Un anno di conflitto in Ucraina: “Gridiamo contro la razionalità della guerra, sosteniamo l’irrazionalità della pace come ce la testimoniano Gesù, Francesco d’Assisi, Giorgio La Pira, Gandhi, Martin Luther King e il Beato Giuseppe Puglisi”

In occasione del quarantesimo anniversario della marcia antimafia Bagheria-Casteldaccia, la voce dell'Arcivescovo di Palermo Mons. Corrado Lorefice: "Costruite un futuro umano, libero dalle mafie, libero dalla guerra. Spronate noi adulti ad essere più coraggiosi"

     

“Ringrazio tutti voi giovani per essere qui insieme a tanti adulti che credono nella sfida dell’educazione alla legalità e alla nonviolenza; le nostre città sono fatte per essere liberate da ogni forma di strapotere mafioso e per essere un segno di quell’alto valore della pace che dobbiamo riscoprire in questo anniversario della guerra nefasta che si sta consumando alle porte della nostra Europa. Dobbiamo dire no a ogni forma di violenza, no alla mafia e dobbiamo essere attenti a un altro tema, mi rivolgo proprio ai giovani qui presenti: oggi ci convincono che sia razionale solo la guerra: se questo è vero, noi vogliamo essere irrazionali. Noi crediamo all’irrazionalità della pace, a quella irrazionalità che ci porta ad essere come tanti testimoni e costruttori di pace, come don Pino Puglisi, come a Gandhi, a Martin Luther King e a tutti coloro che si sono donati al messaggio della nonviolenza. A noi più adulti e a voi giovani dico con forza di credere ancora di più all’irrazionalità della pace, soprattutto se vogliono convincerci che la guerra è una scelta razionale; noi vogliamo essere, da questo punto di vista, irrazionali. Voi giovani chiedete a noi adulti di essere più coraggiosi. Ieri a Palermo sono stati ospiti alcuni rappresentanti dell’Unione Europea che non hanno mai pronunziato la parola “pace”, la Presidente Ursula Von der Leyen non è riuscita a pronunciare il termine “pace”, dobbiamo dirlo; a chi ha responsabilità politiche chiediamo di essere ricondotti a un’Europa che ha nella ricerca della pace il suo obiettivo, una pace da costruire con il dialogo e gli strumenti che possediamo, non fornendo armi”

L’Arcivescovo di Palermo Mons. Corrado Lorefice ha spronato i giovani studenti ad essere interpreti dei bisogni del nostro territorio e costruttori di un futuro libero dal condizionamento della criminalità organizzata: un messaggio che contiene una visione profetica quello offerto alla partenza della Marcia Antimafia Bagheria-Casteldaccia, promossa dal Centro Pio La Torre venerdì 24 febbraio nel quarantesimo anniversario della prima. Quasi 80 le adesioni pervenute da scuole di ogni ordine e grado, amministrazioni locali, associazioni e movimenti. “Tante adesioni sono la dimostrazione di una memoria condivisa e di una diffusa consapevolezza che le nuove mafie indebolite dal contrasto dello Stato e dalla coscienza civica del paese – dicono i rappresentanti del Centro Pio La Torre –  saranno sconfitte come la mafia stragista di quarant’anni fa”. La Marcia ha ripercorso la strada dei Valloni che nei primi anni ‘80 era la via di fuga dei killer di centinaia di assassinii nel “triangolo della morte”, una strada adesso intitolata “Via della marcia antimafia 26 febbraio 1983”. “Oggi le nuove mafie sparano di meno ma corrompono di più – spiega Vito Lo Monaco del Centro Pio La Torre – si infiltrano, anche a livello transnazionale, con maggiore elasticità e professionalità nel tessuto produttivo riciclando i proventi dei loro traffici illeciti, vecchi e nuovi, e nelle parti consenzienti delle istituzioni, della politica e dell’economia. La presenza delle nuove mafie ritarda, come hanno fatto quelle antiche, la crescita del paese sottraendogli ricchezza e democrazia”.

 

Il contributo di Mons. Gian Carlo Perego, Arcivescovo di Ferrara-Comacchio, Presidente Cemi e Fondazione Migrantes

Il 24 febbraio 2022, la guerra tra Ucraina e Russia iniziata nel 2014 nel disinteresse di tutti, subiva un’accelerazione con l’invasione del Donbass da parte delle truppe russe. Da quella data la guerra è diventata mondiale, ha coinvolto tutti sul piano economico, sociale, politico e militare. Sul piano economico la guerra ha innescato una crisi a partire dal costo del gas, ma anche dal blocco del grano. Sul piano sociale è iniziato un esodo di 7 milioni di persone, di cui 3 milioni e mezzo hanno preso la strada dell’Europa, 170 mila hanno raggiunto l’Italia, generando un nuovo mondo di richiedenti asilo e protezione internazionale. Sul piano politico abbiamo assistito alla creazione di fatto di due blocchi – Stati Uniti ed Europa, Russia e Cina – e al fallimento di ogni tentativo diplomatico di pace. Sul piano militare è ripresa la corsa agli armamenti, anche nucleari e è iniziato l’invio di armi dai Paesi europei verso l’Ucraina.

A distanza di un anno ogni giorno conosciamo le armi che vengono inviate in Ucraina, ma non sappiamo il numero dei morti dall’una e dall’altra parte: 100.000? 200.000? 400.000?. L’invio delle armi ha preso il sopravvento sui morti civili e militari, di giovani e adulti, di neonati e anziani. Dalle città europee le mamme e i bambini giunti tra noi in fuga dalla guerra ogni giorno, da mesi, vivono il dramma della lontananza da casa, dal proprio Paese, dai mariti, dai fratelli e genitori.

Cosa fare a un anno di distanza? Anzitutto accogliere e tutelare le persone in fuga che sono arrivati tra noi, farli sentire a casa, superando i tempi lunghi della burocrazia, garantendo un minimo vitale, sostenendo i traumi nascosti, curando i malati. Il diritto d’asilo ha avuto con gli ucraini di riabilitare dopo 20 anni la protezione temporanea, ma senza le gambe di una cura, un’assistenza che in altri Paesi è stata più veloce, più vicina, più capace di valorizzare il patrimonio umano di persone, donne e bambini soprattutto.

È importante, però, non dimenticare che anche questa guerra, come tutte le altre non è ‘giusta’, non può essere accettata: per rispetto ai morti, alle persone in fuga, a chi ha perso tutto. Purtroppo, è più facile sentire parlare di guerra, di invio di armi e carri armati. Di guerra sentiamo parlare in politica, nelle aule parlamentari del nostro Paese e dell’Europa, nei circoli, nei dibattiti televisivi, al bar e nelle nostre comunità. La pace è considerata un gesto di ingenuità, al massimo profetico, dando a questo aggettivo un significato futuristico più che di segno, ‘segno dei tempi’, per trasformare la realtà. Un cristiano non può che esigere la pace. La pace è una nostra ostinazione.

Dobbiamo ripetere ancora con ostinazione ‘Tu non uccidere’. Uccidere è l’esito della guerra, di ogni guerra, anche di questa guerra in corso in Ucraina: una nuova guerra ingiusta, irrazionale, frutto di nuovi nazionalismi e di capitalismi, che spinge al riarmo. E di fronte a questa nuova “sciagura”, al nuovo “flagello” per l’umanità ritorna il valore della scelta dell’obiezione di coscienza alle armi.

Le veglie di preghiera, le marce di questi giorni hanno un valore politico, perché impegnano a cercare la pace, a costruirla ogni giorno, senza armi. Preghiamo, marciamo, costruiamo la pace per regalare futuro all’Ucraina e all’Europa, ricordando il monito di S. Giovanni XXIII, sessant’anni fa, nell’enciclica Pacem in terris: “Non c’è pace senza disarmo. Non c’è disarmo se non tacciono i cannoni, se non si smontano, oltre alle rampe missilistiche, anche gli spiriti. La pace non si regge sull’equilibrio degli armamenti, ma solo sulla vicendevole fiducia, sul disarmo dei cuori (P.T. 113).

Roma, 24 febbraio 2023