Arma dei Carabinieri, celebrata a Palermo la Virgo Fidelis

Nella parrocchia di Santa Cristina, nel quartiere Borgo Nuovo, presenti i vertici dell'Arma

L’Arcivescovo di Palermo, monsignor Corrado Lorefice, ha celebrato, presso la chiesa di “Santa Cristina” all’interno quartiere Borgo Nuovo di Palermo, la “Virgo Fidelis”, Patrona dell’Arma dei Carabinieri, dell’81esimo anniversario della Battaglia di Culqualber e della Giornata dell’Orfano. Alla Santa Messa hanno presenziato il Comandante della Legione Carabinieri Sicilia, Generale di Brigata Rosario Castello, il Comandante Provinciale di Palermo, Generale di Brigata Giuseppe De Liso, il Comandante del 12° Reggimento Carabinieri “Sicilia”, Colonnello Andrea Desideri, rappresentanze di militari in servizio a Palermo, dell’Associazione Nazionale Carabinieri e di orfani e familiari dei Caduti dell’Arma.

Festa della Virgo fidelis, Patrona dell’Arma dei Carabinieri

Parrocchia S. Cristina – Borgo Nuovo 21 novembre 2022

Omelia

Nel Vangelo di Luca l’angelo che irrompe nella casa di Maria a Nazaret la saluta con le parole rivolte dai profeti al popolo di Dio, alla figlia di Sion, con un invito alla gioia escatologica: “Rallegrati, perché sto per annunciarti la buona notizia, l’Evangelo” (cfr Lc 1,28-33). È salutata kecharitoméne, ossia ricolmata dalla grazia, totalmente sotto l’influsso della cháris, della benevolenza gratuita ed efficace di Dio. Per questo il messaggero celeste aggiunge: “Il Signore è con te” (Lc 1,28), saluto che riecheggia e riattualizza quelli rivolti alla “figlia di Sion”, personificazione della comunità dei credenti dell’antica alleanza, degli ’anawim, quei poveri che speravano solo nel Signore. In particolare, le sue parole ricordano l’oracolo di Zaccaria: «Rallegrati, esulta, figlia di Sion, perché, ecco, io vengo ad abitare in mezzo a te» (Zc 2,14).

Dio che abita in mezzo al suo popolo. La tenda che lo accoglie, che gli dà un corpo, è una donna, Maria di Nazaret, donna capace di credere e di aderire alla parola che l’angelo le rivolge da parte di Colui che lo ha inviato: «Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo» (cfr Lc 1,31-32). Una parola che turba, che suscita il timore di Dio, cioè quella sensazione di piccolezza, di umiltà, di indegnità, che conduce all’adorazione. Ma parola che coinvolge. Maria si sintonizza con la ‘parola-volontà’ di Dio. Pronuncia un totale, libero e consapevole: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto» (Lc 1,38). Per questo la profezia in lei si compie, finalmente si realizza; e nella pienezza dei tempi il Figlio dell’Altissimo nasce da lei. Maria è Madre perché compie la volontà di Dio.

Nel Vangelo di Giovanni, Gesù dice: «Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera» (Gv 4,34). Entrambi, Maria e Gesù, sono accomunati dal desiderio di compiere il volere di Dio.

Maria è Madre che continua a donare un Figlio che ci rende fratelli, così da abbattere i muri dell’odio e della brama omicida, dell’inimicizia e dell’individualismo, dell’indifferenza e del sopruso. Oggi c’è bisogno di generare vita e fraternità. Le nostre città e la nostra Casa comune che è il pianeta Terra, hanno bisogno di generatività salvifica e di fraternità. Oggi urge una convivenza umana che conosca operatori di giustizia e di pace;  che si impegni per una ecologia integrale, ambientale e umana. Oggi c’è bisogno di fratelli e sorelle di Gesù. Di cristiani che praticano il volere di Dio.

La volontà di Dio sugli uomini non è una volontà di dominio ma di benevolenza e di armonia, di convivialità e di pace. Di gioia. «Gioisci, esulta!» (Zc 2,14). Questo è il messaggio che ci arriva da Dio, attraverso il Vangelo di Cristo. Dio stesso, attraverso l’umile sua Serva, viene ad abitare tra gli uomini. Emmanuele, Dio con noi. Nel suo Figlio fattosi uomo come noi, venuto non per esercitare un potere ma per servire. Il suo dominio è un dominio di pace. Perché egli è venuto a dare compimento al desiderio di Dio: fare della terra un giardino fecondo di fraternità e di pace.

È un fatto singolare – se consideriamo gli altri patroni scelti dalle Forze Armate e di Polizia: S. Matteo, S. Barbara, S. Michele Arcangelo – che l’Arma dei Carabinieri abbia scelto come Patrona la Santa Madre di Dio con il titolo di Virgo fidelis.

Gli uomini e le donne della gloriosa Arma dei Carabinieri, forgiati dalla Virgo fidelis, forti della sua compagnia, animati dalla loro fede in questo Dio meraviglioso e magnanime, si sentono impegnati a corrispondere con fedeltà al suo progetto salvifico. Di bene. Di liberazione della convivenza umana da ogni sofferenza e oppressione, da ogni potere prevaricatore. Come non oggi ricordare il Generale Carlo Alberto della Chiesa e tutti i Carabinieri caduti nell’adempimento del loro dovere.

Oggi viviamo il dramma di non aver più una visione ampia, un senso ultimo che guida la nostra vita civile, familiare e professionale. Ma i cristiani questo senso lo troviamo nel condividere e nel contribuire a compiere il volere di Dio. Non il volere di uomini. Ma di Dio.

Il servo di Dio Salvo d’Acquisto, sublime esempio di amore a Dio e di amore agli uomini fino a donare la vita, scrivendo alla madre, così si esprimeva: «Bisogna rassegnarsi ai voleri di Dio a prezzo di qualsiasi dolore e di qualsiasi sacrificio». Ed ebbe anche a dire: «Se muoio per altri cento, rinasco altre cento volte: Dio è con me e io non ho paura!».

Ciascuno e ciascuna di voi, carissimi uomini e donne dell’Arma, noi tutti, insieme ‒ a maggior ragione se siamo cristiani, fratelli e sorelle di Gesù impegnati a compiere la volontà di Dio ‒, siamo generatori di vita nuova e di fraternità duratura. Siamo noi la “figlia di Sion”, animatori di una città degli uomini capaci di corrispondere a questa chiamata: «Nazioni numerose aderiranno in quel giorno al Signore e diverranno suo popolo, ed egli dimorerà in mezzo a te e tu saprai che il Signore degli eserciti mi ha inviato a te» (Zc 2,15).

Coraggio non temiamo di operare il bene, in questa nostra città, in questa nostra Isola, che ha bisogno di riscatto sociale, economico, culturale. Custodiamo la nostra fedeltà ai valori umani, cristiani e professionali che abbiamo avuto l’onore e la gioia di abbracciare. Oggi per gli abitanti di questo quartiere siamo un segno credibile di speranza: facciamo nostre le ferite degli uomini e delle donne che lo abitano, consapevoli che non ci può essere una città riscattata dal male in tutte le sue forme più tragiche e devastanti se non ripartiamo dalle periferie esistenziali, dalle vittime della storia, i prediletti di Dio e di quanti ricercano il suo volere.