Sabato 30 dicembre la Chiesa Cattedrale di Palermo ha accolto la Celebrazione Eucaristica presieduta da Mons. Corrado Lorefice, Arcivescovo di Palermo, nel XXXVI anniversario della sua ordinazione presbiterale. La celebrazione è stata caratterizzata dal rito di Conferimento dei Ministeri del Lettorato e dell’Accolitato a sei alunni del Seminario Arcivescovile San Mamiliano: Antonino D’Alia, Parrocchia San Giovanni Apostolo in Palermo, Giuseppe Notte, Parrocchia Santa Maria Maddalena in Ciminna, Sergio Scozzaro, Parrocchia San Francesco d’Assisi in Misilmeri (Lettorato); Salvatore Pio Greco, Parrocchia Sant’Atanasio in Ficarazzi, Giuseppe Giovanni Randazzo, Parrocchia SS. Annunziata in Caccamo, Giovanni Russo, Parrocchia Maria SS. della Lettera, Acquasanta in Palermo (Accolitato).
Proprio ai sei seminaristi l’Arcivescovo ha voluto rivolgersi:
«Non è una visione negativa, amara e pessimista del mondo quella che ci offre la Lettera di Giovanni. Nel mondo si trova anche la concupiscenza, la brama, la superbia che gli uomini e le donne coltivano nella mente e trasformano in opere. Mai come in questo momento ne cogliamo le tracce e ne avvertiamo le conseguenze. In Città e nella Casa comune che ci è stata donata, il pianeta Terra che ci ospita — non l’abbiamo creato noi umani — e dal quale prendiamo il nome: adhâmâh, “terra, suolo”, siamo “terreni”
La concupiscenza dell’autolatria. L’essere umano schiavo del proprio io voraginoso e insaziabile, indaffarato a soddisfare unicamente il proprio egoismo e le proprie passioni, Inebriato dal fascino delle apparenze, dedito a valori effimeri e illusori. Proteso ad affermarsi contro gli altri e sopra gli altri, a ricercare la propria gloria ad ogni costo.
La superbia umana che genera nel mondo idoli e strutture di potere crudeli e schiavizzanti. Oppressione, violenza.
Quando si vive nel culto di sé stessi si può giungere anche — negli ambienti religiosi – all’eccesso di chi strumentalizza anche il culto reso a Dio per incrementare il proprio io e consolidare il proprio potere.
Noi oggi siamo convenuti nella nostra chiesa Cattedrale per chiedere al Signore che questi sei giovani alunni del nostro Seminario — presentati per il ministero dell’Accolitato e del Lettorato — imparino ad amare e ad obbedire al loro Signore e che crescano come servitori indefettibili della Chiesa, dimentichi di sé stessi, intelligenti, attenti e generosi nel sentire il travaglio della storia e il fremito della rigenerazione pasquale che è all’opera nel mondo, negli eventi umani e nelle coscienze rette di tante donne e uomini capaci di compassione e amanti del bene. Noi li accompagniamo con la preghiera e l’affetto, oltre che con una proposta formativa sapiente e aggiornata.
Il verbo “conoscere” di 1Gv 2,13 e 14 non descrive un mero dato conoscitivo, ma l’esperienza profonda di una vita nuova che coinvolge tutta la persona e la sua esistenza in una relazione.
Giovanni chiede ai giovani di stare nel mondo forti della rigenerazione operata dalla parola di Dio che fa conoscere e rimanere nell’amore del Padre. Ho scritto a voi, giovani, perché siete forti e la parola di Dio rimane in voi. La parola di Dio — il dia-logo di Dio, la relazione con Dio – è la vera e unica ricchezza da ricercare, da bramare. Libera dalla concupiscenza, dall’autolatria, Rende lucidi, umili, forti e vittoriosi nel bene. Pietre vive della comunità discepolare ed edificatori creativi della casa comune, seminatori di bene efficaci nel far arretrare il male. Veri adoratoti in spirito e verità che rendono culto a Dio sull’altare di una vita votata al bene e alla giustizia, capaci di compassione per chi soffre nel corpo, nello spirito e nella psiche.
Questa è la trasformazione di cui parla l’Apostolo Paolo, per cui dire io non risulta più fondamentale: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20). Tutto è dono, non possesso. Nulla si brama, per tutto si ringrazia; per tutto si loda. Mani che non predano, ma curano e rispettano l’altro e le cose. Schiavi dl niente e di nessuno, liberi perché figli amati da Dio-Padre.
L’anziana vedova Anna ci ricorda che anche l’umanità di questo cambiamento d’epoca custodisce l’infima chiamata a vedere il volto di Dio e ad esserne un riflesso. “La sua vedovanza rimanda all’umanità che è vedova perché non ha lo sposo, la sua ‘altra parte’. L’altra parte dell’uomo è Dio” (S. Fausti).
Anna è immagine della Chiesa animata da una fede capace di costanza, che “serve Dio notte e giorno”, che discerne il continuo avvento del suo Signore, protesa al suo ritorno definitivo nella gloria. Non appiattita dalla logica mondana ma nella continua memoria dell’agire di Dio nella storia, fedele alla terra e agli impegni della vita. ln piena solidarietà con il mondo e con ogni uomo, con i suoi limiti e le sue fragilità, con quanti aspettano redenzione per sé e per le città che abitano.
Una Chiesa libera da alienanti nostalgie del passato, capace di profezia, libera di parlare di Dio a tutti con le labbra del cuore irrorato dal digiuno e dalla preghiera, cioè dal rinnegamento dell’io e dalla custodia della Parola meditata, contemplata, realizzata.
Una Chiesa-casa fraterna nella città dove si può trovare gratuitamente cibo essenziale, pane sostanziale, per crescere e fortificarsi, pieni di sapienza e di grazia dl Dio. Pane eucaristico. Parola di Dio. Amore fraterno, predilezione dei fragili. Una Chiesa per nuove ripartenze e nuove sinodalità umane. Per nuovi percorsi di pace e di bene. Per nuove visioni di futuro.
Oggi preghiamo anche per il vescovo di questa Chiesa, perché la sappia confermare nella fede, animare nella comunione e nella carità, spronare nella profezia, incoraggiare nella missione».