Nella Giornata nazionale della memoria e dell’accoglienza tornano le immagini del naufragio che avvenne davanti alle coste di Lampedusa il 3 ottobre 2013, tornano le parole che in questi mesi l’Arcivescovo Corrado Lorefice ha pronunciato diverse volte per ricordare che nelle acque del Mediterraneo si continua a morire. Secondo una nota diffusa oggi dalla Comunità di Sant’Egidio, “dal 1990 ad oggi sono morte oltre 61mila persone nel tentativo di raggiungere l’Europa. Negli anni sono cambiate le rotte, ma non le tragedie: è di pochi giorni fa la notizia della morte di 80 cittadini libanesi e siriani, morti nel naufragio di una barca a largo del porto di Tartus. Di fronte a questa immane tragedia si può e si deve fare molto di più: continuare il soccorso in mare e facilitare l’ingresso regolare di migranti per motivi di lavoro, di cui l’Italia, in piena crisi demografica, ha estremo bisogno, oltre a favorire i ricongiungimenti familiari”. Secondo la Comunità di Sant’Egidio “occorre inoltre incentivare i Corridoi umanitari. Attraverso questo progetto totalmente autofinanziato, nato proprio dallo sdegno per la strage di Lampedusa, la Comunità di Sant’Egidio – insieme alle Chiese protestanti, alla Cei e ad altre realtà – è riuscita a portare in Europa oltre 5.100 profughi sottraendoli ai trafficanti di esseri umani e avviandoli verso l’integrazione, al punto che chi anni fa è stato accolto, ora è una risorsa per il nostro Paese. E sulla base di questo modello, le Comunità di Sant’Egidio in diversi Paesi europei hanno offerto ospitalità a oltre 1.800 profughi ucraini”.
Nel gennaio di quest’anno il nostro Vescovo, insieme al Vescovo di Trapani Mons. Pietro Maria Fragnelli, è salito a bordo della “Mare Jonio” dell’organizzazione no profit Mediterranea Saving Humans che da Trapani si preparava alla decima missione di soccorso nel Mediterraneo: «Una visita, la mia, per ribadire la stima e la gratitudine nei loro confronti, perché loro stanno custodendo a rischio della vita, di incomprensioni e di ostilità, la parola più importante e urgente di questa odierna pagina della storia e che corrisponde al cuore del Vangelo: la “compassione” che fa propria ogni sofferenza umana, ogni desiderio di riscatto e di vita, fino a al dono di sé. Sono loro – ha aggiunto l’Arcivescovo di Palermo – che portano avanti la storia, insieme a tutti quelli che ogni giorno con silente fedeltà compiono il loro dovere umano, operatori di bene e di pace». Per Mons. Corrado Lorefice, «un giorno questa nostra generazione dovrà arrossire ed espiare per questo ennesimo sterminio generato dall’indurimento e dall’accecamento di molti cuori. Ma grazie anche a questi uomini e a queste donne che solcano il Mediterraneo in cerca di altri uomini e donne da salvare, la storia umana può ancora sperare di avanzare verso un traguardo di vita e di beatitudine».
Nel luglio scorso, nei giorni dedicati a Santa Rosalia, aprendo le porte dell’Episcopio a tutti i rappresentanti delle religioni presenti a Palermo, l’Arcivescovo ha offerto un nuovo monito: «Mentre applaudiamo a chiunque compia gesti di solidarietà verso chi soffre e muore, deploriamo e condanniamo ogni guerra di ieri e di oggi. Con la medesima franchezza diciamo che non possono continuare i respingimenti, le tortura e gli omicidi più o meno silenziosi di migliaia di persone in fuga dalla fame e dalla guerra – dall’Africa e dall’Asia – lasciati alla porta dell’Occidente come dei reietti, abbandonati alla crudeltà dei lager libici nella più assoluta mancanza di scrupoli, contenuti in paesi terzi con una gelida Realpolitik, lasciati morire sulle soglie dell’Europa con una spietatezza inumana. Essere fratelli significa esserlo “tutti”: senza steccati, senza graduatorie. Non si è fratelli se non si è tutti». (“Palermo città accogliente, solidale nella giustizia e nella pace”, 12 luglio 2022)
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