VENERDI SANTO / Passione del Signore. “La Croce è il bacio di Cristo per loro, per noi tutti, per ogni uomo e ogni donna di ogni tempo; la testimonianza certa del suo amore smisurato e fedele, fino a patire e morire”

L'Arcivescovo Mons. Corrado Lorefice nella sua omelia parla dei "trafitti" che i nostri occhi incrociano: i migranti che vengono respinti, i giovani che consumano droga, chi vive nelle periferie, i carcerati, gli ammalati e coloro che sono vittime di una sanità malata / OMELIA ARCIVESCOVO

Venerdì Santo – Passione del Signore

«Voglio ben soffrire, ma non voglio disperare.

Non lascerò che nessuno spenga in me la piccola lampada rossa della fiducia»

(C. Bobin, Il Cristo dei papaveri, Frammento LXXV).

 

Omelia

 

La prima domenica di Quaresima qui in Cattedrale, durante il rito dell’elezione al Battesimo, i catecumeni adulti, che domani nella Veglia pasquale verranno rigenerati a vita nuova, hanno ricevuto dalle mie mani – dall’Apostolo di questa Chiesa – una piccola croce di legno. Nel consegnarla ripetevo a ciascuno queste parole: «Ricevi il segno dell’amore di Dio per te». Prima di appenderla al collo gli eletti l’hanno baciata.

Mi ha toccato profondamente questo gesto. Ogni anno il bacio della croce da parte dei catecumeni mi coinvolge empaticamente e spiritualmente. Essi baciandola ricambiano un bacio. Sì, perché la Croce è il bacio di Cristo per loro, per noi tutti, per ogni uomo e ogni donna di ogni tempo; la testimonianza certa del suo amore smisurato e fedele, fino a patire e morire. «La croce è incontro con un amore assoluto che si abbandona in ogni abisso per non lasciarci soli in nessun abbandono», amava annunciare il Card. C. M. Martini (Omelia, 13 aprile 2001). La Croce è il bacio che ci consegna nelle braccia di Cristo crocifisso e quindi nelle braccia del Padre, del Dio che Gesù – l’Amato nel «docissimo bacio dello Spirito Santo» (Gertrude di Helfta – 1220-1291 – Exercitium divini amoris) – ci ha narrato con le sue parole e con i suoi gesti, fino al segno estremo e inaudito della sua libera e consapevole consegna nelle mani dei crocifissori. La Croce di Cristo è il bacio che ci apre alla relazione d’amore con Dio, con il Padre celeste che rivela a noi il suo amore ‘eccessivo’ nel Figlio innalzato sul trono del ‘legno’ (cfr Gal 3,13) del Golgota.

È il bacio che fa crescere figli adulti. Anche nella fede. È il bacio di Dio in Cristo che ci rende figli amati, cresciuti e alimentati con il cibo sostanziale dell’amore, nonché fratelli e sorelle capaci di amarsi e di vivere amando. Solamente chi è stato baciato può baciare, solamente chi è stato amato, può amare. L’amore educa all’amore. Rende liberi da sé stessi, apre a relazioni gratuite e costruttive, libera dal bisogno infantile di possedere l’altro, di sopraffarlo, di annientarlo.

Stasera, noi tutti – come i catecumeni nel giorno dell’elezione – adoreremo Gesù, il Crocifisso del Golgota. Adorare: già l’etimologia (dal latino ad os, portare alla bocca) ci aiuta a dare un significato profondo al gesto che porremo: piegheremo le ginocchia davanti al Crocifisso, e lo baceremo. E baciando lui baceremo il Padre – Gesù a Filippo dice: «Chi ha visto me ha visto il Padre» (Gv 14,9) –, la pura sorgente dell’Amore che va sempre ‘adorato’, cioè amato «con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze» (Dt 6,5). Gesù attende il nostro bacio, di essere ‘ad-orato’. Dio attende di essere adorato da noi, tentati anche noi di ‘ad-orare’ i falsi idoli intronizzati dalla perniciosa cultura diffusa dai poteri forti mondani, foriera di schiavitù e di felicità effimere, generatrice di scarti umani.

Mercoledì un caro giovane, Vincenzo, mi ha raccontato che andando a Malezi in Tanzània, un prete, in un ambulatorio per persone con gravi malformazioni e disabilità gli ha chiesto: “Vuoi vedere Gesù crocifisso?”. Entrato nell’infermeria stavano medicando un mtoto, un bambino di 11 anni con un corpo deformato, una vita che noi, figli del dogma della massimizzazione del profitto, definiremmo non degna di questo nome, improduttiva, antieconomica, da eliminare. Ma lo sguardo sereno, pacificato e grato che questo bambino gli ha regalato lo ha folgorato. Nessuna disperazione su quel volto. Anzi, un volto che cantava la vita. Uno sguardo che ha trasfigurato lo sguardo di Vincenzo da anni appesantito da un grande dolore, facendogli ritrovare il sorriso.

“Vuoi vedere Gesù crocifisso?”. A Vincenzo ho detto che in Mt 25,40 si può trovare il senso di questa domanda: «Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me». Gesù è il Cristo, il Messia di Dio, che vuole essere riconosciuto presente in tutti gli scarti umani, i ‘trafitti’ e gli esclusi della storia.

E noi, Carissime, Carissimi “vogliamo vederlo Gesù, stasera? Vogliamo “ad-orarlo”? Sì, contempliamolo. Adoriamolo appeso sulla croce: «Egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori; […] le nostre iniquità» (Is 53,4.11), continuando a confidare in Dio, lasciandosi maltrattare e umiliare in silenzio, rendendo saldo il suo cuore sperando unicamente nel Signore (cfr Sal 30). «Voglio ben soffrire, ma non voglio disperare. Non lascerò che nessuno spenga in me la piccola lampada rossa della fiducia», scrive C. Bobin nel Frammento LXXV de Il Cristo dei papaveri.

Stasera siamo venuti ad ‘ad-orare’ il ‘Trafitto’, a baciarlo. Adorando lui non potremo più non riconoscerlo e adorarlo in tutti i ‘trafitti’ che i nostri occhi incroceranno: nelle nostre case, nelle nostre strade, nelle tante periferie urbane ed esistenziali delle nostre città. Nei paesi dove ferve la guerra, sempre più – proporzionalmente alla sua insensatezza – devastante e incontenibile.  Penso in particolare alla Terra Santa, allo scempio dello sterminio di un popolo intero in Palestina. All’Ucraina. Nei migranti dei precari barchini che partono dalle coste della Libia e della Tunisia e che, se non spariscono affondando negli abissi del grande cimitero del Mediterraneo, vengono respinti e rinchiusi in affollati e atroci campi di concentramento, resi a noi tutti noti dai social e da chi, rischiando la vita, ha il coraggio di denunciare tanta colpevole e connivente disumanità. Nei carcerati del Pagliarelli, dell’Ucciardone, del Malaspina, del Burrafato di Termini Imerese; negli ammalati dei nostri nosocomi, travolti dalla crisi del sistema sanitario e da inquietanti e tragici fatti di malasanità; negli anziani soli e nei giovani illusi e sfruttati dalla diffusione di droghe sempre più distruttive e letali che rimpinguano le tasche delle prosperose organizzazioni mafiose; nei clochard – tanto cari all’indimenticabile Fratel Biagio Conte – che vivono sulle strade e dormono all’addiaccio sulle soglie dei nostri palazzi; in tutti gli ‘invisibili’ ai nostri cuori sempre più raffreddati.

 

O Signore Gesù anche noi come la Madre Addolorata e il discepolo amato vogliamo rimanere presso la tua croce in piedi, saldi e fedeli, stretti attorno a te. Stasera siamo qui per questo. Ai tuoi discepoli è chiesto di seguirti anche nel tuo venerdì di passione. Non c’è altra collocazione per chi porta il nome del Messia sofferente e trafitto. I cristiani, i messianici, i tuoi discepoli e le tue discepole posso solamente tenerti dietro, seguirti.

Aiutaci o Madre di Gesù e nostra, a stare presso le croci dove tuo Figlio viene ancora trafitto. Ad ‘ad-orarlo’ e amarlo nei tanti ‘trafitti’ di oggi. Aiutaci a diventare discepoli credibili dell’Amore crocifisso, perché non si spenga nel mondo «la piccola lampada rossa della fiducia» che alimenta la speranza e dirada la disperazione. Amen.

(photo: Arcidiocesi di Palermo / Cattedrale di Palermo)