ROSALIA 400 / Il card. Pietro Parolin: “Rosalia, esempio di fedeltà e coraggio per vivere in comunione con Cristo e per promuovere giustizia e legalità”

Il Segretario di Stato di Sua Santità ha presieduto il solenne Pontificale per la Solennità di Santa Rosalia con l'Arcivescovo di Palermo Mons. Corrado Lorefice e i Vescovi di Sicilia / SALUTO ARCIVESCOVO DI PALERMO / OMELIA CARD. PIETRO PAROLIN

Il solenne Pontificale per il IV Centenario del ritrovamento delle spoglie mortali di Santa Rosalia è stato presieduto, nella Cattedrale di Palermo, dal Segretario di Stato di Sua Santità il card. Pietro Parolin. Hanno concelebrato l’Arcivescovo di Palermo e i Vescovi di Sicilia.

“Rosalia continua ad essere un esempio di fedeltà e coraggio per vivere in comunione con Cristo e per promuovere giustizia e legalità” ha detto il card. Parolin in un passaggio della sua omelia nella quale ha voluto ricordare i “martiri palermitani della giustizia e della fede come il Beato Giuseppe Puglisi” e l’impegno della chiesa locale per scuotere dal torpore le coscienze così come fece nel 1982 durante i funerai del Prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa l’allora Arcivescovo di Palermo, il card. Salvatore Pappalardo.

Subito dopo l’inizio della celebrazione l’Arcivescovo di Palermo ha rivolto al card. Pietro Parolin il seguente Messaggio di saluto:

 

Saluto di benvenuto

a S.Em. Rev.ma il Sig. Cardinale Pietro Parolin,

Segretario di Stato di Sua Santità

 

Eminenza Reverendissima,

il saluto di benvenuto che con sentimenti di profonda gratitudine ho l’onore e il piacere di rivolgere a Vostra Eminenza, Segretario di Stato e primo Collaboratore di Sua Santità il Papa Francesco – che estendo di vero cuore a tutti gli Em.mi ed Ecc.mi Confratelli nell’Episcopato qui presenti, come anche ai Presbiteri, ai Diaconi, ai Consacrati alle Consacrate e ai Fedeli laici, nonché ai Servitori delle Istituzioni civili, militari, religiose e culturali, che circondano la Sua presenza in mezzo a noi –, si arricchisce di molti simboli ed intensi significati.

Anzitutto la persona di Vostra Eminenza ci ricollega al Santo Padre Francesco che per questo IV Centenario del ritrovamento del Corpo di Santa Rosalia, la nostra Santa Protettrice di Palermo, ci ha inviato un ambìto e sentito Messaggio per il quale preghiamo l’Eminenza Vostra di significarGli la riconoscenza della Città e dell’Arcidiocesi di Palermo.

Inoltre, l’avere accettato con paterna e fraterna condiscendenza di presiedere questa solenne Concelebrazione per il Giubileo Rosaliano, nonostanti i gravi e numerosi impegni del Suo alto ministero di Cardinale Segretario di Stato, ci ha dato desiderata e gradita conferma della considerazione e del pensiero che Vostra Eminenza manifesta per questa Città metropolitana e per tutta la terra di Sicilia.

Altresì, la presenza di Vostra Eminenza significa per noi l’apprezzamento e la devozione per le virtù della nostra Santa di essenzialità evangelica alla quale ci ha chiaramente invitati l’ammirevole Messaggio Pontificio. Questo atteggiamento ci conforta e ci sostiene perché esprime, con la persona e la presenza dell’Eminenza Vostra, una fraternità che ci accomuna e ci stimola nel non facile esercizio del ministero che pesa sulle spalle episcopali mie e dei Confratelli Vescovi di questa meravigliosa e provata Isola.

Riporti, Vostra Eminenza, un ricordo indelebile della nostra accoglienza e della Sua breve visita a Palermo per continuarci la Sua benevolenza ed il Suo ricordo di preghiera che ci vengono assicurati dalla Benedizione Apostolica che ci impartirà. E noi, Le promettiamo di affidare il Suo complesso e non facile servizio alla Chiesa, in questo travagliato tempo che vive la Casa comune, alla nostra “Santuzza” che, con il suo profumo di rose e gigli di santità, voglia alleviare pesi e fatiche e rendere la Sua vita segno efficace di comunione e di conferma nella fede di tanti Vescovi, Presbiteri, Consacrati, Consacrate e Fedeli.

 

Palermo, 15 luglio 2024

Solennità di Santa Rosalia, Vergine Eremita Palermitana

 

OMELIA 

400° ANNIVERSARIO TRASLAZIONE

RELIQUIE DI SANTA ROSALIA

 

Palermo, 15 luglio 2024

Cari fratelli e sorelle,

sono particolarmente lieto e onorato di presiedere la celebrazione in occasione del quarto centenario del ritrovamento delle spoglie mortali di santa Rosalia, qui nella maestosa Cattedrale di Palermo, dove esse furono trasferite dal Monte Pellegrino il 15 luglio 1624 e tuttora si conservano nella cappella a lei dedicata.

Anche il Santo Padre Francesco si unisce cordialmente alla gioia e all’azione di rendimento di grazie di voi palermitani che oggi siete qui per lasciarvi illuminare dalla sapienza della vergine Rosalia. Vi porto il suo saluto, assicurando che egli invoca la benedizione di Dio su tutti voi.

Saluto con affetto l’Arcivescovo, Mons. Corrado Lorefice e gli altri Presuli di Sicilia. Con loro saluto tutti i presenti, i sacerdoti, i religiosi, le religiose, le autorità civili e militari, e tutti voi fratelli e sorelle in Cristo.

La testimonianza della fede in Gesù Cristo lega Rosalia agli altri santi e sante siciliani: Agata, Lucia, Gerlando, Vito, Alberto degli Abati, per citarne alcuni. Questi coraggiosi testimoni di Cristo hanno gettato il seme del cristianesimo della Chiesa siciliana.

Noi, oggi, frutto di quel seme fecondo, facciamo memoria di una di questi testimoni, la vergine Rosalia, per venerarne, con sentimenti di gratitudine, la testimonianza esemplare, ed implorarne la protezione divina sulla Chiesa palermitana. I santi di ogni tempo e luogo sono, infatti, modelli di fedeltà e coraggio per tutti coloro che vogliono vivere secondo il Vangelo di Gesù.

Siccome, però, non abbiamo un insegnamento diretto della nostra Santa, siamo invitati ad accogliere l’insegnamento indiretto che ci viene impartito dalle Sacre Scritture che la liturgia ci propone in occasione della sua festa.

Anzitutto, il libro del Cantico dei Cantici che celebra il desiderio dell’incontro, la ricerca e la perdita. Il brano che abbiamo ascoltato evoca una splendida scena primaverile. È la sposa che parla e riporta le parole dello sposo: «Una voce, il mio amato». E questa voce le dice: «Àlzati, amica mia, mia bella, e vieni, presto!».

È la stessa parola che il Signore ha rivolto ad Abramo perché esca dalla sua terra e cammini verso quella che egli gli indicherà. Anche la donna del Cantico viene invitata ora a mettersi in cammino per il proprio vantaggio. È un discorso decisamente simbolico che riprende il linguaggio dei profeti. Il movimento da fare è il “ritorno”, cioè la conversione.

Questo linguaggio metaforico che i profeti adoperavano per indicare una nuova vita, una nuova primavera, un rifiorire delle speranze è applicabile a ciascuno di noi oggi. Dio invita l’uomo a cercare il suo volto e ad ascoltare la sua Parola. L’umanità desidera vedere Dio ma anche Dio desidera vedere il volto autentico dell’umanità. L’umanità deve ascoltare la voce di Dio, ma anche Dio ama ascoltare la voce dell’umanità.

Comprendiamo bene allora che la santità a cui siamo chiamati non è una statica perfezione morale, ma una libera dinamica di relazione. Non è solo un “essere buoni”, ma una esperienza “tattile” nella vita stessa di Dio, che include la dimensione dell’intimità, del silenzio, anche dell’assurdo che abita l’esistenza umana. La santità, a cui oggi Rosalia ci richiama, è correre il rischio di vivere la trasformazione operata in noi da Cristo, altrimenti la fede è una passione inutile.

Nella seconda lettura, abbiamo ascoltato come San Paolo usi l’immagine sponsale, paragonando la Chiesa ad una sposa. Egli dice di provare nei confronti della comunità di Corinto una specie di gelosia divina, di un amore unico e fedele perché si è preso un impegno con Cristo, quello di presentargli la Chiesa come una vergine casta. Cristo è l’unico sposo a cui la comunità è promessa come sposa.

Ebbene, noi, eredi di quei primi cristiani, siamo chiamati a rispondere a quella esortazione, dimostrando che è possibile vivere la comunione con Dio nella vita e nella morte; provare maggiore gioia nel dare che nel ricevere; usare la forza del perdono che vince la voce della vendetta; promuovere la civiltà dell’amore che sconfigge ogni forma di odio.

Le reliquie di santa Rosalia nel 1624 furono portate in processione per la città che fu così purificata e liberata da una grave epidemia di peste. Chiediamoci, allora, cari fratelli e sorelle, qual è la peste che avvolge ancora oggi questa città? In un mondo che ha tanto bisogno di confronto con la verità e con l’esperienza di fede, recuperiamo, anche nelle celebrazioni del Festino, un forte senso di sobrietà evangelica e di servizio, che sono i veri valori incarnati da Rosalia.

La città di Palermo ha perseguito la giustizia attraverso forme di testimonianza altissima fino al sacrificio della vita: qui ci sono i martiri della giustizia, tra i quali il caro don Giuseppe Puglisi. Nella memoria di tutti noi è rimasta impressa l’invettiva del Card. Salvatore Pappalardo, «Mentre a Roma si discute, Sagunto è espugnata dai nemici; e questa volta non è Sagunto, ma la nostra Palermo! Povera nostra Palermo, come difenderla?».

Il clima era cupo in quegli anni ma la città seppe reagire. Dal sangue versato nacquero migliaia di voci e di esperienze sul cammino del cambiamento. La Chiesa di Palermo continui anche adesso ad essere attenta e sollecita nel favorire processi e percorsi atti a promuovere la cultura della giustizia e della legalità, collaborando con le numerose associazioni che operano tra le maglie del tessuto urbano e che sono presenti sul territorio, per aiutare la cittadinanza a superare una mentalità che può rischiare alle volte di essere in contrasto con la legalità. Questa Chiesa di Palermo, come ha ricordato san Paolo, non dimentichi di essere vergine casta che dovrà presentarsi a Cristo, suo sposo.

La pagina del Vangelo, infine, ci presenta la parabola delle vergini stolte e delle vergini sagge. Vorrei fermare l’attenzione sul simbolismo dell’olio che, venendo a mancare alle vergini stolte, costituisce la ragione prima del loro dramma, in quella notte che per esse si è conclusa in modo così triste.

L’olio era simbolo di serenità, di prosperità, di gioia, di pace. Perché nella parabola si parla di un olio che non si può prestare? Perché rappresenta l’amore che alimenta la fiamma della fede. Questa fiamma, fragile e delicata come la tenerezza, solo l’amore può farla sfavillare e conservarla viva. Ma, l’amore, uno lo deve trovare nel proprio cuore. Se manca, come sarebbe possibile chiederlo ad altri?

Vegliare in attesa del ritorno dello sposo significa vivere di amore godendo di quella luce che solo l’amore può ravvivare. L’amore è una vigilanza quotidiana.

Cari amici palermitani, illustri autorità civili e militari, il mio vuole essere un invito a guardare il cielo per amare la terra, un invito a trovare cose nuove per suscitare speranza, nutrire grandi ideali per creare futuro, promuovere la cultura del dialogo e dell’intelligenza per rendere questa città più vivibile, più accogliente, più bella. La terra senza cielo è fango, ma la terra con il cielo è giardino!

Vinciamo la rassegnazione e facciamo ricorso alle nostre migliori risorse di mente e di cuore! Con collaborazione disinteressata e generosa si può rendere la città sicura, attenta nella cura delle nuove povertà, fedele alla sua tradizione di comunità ospitale.

Possa la memoria della Vergine Rosalia illuminare le nostre menti e scaldare il nostro cuore per fare di questa città una casa ordinata, amministrata con giustizia e curata con amore.

“Viva Palermo e santa Rosalia!”