Povertà educativa: avviato il cantiere per definire il “progetto diocesano”

"Comunità, territorio, presente e futuro delle bambine, dei bambini, dei giovani: l’impegno della nostra Diocesi": l'incontro del 12 novembre getta le basi per i futuri interventi / DOCUMENTO PROGRAMMATICO

“Occorre siglare un patto per dare un’anima ai processi educativi formali ed informali, i quali non possono ignorare che tutto nel mondo è intimamente connesso ed è necessario trovare – secondo una sana antropologia – altri modi di intendere l’economia, la politica, la crescita e il progresso. In un percorso di ecologia integrale, viene messo al centro il valore proprio di ogni creatura, in relazione con le persone e con la realtà che la circonda, e si propone uno stile di vita che respinga la cultura dello scarto”.

Messaggio del Santo Padre Francesco per il lancio del Patto Educativo (Dal Vaticano, 12 settembre 2019)

UN CANTIERE CHE SI APRE:

Il cantiere è aperto, adesso i diversi uffici pastorali, le realtà religiose, i gruppi i movimenti e le associazioni lavoreranno insieme, “in uno stile sinodale”, per leggere il territorio, interpretarne richieste e bisogni e offrire risposte concrete per contrastare la povertà educativa che in diverse aree del territorio della nostra Diocesi raggiunge livelli preoccupanti. Questo, in sintesi, il senso dell’incontro dello scorso 12 novembre nel Piccolo Teatro don Orione di Palermo. Significativi gli interventi di Domenico Luvarà, padre Mimmo Napoli e Francesco Di Giovanni, significativo e carico di impegni per il prossimo futuro l’intervento conclusivo del nostro Arcivescovo: «Abbiamo davanti a noi la sfida – che è un impegno costante – di guardare a tutto il nostro territorio con la consapevolezza che all’interno di esso ci sono vite, le vite degli uomini e delle donne, e ci sono fronti di impegno come quello rappresentato dalla povertà educativa. Oggi noi stiamo lavorando sulla cura, sulla progettazione e sul coinvolgimento di tutte quelle realtà e di tutti quei soggetti che daranno vita a un vero e proprio “progetto educativo”: sono coinvolti non soltanto gli uffici di pastorale ma tante altre realtà presenti nel nostro territorio, come il Centro Tau, i gruppi di Danisinni, i Salesiani, gli scout. Intervenire per contrastate la povertà educativa significa non solo operare a favore dei ragazzi che spesso non hanno accesso alla scolarizzazione ma anche a sostegno di coloro che, dopo un diploma professionale, faticano a inserirsi nel mondo del lavoro, nel tessuto produttivo. Oggi disegniamo un’alleanza educativa che coinvolga tutti con la visione di una realtà umana che vogliamo abbracciare nella sua interezza; in tal senso la Chiesa ha un ruolo preciso, con radici profonde (penso all’opera di ricostruzione avviata a Palermo dopo il secondo conflitto mondiale, un’opera che porta il nome del cardinale Ruffini), il ruolo di chi sceglie di servire tutti a iniziare dai più piccoli, dai più deboli».

   

Il tema della povertà educativa è necessario che assuma centralità nelle nostre programmazioni e nei percorsi di promozione umana ed evangelizzazione.

Serve una progettazione che parta dalle comunità, che riconosca dignità ai territori offrendo spazi di progettazione “gentile” dunque aperta a tutti, ed insieme “mite”, dato che nessuno ha la risposta a tutti i problemi e difficoltà.

Un percorso “popolare” che attiri e renda partecipi i giovani, le famiglie, le donne, gli operatori pastorali. Che sia rivolto al tempo stesso ai giovani in formazione, i professionisti dei percorsi educativi e ai genitori delle nostre comunità.

È un percorso necessario, educativo e allo stesso tempo di liberazione. Occorre tutti insieme occupare i territori, renderli fruttuosi, creando comunità e contrastando con l’attività quotidiana tutte quelle esperienze che tolgono la speranza. Contrastare la povertà educativa significa contrastare la mafia e la criminalità presente nei territori della nostra terra.

Occorre richiamare tutti, anche le istituzioni pubbliche, con il loro ruolo in questo dinamismo che costruisce legami e dunque costruisce comunità, appartenenza, genera servizi migliori per i giovani.

Occorre formare operatori pastorali di prossimità capaci di ricercare il bene comune e che valorizzano la relazione, il legame con il territorio, la co-progettazione, la mediazione sociale, la capacità di attivazione, la reciprocità responsabile.

Il Beato Giuseppe Puglisi è il testimone più significativo di questo approccio e di questo metodo educativo. Con il suo lavoro quotidiano nel territorio e nella comunità ci ha indicato la strada da seguire con determinazione e senza paure.

Verrà attivato un Servizio di supporto alle parrocchie e alle associazioni ecclesiali sui temi educativi con un pronto intervento educativo al fine di individuare le risorse necessarie, e un percorso di formazione per permettere alle parrocchie e alle associazioni, singole o associate di leggere i territori, programmare e svolgere al meglio la predisposizione di patti educativi e promuovere concreti percorsi di liberazione.

Il gruppo di lavoro per l’elaborazione della proposta e di coordinamento per le attività connesse  è stato composto dagli Uffici Pastorali: Caritas Diocesana, Pastorale Sociale e del Lavoro, Pastorale Universitaria, Pastorale Giovanile e dai referenti dell’Ispettoria Salesiana Sicula, della Congregazione della Piccola Opera della Divina Provvidenza (Opera don Orione), della Congregazione dei Poveri Servi della Divina Provvidenza (Opera don Calabria), dell‘Ordine dei Frati Minori Cappuccini della Provincia di Palermo e dell’Associazione Inventare Insieme, e dal Centro Arrupe della Compagnia di Gesù in Sicilia.

   

DAL DOCUMENTO PROGRAMMATICO:

Il cammino sinodale diocesano si snoda all’interno di un contesto storico segnato da cambiamenti epocali della società e da un passaggio cruciale della vita della Chiesa, che non è possibile ignorare: è nelle pieghe della complessità di questo contesto, nelle sue tensioni e contraddizioni, che siamo chiamati a «scrutare i segni dei tempi ed interpretarli alla luce del Vangelo» (GS, n. 4).

All’interno di questo percorso comunitario e di ascolto della scrittura e delle storie vive delle persone appare significativo attivare laboratori di lavoro sui temi dell’educazione e del supporto comunitario alle persone, ai percorsi e ai patti educativi.

Generare vocazioni educative e sostenere la fatica di crescere delle nuove generazioni ci deve portare a costruire una vera comunità educante. Parlare di comunità educante non significa certo soltanto demandare alla comunità la responsabilità di educare, ma piuttosto riconoscere che vi è una responsabilità diffusa verso le giovani generazioni e che tale responsabilità viene assunta dalla forza e dalla qualità dei legami che tengono insieme una comunità.

Parlare di comunità educante non significa delegare l’educazione, ma piuttosto significa fare riferimento a tutti i soggetti che sono parte di un contesto umano e ai legami che possono stabilirsi tra di loro. Legami che non sono necessariamente spontanei, ma scelti, voluti, costruiti con pazienza, senza deleghe, in modo che ciascuno resti sé stesso, facendo la sua parte, cercando e offrendo maggiore forza attraverso le relazioni che stabilisce.

Occorre sottoscrivere un nuovo e forte patto educativo nella nostra comunità, nei nostri territori.

È possibile dar vita ad un’alleanza tra diversi soggetti, tale che li coinvolga insieme nel ridare valore all’educazione, perché si superi l’attuale crisi e non si lascino sole le nuove generazioni nella fatica di crescere.

Occorre, oltre che affermazioni di principio, passare anche ad una operatività concreta e ad una presa in carico delle bambine e dei bambini, dei ragazzi e delle famiglie della nostra diocesi.

La necessità di uscire dalla propria autoreferenzialità, cercando alleanze, riguarda tutti noi e riguarda soprattutto la nostra capacità di essere profeti e operatori di carità.