Venerdì Santo, Passione del Signore
29 marzo 2024
Omelia
Carissimi, Carissime,
ancora una volta è il Vangelo che ci instrada e che illumina i passi della Via che sta dinanzi a noi. Gesù è la Via, e noi non abbiam altro da fare che seguirlo eis télos, sino alla fine. Siamo suoi, di Lui che è la Via; siamo quelli della Via. La Via che approda sul Golgota, che porta all’ora della croce, alla meta e al compimento: «Li amò sino alla fine» (Gv 13,1). «Nessuno ha un amore più grande: dare la vita» (Gv 15,13). «È compiuto!» (Gv 19,30).
Ci siamo radunati anche stasera. Ieri, Giovedì santo – In Coena Domini, commensali di Colui che dona tutto sé stesso nel segno del pane e della lavanda dei piedi. Oggi, Venerdì santo – In Passione Domini, per volgere lo sguardo a Colui che hanno trafitto, per adorare la santa Croce su cui è stato crocifisso il Dio fattosi Uomo e consegnatosi nelle mani predatorie e violente degli uomini. Il Vero Dio. Il vero Uomo. Il Servo di Dio che si è caricato delle nostre sofferenze, il giusto suo Servo che giustifica molti addossandosi le loro iniquità (cfr Is 53,4.11).
Oggi si può solo contemplare. Siamo tutti chiamati a scegliere la parte migliore, come Maria di Betania e Maria di Nazaret, l’amica di Gesù e la Madre. Stare presso la croce. Come ci indirizza la parola di Dio che è risuonata potentemente anche stasera nelle pagine della Scrittura appena proclamate: «Vedranno un fatto mai a essi raccontato» (Is 52,15). «Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto» (Gv 19,37; cfr Zc 12,10). «Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera» (Gv 19,35).
Stasera desidero, Sorelle e Fratelli carissimi, comunicarvi ciò che provoca in me l’adorazione della Croce e il farlo insieme a voi e per voi. Prendo in prestito le parole dell’Apostolo Paolo: «Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e questi crocifisso […], parliamo di una sapienza divina […]. Nessuno dei dominatori di questo mondo ha potuto conoscerla; se l’avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria. Sta scritto infatti: Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano» (1Cor 2,2.7.8-9).
Adorare la Croce con voi, mi riporta alla radice del mio ministero tra voi come vostro vescovo: esisto e sono fatto per dirvi qual è la teoria che deve guidare la nostra vita, che la deve ispirare, avendola prima assimilata perché costantemente contemplata. Giacché di questo si tratta, soprattutto se il nostro ‘vedere’ il Crocifisso, lo intendiamo secondo quanto leggiamo in Lc 23,48: «Anche tutte le folle che erano accorse a questo spettacolo (theoria), ripensando a quanto era accaduto, se ne tornavano percuotendosi il petto». Theoria è un termine che viene tradotto spettacolo, ma theōrêin significa anche contemplare, meditare. Io e voi siamo fatti prima di tutto per contemplare Dio. La croce ci richiede lo sguardo da contemplativi e non da spettatori. Il mio primo compito tra voi è portarvi a contemplare l’eccesso dell’amore di Dio per noi uomini che ci rivela la croce di Cristo. “Fino a tanto”, eis télos, fino al massimo di un amore più grande. E così la Croce, che va solamente contemplata, diventa la teoria, l’unica teoria cristiana, che da noi per primi non viene mai capita abbastanza. E per questo non determina il nostro vissuto personale e comunitario. Per questo i cristiani non incidiamo sulle “teorie” che guidano il sentire di oggi, anzi ne siamo a volte ammaliati e spesso condizionati.
Come scrive Silvano Fausti, «la croce mostra un Dio – l’unico vero Dio, del quale non c’è altra immagine adeguata, perché è per noi la più blasfema! – che si mette nelle mani di tutti e serve tutti in mitezza e umiltà, un Dio che dona tutto, anche la propria vita a noi che gliela togliamo!» (L’idiozia).
Il Servo soffrente appeso sulla croce, a cui Pilato dà il nome e il titolo, che è al di sopra di ogni altro nome, di Re-Messia: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei», è lui l’unica risposta di Dio al sussulto della storia.
Nel volto dello sfigurato del Golgota contempliamo il volto deturpato dell’uomo d’oggi e della Casa comune che abitiamo: il pianeta Terra e la città umana. Sì, sulla croce rimangono ancora i segni della malvagità dell’uomo dove tanti sono i nuovi crocifissi: «Tanto era sfigurato per essere d’uomo il suo aspetto e diversa la sua forma da quella dei figli dell’uomo» (Is 52,14), ci ha ricordato il Profeta Isaia.
Sulla Croce continua ad essere sfigurata la Terra che si desertifica e diviene un campo di battaglia, dove avanzano sempre più nazionalismi e regimi dittatoriali, un agone, uno spazio di infinito conflitto, di guerra di tutti contro tutti e che sembra sempre più incamminarsi verso la guerra totale.
Sono sfigurate le nostre città dove le donne sono predate e i giovani ridotti a consumatori di false felicità diffuse pervasivamente a basso prezzo ma al costo della loro stessa vita mentale e fisica. Dove i nostri vecchi, i fratelli migranti (molti dei quali sono battezzati, cristiani!), i carcerati, i malati rischiano di essere ‘rifiuti ingombranti’; dove l’abuso di potere e le connivenze omertose privano tante persone di dignità, di libertà, di soggettività; dove le strutture di peccato come la mafia, le egemonie finanziarie, tecnocratiche e mediatiche esercitano oppressione, creano dipendenza, condizionano e manipolano le menti.
Per questo, stasera, contemplando il Crocifisso, pregheremo per i discepoli del Signore, per tutti quelli che professano una fede, per tutti gli uomini e le donne di buona volontà, per il mondo interno bisognoso di amore, di giustizia, di pace, di vita. Uniamoci a Cristo in fiduciosa preghiera al Padre. La animi in noi lo Spirito consolatore.
(foto di Antonio Di Giovanni)