Quattro nuovi Presbiteri per la Chiesa di Palermo: sono stati ordinati sabato 27 settembre 2025 nella Chiesa Cattedrale per l’imposizione delle mani e la preghiera di ordinazione dell’Arcivescovo Mons. Corrado Lorefice.
I nuovi sacerdoti sono:
Don Francesco Causa della Parrocchia San Gregorio Magno di Boccadifalco in Palermo. Nato il 1/08/1975, ha svolto il suo servizio diaconale presso il Policlinico di Palermo e il servizio pastorale presso la Parrocchia Sant’Antonio di Padova alla Stazione Centrale del capoluogo siciliano.
Don Salvatore Pio Greco della Parrocchia S. Atanasio in Ficarazzi. Nato il 22/03/1992, ha svolto il suo servizio diaconale presso il Policlinico di Palermo e il servizio pastorale presso la Parrocchia Santo Sepolcro di Bagheria.
Don Giuseppe Giovanni Randazzo della Parrocchia SS. Annunziata in Caccamo. Nato il 22/01/1999, ha concluso la frequenza ai corsi di Licenza in Teologia morale e conseguirà nei prossimi mesi la Licenza. Ha svolto il servizio diaconale presso la Parrocchia San Giuseppe di Passo di Rigano a Palermo.
Don Giovanni Russo della Parrocchia Maria SS. della Lettera dell’Acquasanta in Palermo. Nato il 24/12/1985, ha svolto il suo servizio diaconale collaborando presso la Segreteria Arcivescovile e il servizio pastorale presso la Parrocchia Sacra Famiglia in Palermo.
Omelia Arcivescovo di Palermo Mons. Corrado Lorefice
Il brano odierno del vangelo di Luca, segue immediatamente l’evento della trasfigurazione di Gesù sul monte e la liberazione di un ragazzo posseduto. Vedendo che la folla era sbalordita «per tutte le cose che faceva», Gesù si rivolge ai discepoli annunciando la sua passione. Più che le azioni, i segni di potenza, i discepoli devono «fissarsi nelle orecchie», le parole che pronuncia: «il figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini» (v.44). Annuncio che essi non comprendono, che «rimane loro velato». Colpisce il fatto che Gesù non aggiunga anche il motivo della resurrezione, come fa nelle altre predizioni. È chiaro che Luca vuole mettere in rilievo la situazione di debolezza in cui si troverà a Gerusalemme il Figlio dell’uomo, dove verrà «consegnato nelle mani degli uomini». Sono certo importanti i tempi e i segni di gloriosa manifestazione, come la trasfigurazione sul monte o il potere sui demoni. Ma solo perché appaia con maggior forza il paradosso inaudito che risulta dall’incarnazione: in Gesù Dio si è fatto uomo, fino a essere consegnato nelle mani degli uomini. È questa la suprema maestà di Dio.
Ma i discepoli non capiscono, perché, come sottolinea Luca al v. 45, questa parola di Gesù «rimaneva loro velata» – certamente per una disposizione divina – «affinché non la percepissero». Luca così vuole annunciare ciò che sarà il viaggio verso Gerusalemme: segnato in varie parti dall’incomprensione dei discepoli. Essi si devono misurare con lo scandalo della croce, con la passione. Non c’è solo il mistero della salvezza che è nascosto nella passione di Gesù. Vi è anche un mistero di incomprensione. Mistero che non avvolge solo il mondo e i non credenti. È un’incomprensione che minaccia pure i discepoli di Gesù, i cristiani, e talvolta li vince. E se consideriamo anche i versetti successivi, 46-48, Luca registra fino a che punto si spinge il mistero dell’incomprensione della croce: fino a suscitare il desiderio di potere. I discepoli conoscono brama di potere, competizione e gelosia nei confronti degli altri. Gesù intercetta questi sentimenti che albergano «nel pensiero del loro cuore»: «Frattanto sorse una discussione tra loro, chi di essi fosse il più grande». Qui c’è un nodo profondo per i discepoli di ogni tempo e, conseguentemente, per ogni discepolo-presbitero. Per voi, carissimi Francesco, Salvatore, Giuseppe e Giovanni. Come dirà Gesù, attraverso il segno umile del fanciullo che pone accanto a sé – un segno differente dai segni grandiosi per cui era ricercato dalla folla –, la questione è accogliere lui accogliendo il fanciullo nel suo nome, «poiché chi è il più piccolo tra tutti, questi è grande» (v.48). Parole che Gesù ripeterà nel contesto della Cena dove ricompare la stessa questione tra i discepoli, la competizione per smania di grandezza: «I re delle nazioni le governano, e coloro che hanno il potere su di esse si fanno chiamare benefattori. Per voi però non sia così; ma chi è il più grande tra voi diventi come il più piccolo e chi governa come colui che serve. Infatti, chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve» (Lc 22,25-26).
Ora comprendiamo meglio perché Luca fa annunciare a Gesù il mistero della sua morte dopo l’evento straordinario della trasfigurazione e il miracolo della liberazione del fanciullo indemoniato. Gesù è Maestro che li vuole aiutare a riconoscere in lui anche il Messia, il Cristo di Dio. Ma è attento a che non lo riconoscano secondo i criteri umani del potere, dell’avere, del piacere. Li vuole portare alla comprensione degli eventi del Golgota, per renderli partecipi del potere delle sue ferite, della ricchezza del suo cuore squarciato per amore. Li vuole consacrare al potere dell’Amore crocifisso. Luca ricorda anche a noi tutti – e oggi particolarmente a voi carissimi Francesco, Salvatore, Giuseppe e Giovanni –, che il tentatore è in agguato pure nei confronti dei discepoli. Il suo primo tranello – come nel deserto aveva tentato lo stesso Gesù a scegliere un messianismo di potere e di gloria – è quello di insinuare nei seguaci di Gesù un’immagine di Messia mondano, secondo i criteri di dominio che praticano i capi delle nazioni, così da trarne vantaggio personale, acquisire visibilità e potere. Ma il vero discepolo e ministro del Signore, come confermano le parole dell’Apostolo Paolo ai Corinti, avendo ricevuto il ministero secondo la misericordia che gli è stata accordata, rifiuta le dissimulazioni vergognose, non falsifica la Parola di Dio manifestatasi nella croce di Cristo (cfr 2Cor 4,2): «Noi infatti non predichiamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore; quanto a noi, siamo i vostri servitori per amore di Gesù» (2Cor 4,5).
La povertà, la verginità e l’obbedienza che avete scelto coscientemente e liberamente vi permetteranno di essere «servitori per amore di Gesù», capaci di un amore più grande, nella consapevolezza che «però noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta, perché appaia che questa potenza straordinaria viene da Dio e non da noi» (2Cor 4,7). Sono il segno della partecipazione nel vostro corpo, nella vostra mente, nella vostra volontà, nella vostra intelligenza, nei vostri sentimenti, alla morte di Gesù, alla passione d’amore di Cristo per Dio e per gli uomini. Questa intima comunione, sugellata nel e dal sacramento dell’Ordine, con il Cristo povero, casto e obbediente vi permetterà di servire per sempre il Signore che regna dal Legno dell’Amore. Uniti al Vescovo e agli altri presbiteri nel vincolo fraterno del presbiterio, animerete e custodirete la comunione nella nostra amata Chiesa palermitana perché nutrita dai sacramenti pasquali e sostenuta dall’ascolto delle Scritture, sia segno credibile della comunione trinitaria e lievito di unità nelle città e nei luoghi che frequentiamo. Sia instancabile nell’annunzio dell’Evangelo, luminosa nel manifestare la magnanimità e la misericordia di Dio Padre, creativa nella testimonianza della carità di Cristo, soprattutto ai poveri e agli scarti umani prodotti dall’idolatria del profitto, del potere e del piacere sfrenato.
Consegnate la vostra vita al Signore, alla Chiesa, a quanti da sempre il Signore ha già affidato alle vostre cure. Con generosità, a tempo pieno, come il nostro don Pino Puglisi. Donatevi, state tra la gente con umiltà e semplicità, con i piccoli, i giovani, gli anziani. Fidatevi della parola di Gesù: «Per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito. Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre» (Mt 6,25-26). Stancatevi per il Regno ma non affannatevi dietro alle cose e alle logiche del mondo, alla ricerca di sicurezze umane.
Vi lascio con l’immagine della prima lettura. Non misurate, non contate, non censite, non calcolate –nemmeno per motivazioni di ‘efficienza’ pastorale –, quello che avete fatto o potete fare. Non siate come l’uomo della visione di Zaccaria che ha una fune per misurare Gerusalemme. Confidate. Fidatevi. Sperate. Sognate in grande, anche nell’attuale travaglio della Chiesa e nella complessità del ministero in questo cambiamento d’epoca. Sognate con la Chiesa, con la Sposa che Cristo ha unito a sé nel talamo del Golgota per renderla santa e immacolata (cfr Ef 5,27). Sognate con l’umanità intera che, nel tumulto dei popoli, aspira ad una pace duratura.
Oggi come ‘angelo’ della Chiesa di Palermo faccio mie per voi, carissimi Francesco, Salvatore, Giuseppe, e Giovanni, le parole dell’angelo della visione di Zaccaria: «Corri, va’ a parlare a quel giovane e digli: Gerusalemme sarà priva di mura, per la moltitudine di uomini e di animali che dovrà accogliere. Io stesso – parola del Signore – le farò da muro di fuoco all’intorno e sarò una gloria in mezzo ad essa» (Zc 2, 8-9).
La gloria del Signore accompagni per sempre i vostri passi di messaggeri dell’Evangelo di Gesù Cristo, inerme e umile principe della pace.
Siate certi della presenza della Madre. Maria è con voi, perché con lei rimaniate per sempre presso la Croce di Gesù, «sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna» (Gv 4,14).
La Celebrazione Eucaristica è stata trasmessa in diretta streaming sui canali dell’Arcidiocesi (YouTube, pagina Facebook) grazie al supporto dell’Ufficio Diocesano per le Comunicazioni Sociali-Ufficio Stampa e dell’Ufficio Diocesano per i Servizi informatici.
RIVEDI LA DIRETTA: https://www.youtube.com/watch?v=HVIx3x0AT7E