che convoca e raduna in unità la Chiesa perché possiamo con gioia obbedire al Signore e camminare insieme verso il compimento del Regno. Rendere possibile a tutti la partecipazione è il compito che ci aspetta.

Nel presbiterio, nel diaconio, nelle nostre comunità parrocchiali e religiose, negli organismi di partecipazione, nelle aggregazioni laicali, apriamoci e predisponiamoci alla fecondità della sinodalità, ai riverberi dell’energia dello Spirito che fa convergere i diversi, genera il consenso anche quando si hanno posizioni e sensibilità differenti, suscita vita comune e sinergie pastorali.  Da questo – solo da questo – ci riconosceranno che siamo discepoli di Cristo (cfr Gv 13,35), la Chiesa di Cristo.

Con Papa Francesco, prendendo in prestito le sue parole, «sono certo che lo Spirito ci guiderà e ci darà la grazia di andare avanti insieme, di ascoltarci reciprocamente e di avviare un discernimento nel nostro tempo, diventando solidali con le fatiche e i desideri dell’umanità» (Francesco, Discorso, 9 ottobre 2021). Forza, coraggio: Gesù cammina sempre con la sua Chiesa, con noi e davanti a noi. Non facciamoci irretire dalle nostre anacronistiche e illusorie abitudini.

Guardando a Maria, che conservava nel suo cuore tutte le parole del Figlio suo (cfr Lc 2,19), proseguiamo sinodalmente, sotto il primato della Parola di Dio, la centralità dell’Eucaristia e della comunione che da essa deriva, e l’amore ai poveri. Ci accompagni la folta schiera sei Santi e dei Beati della nostra amata Chiesa Palermitana.

 

IN ALLEGATO:

  • CEI, SINODO: messaggio agli operatori pastorali (pdf)
  • CEI, SINODO: lettera alle donne e agli uomini di buona volontà