Mons. Corrado Lorefice, sette anni a servizio di questa comunità e di questa città: “La nostra Chiesa sia più libera e audace nella testimonianza del Vangelo in questo travagliato scorcio di tempo”

Domenica 4 dicembre, nella Chiesa Cattedrale, la Celebrazione eucaristica per il VII anniversario di Ordinazione Episcopale e ingresso in Diocesi. Conferiti i Ministeri dell’Accolitato e del Lettorato a quattro alunni del Seminario Arcivescovile “San Mamiliano”

Il Vicario Generale, i Vicari Episcopali, il Presbiterio, i Diaconi, i Religiosi e le Religiose e tutto il popolo di Dio della Chiesa di Palermo si sono stretti al Vescovo Corrado in occasione del settimo anniversario della sua Ordinazione Episcopale e dell’inizio del Ministero Pastorale nell’Arcidiocesi (5 dicembre 2015). Uniti nel ringraziamento a Dio per il dono del Vescovo alla comunità ecclesiale, rinnovano alla Sua persona la preghiera di ringraziamento per il dono del servizio generoso e instancabile di Padre e Pastore che offre amorevolmente ogni giorno con gioia e speranza. Questo grazie è stato espresso domenica 4 dicembre nel corso della Celebrazione Eucaristica presieduta dal nostro Arcivescovo nella Chiesa Cattedrale, nel corso della quale è stato conferito il ministero dell’Accolitato a Francesco Causa (Parrocchia S. Gregorio Papa in Palermo) e il ministero del Lettorato a Giovanni Russo (Parrocchia Maria SS. Della Lettera in Palermo), Giuseppe Giovanni Randazzo (Parrocchia SS. Annunziata in Caccamo) e Salvatore Pio Greco (Parrocchia Sant’Atanasio in Ficarazzi), tutti alunni del Seminario Arcivescovile di Palermo “San Mamiliano”.

Ai quattro seminaristi e a tutta la Chiesa di Palermo il Vescovo Corrado ha chiesto di “contribuire alla conversione della nostra Chiesa, perché sia più libera e audace nella testimonianza del Vangelo in questo travagliato scorcio di tempo”.

 

OMELIA ARCIVESCOVO

«Ci ritroviamo in questo giorno così significativo e, soprattutto, così denso di tensione verso colui che è il veniente in questa seconda domenica di Avvento. Il Vangelo tratto dall’evangelista Matteo ci narra di Giovanni il Battista che sappiamo essere di famiglia sacerdotale ma che compie una scelta coraggiosa, guidato dallo spirito della libertà di Dio: si colloca nel deserto della Giudea, ambiente di solitudine, dove la fede viene provata. Nel deserto non ci sono sicurezze, soluzioni umane. Molto probabilmente si ferma presso un passaggio obbligato per tanta gente, ai passanti in cammino e a quanti attratti da lui accorrono dichiara con forza l’esigenza di conversione, di un profondo cambiamento interiore oltre che esteriore: “Cambiate vita, perché il Regno di Dio è ormai vicino”. Una dura esistenza, attraverso una testimonianza radicale, ma anche una gioiosa notizia, che il Regno di Dio è ormai vicino. E così faceva eco alla voce dei Profeti che invitavano a preparare la strada alla venuta del Signore, a prepararsi all’incontro con lui. Giovanni aveva un vestito fatto di pelli di cammello e attorno ai fianchi portava una cintura di cuoio, mangiava cavallette e miele selvatico. E’ chiaro quanto l’evangelista vuole dire: l’essenzialità del modo di vivere a garanzia della libertà e autenticità del messaggio. Che meraviglia per chiunque è chiamato a fare da precursore al Signore, essenzialità e libertà. Si, a fare da precursore al Signore con la gioia di diminuire sempre più affinché egli, il Signore, cresca nella vita di tanti fratelli e sorelle. Essere sobri, liberi, è essenziale per chi, come voi, in cammino verso il Presbiterato (Francesco, Giovanni, Giuseppe, Salvatore), ora viene confermato dalla Chiesa come servitore della Parola di Dio o ad essere ancora più prossimo all’Eucarestia e ai suoi più diretti destinatari, le membra più fragili della Chiesa. A voi, carissimi seminaristi che proclamerete la Parola di Dio nella santa assemblea e farete giungere a tutti, ragazzi, giovani, adulti e a quanti incontrerete lungo le strade del vostro percorso umano, a voi, a te che distribuirai presso l’altare o nelle case degli anziani e degli ammalati che ti verranno affidati, nelle parrocchie dove eserciterai il ministero o dell’Accolito o del Lettore. A voi, carissimi, oggi questo Vangelo dice la bellezza di una chiamata: Giovanni pratica il Battesimo, l’immersione nell’acqua corrente del fiume Giordano; e per il Battista tutto questo contiene l’esigenza profonda di cambiamento, seguendo la Parola di Dio e attuandola completamente nella giustizia e nella misericordia. Giovanni annunzia che è imminente l’arrivo di colui che nello Spirito sarà capace addirittura di immergere in Dio: il suo è un battesimo nello Spirito e nel fuoco, immergere in Dio. Si, un Battesimo che riconsegna la nostra vita alla relazione con Dio, “immersi in Dio”; grazie a Gesù il circuito è chiaro: lui è quel Messia, lui è quel virgulto che è nato dal tronco di Iesse, il figlio di Dio fattosi uomo nel grembo verginale di Maria. Il tempio, i sacrifici degli animali, i riti, gli incensi, l’interpretazione stessa della legge, la stessa appartenenza al popolo eletto, sono ora da relativizzare. Non sono importanti ma sono sconvenienti se arrivano a consumare il divario tra fede e vita; se non finanche a coprire e a nascondere l’ingiustizia dell’idolatria. Decisivi siano per noi tutti e in particolare per voi che riceverete tra poco questi due ministeri, il riferimento autentico a Dio e la coerenza della testimonianza nella vita. Nella pagina evangelica odierna vengono a farsi battezzare persone come i Farisei o i Sadducei che – almeno alcuni – usano la religione e pretendono di utilizzare come copertura perfino il Battesimo: Giovanni non ha paura di riprenderli con parole abbastanza dure: “Razza di vipere, chi vi ha fatto credere di poter sfuggire al castigo ormai vicino? Fate vedere con i fatti che avete cambiato vita e non fatevi illusioni dicendo dentro di voi ‘noi siamo discendenti di Abramo’ perché vi assicuro che Dio è capace di far sorgere veri figli di Abramo da queste pietre”. A voler quasi attualizzare, potremmo dire che noi tutti “siamo battezzati, siamo in Italia, siamo cattolici, ci riferiamo alla religione, difendiamo il Crocifisso nei luoghi pubblici, sosteniamo la Chiesa, mettiamo la firma all’8xmille per la Chiesa cattolica, mi sono fatto prete, sono anche Vescovo…”. Nessuna garanzia, nessun privilegio, nessuna rendita di posizione, per nessuno; specialmente con riferimento a colui che viene dietro a Giovanni, “fino a questo, fino a tanto il Messia è umile”. Perché i Vangeli lo conoscono addirittura dietro a Giovanni, discepolo di Giovanni. E lui – ci dice Giovanni – battezzerà con Spirito Santo e fuoco”, cioè con il coinvolgimento del cuore, il cuore ormai avvitato dall’irruzione di Dio e del suo regno: è la coscienza della libertà della responsabilità, della ricerca della giustizia. Nessuno può barare, o con Dio o con Mammona; o liberi perché di Dio o schiavi di noi stessi e delle cose; o dell’idolo o del potente di turno. Vorrei concludere con le profonde e per certi aspetti attualissime parole di Dietrich Bonhoeffer, soprattutto dopo aver ascoltato l’oracolo di Isaia: “La nostra Chiesa che in questi anni ha lottato solo per la propria sopravvivenza, come se fosse fine a sé stessa, è incapace di essere portatrice per gli uomini e per il mondo della Parola che riconcilia e che redime, perciò le parole di un tempo devono perdere la loro forza e ammutolire e il nostro essere cristiani oggi consisterà solo in due cose: nel pregare e nell’operare ciò che è giusto tra gli uomini. Il pensare, il parlare e l’organizzare, per ciò che riguarda la realtà del Cristianesimo, devono rinascere da questo pregare e da questo operare. Non è nostro compito predire il giorno ma quel giorno verrà in cui degli uomini saranno chiamati nuovamente a pronunciare la parola di Dio in modo tale che il mondo ne sarà cambiato e rinnovato, sarà un linguaggio nuovo; forse completamente non religioso ma capace di liberare e di redimere, come il linguaggio di Gesù, tanto che gli uomini saranno spaventati e tuttavia vinti dalla sua potenza. Il linguaggio di una nuova giustizia e di una nuova verità, il linguaggio che annuncia la pace di Dio con gli uomini e la vicinanza del suo Re. Fino ad allora la causa dei cristiani sarà silenziosa e nascosta ma ci saranno uomini che pregheranno, opereranno ciò che è giusto e attenderanno il tempo di Dio”. Sia questa la motivazione più profonda del vostro cammino di formazione e per l’intera Chiesa palermitana sia questa la motivazione più profonda del suo cammino sinodale che porta avanti in comunione con le chiese che sono in Italia e nel mondo. Contribuiamo, contribuite, carissimi, alla conversione della nostra Chiesa, perché sia più libera e audace nella testimonianza del Vangelo in questo travagliato scorcio di tempo ma che sappiamo già fecondato di futuro e di pienezza di vita nel Messia nato nella greppia a Betlemme, morto sul legno del Golgota e risorto a Gerusalemme: il veniente nella gloria a renderci partecipi del cielo nuovo e della terra nuova. “Il lupo dimorerà insieme con l’agnello, il leopardo si sdraierà accanto al capretto, il vitello e il leoncello pascoleranno insieme, il leone si ciberà di paglia come il bue, il lattante si trastullerà sulla buca della vita. La conoscenza del Signore riempirà la Terra, come le acque ricoprono il mare. Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno. Si, la sua dimora sarà gloriosa”».