398° Festino di S. Rosalia, Discorso alla Città
Piazza Marina, 15 luglio 2022
Mons. Corrado Lorefice, Arcivescovo di Palermo
Care Sorelle e cari Fratelli, Amiche ed Amici
di questa amata Chiesa di Dio che è in Palermo, di questa città di Dio che è Palermo, eccoci di nuovo qui a ricordare insieme quanto intima e antica sia la passione che ci unisce a Santa Rosalia. Questo amore ha impresso il suo segno nel DNA di Palermo. E Palermo, accrescendolo attraverso i secoli, ha sempre trovato nuove strade per renderlo concreto.
Il “canto” è la strada che abbiamo scelto quest’anno per il 398° Festino (Canto contro la peste). Il canto come autentica via della preghiera. Un inno vibrante che innalziamo insieme, con e per la nostra Santuzza. A Lei affidiamo la speranza di una nuova liberazione, perché nuova è sopraggiunta la peste, perché nuova è la forma dell’oppressione e della sofferenza con cui noi – fedeli, cittadini – siamo stati in questi anni chiamati a misurarci.
Sentiamo che è davvero il tempo di attenderla, questa nuova liberazione. E per questo sentiamo emergere il desiderio del canto: il canto che dorme dentro di ogni cuore, che lì è stato inscritto dalla Vita e, per noi credenti, dallo Spirito di Dio. Durante la conferenza stampa, nell’invitarvi a ritornare nuovamente qui, quest’anno, nel giorno della nostra amata Rosalia, ho ricordato i canti delle donne dell’Antico e del Nuovo Testamento, fino a quello di Maria che tutti li ha raccolti nel proprio, intonando il primo canto dei Redenti.
Su questo solco, Santa Rosalia ha dedicato il suo canto a Cristo ma anche a Palermo, tra le cui viscere il suo corpo è stato deposto come un germe di salvezza. È qui che da secoli risuona e freme, ed è qui che oggi, Sorelle e Fratelli, Amiche ed Amici, ci invita tutti a ritrovare il nostro canto personale e il nostro canto comunitario, dove è custodita la forza, dov’è indicata la direzione per riprendere a vivere la nostra vita con pienezza.
Per dirvi quanto è resistente questa forza, quanto è ostinata questa direzione, vorrei prendere le mosse da un ricordo caro alla devozione per Rosalia.
I Palermitani, subito dopo il ritrovamento del corpo della Santa, ebbero un’idea da innamorati: chiedere al Papa che, per la Messa del giorno della Santa, non solo la Colletta ma tutte le preghiere e le letture bibliche potessero essere appositamente ritagliate sulla storia della sua vita. Grazie agli studiosi di ieri e di oggi (Cabibbo, Torcivia) sappiamo che quella richiesta, segno di un grande amore, dovette attraversare molti ostacoli, tanto che ci vollero oltre dodici anni prima che venisse esaudita. Era il 1683 quando il Senato della città – tutto il Senato, in rappresentanza di tutte le donne e gli uomini di Palermo – iniziò a chiedere al Santo Padre il dono di poter celebrare con pienezza la liturgia eucaristica di Santa Rosalia, a testimonianza anche della fede e del valore che i Palermitani attribuivano, allora come oggi, alla celebrazione della Messa, alla Parola di Dio contenuta nella Bibbia. In un primo momento il loro ardore li spinse a cercare in un libro apocrifo (non canonico) – il IV Libro di Esdra – la radice del nome della Santa: «Paravi tibi montes habentes rosam et lilium». Ricerca che fu presto messa da parte per trovare altre strade che potessero superare le difficoltà burocratiche. Molte figure significative furono coinvolte per ottenere autorevoli intercessioni: quelle del gesuita P. Giuseppe Maria Requesens, del Servo di Dio Giovanni Battista Sidoti (ancora diacono), persino di re Carlo II degli Asburgo di Spagna. Grazie al loro contributo, nel 1693, dieci anni dopo la richiesta del Senato, furono esaminati i diversi schemi proposti perché le pagine della Sacra Scrittura e le preghiere proprie potessero impreziosire la celebrazione della Messa solenne della Santa. Il 18 giugno 1695 Papa Innocenzo XII si decise per l’approvazione. Il 4 settembre di quell’anno per la prima volta fu celebrata una Santa Messa tutta dedicata a Santa Rosalia, con preghiere e letture scelte solo per lei, secondo lo schema proposto proprio dal Sidoti.
È commovente leggere le cronache che descrivono i festeggiamenti organizzati dai Palermitani per quell’occasione così speciale: «Onde il Senato di Palermo, […] dispose che con apparato di velluti e guarnizioni d’argento s’ornasse l’altare maggiore del duomo, e con nobile ombrella; come anche si vestirono di paramenti i piastroni del coro. Quindi alla messa solenne, celebrata nel duomo [da Mons. D. Ferdinando Bazan, Arcivescovo di Palermo] con l’assistenza del senato, nell’intonarsi la Gloria, tutti i baluardi della città fecero applauso con cannone, in dimostrazione del giubilo per li nuovi onori alla Santa concittadina acquistati» (A. Mongitore in M. Torcivia, Missa propria, 30). È l’esplosione di un canto di gioia.
Per ricongiungerlo al canto che eleviamo noi qui, stasera, fermiamoci insieme su un dettaglio di quella sera di oltre tre secoli fa. Nello schema proposto inizialmente dal Sidoti la prima lettura della Messa di Santa Rosalia doveva essere il meraviglioso brano del Cantico dei Cantici (2,10): «Alzati amica mia, mia bella, e vieni, presto!». Era veramente una luminosa intuizione, la cifra per comprendere il grande amore della Santa per Gesù. Purtroppo, quella proposta non venne accettata, con la motivazione che il testo biblico del Cantico doveva essere legato solo alla Madonna. Non si capì che Maria non canta mai da sola: è Colei che raccoglie il canto di quelli che l’hanno preceduta; è Colei che guida il concerto infinito dei canti di tutte le donne e di tutti gli uomini che hanno amato: la vita, i fratelli, le sorelle, Dio. Ed ecco perché quel Cantico dei Cantici, negato nel 1695, venne ripreso e incluso nella nuova Messa di Santa Rosalia approvata nel 1981.
Quanto ci teneva, la nostra Santuzza, a questo brano! Se l’è ripreso dopo secoli! Ci ha dimostrato che questo è il canto di ogni donna che ha amato e donato la vita. Come non pensare anche ad Agata o a Lucia? Oggi, Sorelle e Fratelli, voglio con Santa Rosalia e con voi cantare e commentare questo brano che nel 1981 è stato ridato alla nostra Santa Avvocata e Patrona. Riprendiamo allora il testo del Cantico. Sentiamolo come dono di Santa Rosalia a noi, a tutti i Palermitani.
Ascoltiamolo:
Ora parla il mio diletto e mi dice: «Alzati, amica mia, mia bella, e vieni! Perché, ecco, l’inverno è passato, è cessata la pioggia, se n’è andata; i fiori sono apparsi nei campi, il tempo del canto è tornato e la voce della tortora ancora si fa sentire nella nostra campagna. Il fico ha messo fuori i primi frutti e le viti fiorite spandono fragranza. Alzati, amica mia, mia bella, e vieni! O mia colomba, che stai nelle fenditure della roccia, nei nascondigli dei dirupi, mostrami il tuo viso, fammi sentire la tua voce, perché la tua voce è soave, il tuo viso è leggiadro» (Ct 2,10-14).
Care Sorelle e cari Fratelli, Amiche ed Amici, questo dialogo di amore e di vita tra Santa Rosalia e il suo Signore diventa anche un dialogo di amore e di vita tra Rosalia e tutti noi. Rosalia ci ricorda che l’inverno è la tentazione dello scoraggiamento e della depressione di fronte alle ferite e ai mali che assalgono la città. Ogni inverno deve passare. Siamo protesi alla fragranza della primavera, a contemplare i fiori nei campi e sui davanzali delle nostre case, i nostri vigneti fioriti. Ogni anno la sua festa è il tempo per riprendere a sognare. «Sogna, Palermo», ci dice la nostra Rosalia: «Sogna perché i tuoi figli hanno bisogno di sentire la melodia del loro futuro. Non c’è cattiva stagione, peste o pandemia a cui possiamo consentire di metterlo a tacere».
Se la giovane trentenne ebrea Etty Hillesum, salendo sui vagoni che portarono lei e la sua famiglia alle camere a gas, lasciò in giro bigliettini su cui era scritto «La partenza è arrivata inaspettata, nonostante tutto. Abbiamo lasciato il campo cantando» (7 settembre 1943). Se Lucia, se Agata, se la nostra Rosalia, se il Beato Pino Puglisi hanno fatto della loro stessa vita un canto; se i nostri fratelli martiri delle mafie non hanno fatto altro che cantare una Palermo ricolma di aria pulita, di dignità, di coraggio, allora cosa mai potrà toglierci questa capacità, questa volontà di cantare?
«Alzati, Palermo, fammi sentire la tua voce», ci dice la nostra Rosalia. È un invito stupendo, come quello rivolto da Gesù ad ogni donna piegata, ad ogni uomo piegato. Nel Vangelo l’invito ad alzarsi significa: «Rinasci, risorgi, ritrova la tua statura, ritrova la tua grandezza. Non sei fatto per cedere». Oggi Rosalia ci invita a ritrovare la grandezza della nostra terra, dono del Creato. A sentire di nuovo i profumi della Conca d’oro, delle zagare, delle arance, delle rocce di Monte Pellegrino da cui ci affacciamo per riempirci gli occhi e il cuore. A puntare lo sguardo sulla ricchezza della nostra storia, per scorgere i fiori seminati nei campi della vita da tutti coloro che hanno vinto l’inverno della cattiveria e del sopruso. È Rosalia che ci dice: «Palermo mia, ricordati dei tuoi figli. Ricordati stasera che Paolo Borsellino, Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, gli agenti della loro scorta, Carlo Alberto Dalla Chiesa e tutti gli altri (Mattarella, La Torre, Chinnici, Cassarà, ecc.) hanno seminato la loro vita nella tua terra perché nascessero i fiori della giustizia, della bellezza, della gioia di vivere. Sono loro il principio della tua primavera, della tua rinascita, perché hanno fatto quello che ho fatto io: hanno cantato la vita con il dono della loro esistenza. Ricordati, Palermo, che l’inverno del sopruso, della mafia, dei depistaggi, delle connivenze, delle collusioni, della rassegnazione e dello scoraggiamento non è la tua stagione. Che non può continuare ancora l’inverno disperato e per noi vergognoso di tante donne, di tanti bambini, di tanti uomini che nel tuo mare meraviglioso, nel tuo Mediterraneo, Palermo mia, non trovano ospitalità e sostegno, ma bensì morte e respingimento. Tutto questo non può continuare! E tu Palermo, tu porto e riparo delle genti, devi levare per prima il canto che trasforma le voci di lutto in voci di gioia, il canto che sovrasta la voce dei potenti e dei violenti, insensibili al dolore e sensibili solo ai ‘piccioli’ e al profitto, per far cominciare un tempo nuovo di fraternità e di pace».
Il sogno di Palermo è scritto nella sua vocazione. Una vocazione di capitale non più solo di arte e di cultura, ma di nuova umanità. Capitale di accoglienza, di relazione, di inclusività: città grande per i piccoli e per i senza voce.
«Amica mia, amica bella», canta il Cantico dei Cantici, canta Rosalia a Palermo: «Mostrami il tuo viso, fammi sentire la tua voce, perché la tua voce è soave, il tuo viso è incantevole».
Ma di quale bellezza parla? La bellezza che emerge da ogni volto che ha pianto ma rimane buono. Guardiamo l’incanto di questi visi, lasciamo che tornino i volti. Se non ci guarderemo – nella nostra casa, nelle nostre città, nelle nostre – diventeremo estranei e ben presto nemici, mentre il volto dell’altro che ci chiama è la nostra missione. E di quanti volti di ogni colore è piena la nostra Palermo, volti su cui sono incisi tutte le storie! «È ogni viso a essere incantevole. È ogni voce a essere soave», così ci dice Rosalia. Così come nell’alterità dei volti ritroviamo il fondo del nostro cuore, il fondo della comune fraternità, nella molteplicità delle voci ritroviamo la chiave della nostra città: ascoltiamo quella di tutti, ascoltiamo la voce dei bambini, delle donne, degli ultimi, di chi soffre. Ascoltiamo anche la voce che non sappiamo comprendere.
«Ogni voce – ci dice la Santa – è soave». Ascolta la voce dei piccoli a casa, nella città. La voce degli ultimi. Solo chi riesce a sentire soave la voce più sofferta, solo chi sa ascoltare anche l’urlo del dolore e della disperazione può cantare il canto di Santa Rosalia. Ogni voce che mi dona il cuore dell’altro va ascoltata. Anche le voci di lingue a noi ignote Rosalia ci invita a sentirle soavi. Anche le voci che non capiamo. Perché ogni voce viene dal cuore del fratello.
Preghiamo insieme allora:
Rosalia, tu sei la nostra compagna di strada,
tu sei colei che protegge la nostra Palermo.
Per la tua intercessione noi stasera, tutti insieme,
chiediamo allo Spirito Santo il dono del canto.
Intercedi perché possiamo cantare la bellezza della nostra storia, della nostra Città,
prega tu perché ridiventiamo capaci di sognare.
Capaci di sognare un futuro di dignità per i nostri giovani,
un futuro di accoglienza per le sorelle e i fratelli che giungono in Sicilia da ogni parte dell’Africa e dell’Asia,
un futuro di rispetto e di amore per i nostri vecchi e i nostri bambini,
un futuro di servizio operoso per le donne e gli uomini della politica,
un futuro di ascolto autentico per tutte le donne,
un futuro di fraternità per tutto il mondo.
Perché tu sai, Rosalia nostra, che senza questa fraternità non potrà esserci futuro.
Tu che ami i Palermitani,
ricordati di quanto sei amata da loro.
Intercedi presso il Padre di ogni creatura
perché si spezzino a Palermo le catene della mafia e dell’ingiustizia,
il potere omicida dei trafficanti di droghe sempre più illusorie e devastanti,
perché Palermo sia la città dove si vive e si muore dignitosamente,
la città del canto, della bellezza e del riconoscimento dell’altro
perché non smettiamo mai di credere, di amare e di sognare.
Per tua intercessione leviamo la nostra preghiera al Signore di tutti,
che in Gesù di Nazareth si è manifestato come Dio della misericordia e della pace,
come il Dio pronto a donare la vita per noi.
Che questo amore ci riscaldi e ci spinga in avanti.
Lo stesso amore che ha fatto di te e di tante donne con te,
una testimone fedele di quel che davvero conta nella vita
e che resta per tutti noi sorgente dell’unica, autentica speranza.
Noi ti abbracciamo, Rosalia.
Abbracciaci anche tu e portaci con te verso il Regno che viene.
Amen.
(photo di Massimiliano Serrago)
in allegato:
- Discorso alla città dell’Arcivescovo, 15 luglio 2022
- Preghiera dell’Arcivescovo a Santa Rosalia