Carissime, Carissimi,
Vorrei proporvi per questo tempo di Avvento, che apre il nuovo anno liturgico, la bella e sempre attuale figura del profeta Daniele.
Daniele ha saputo testimoniare la sua fede, con audacia, fortezza e spirito di intelligenza, in un tempo e in una situazione certo non facile per lui e per il suo popolo deportato tra i pagani e assoggettato da un imperatore straniero.
La sua coerenza di fede e la sua capacità di discernimento dei segni dei tempi, lo rendono capace di letture profonde della storia e di grandi visioni. Attraverso l’interpretazione dei sogni – in particolare quelli che turbavano i giorni di Dario dei Medi e dei Persiani, re di quell’immenso impero che si estendeva dal Mare Arabico al Mar Nero, da Tebe a Samarcanda -, è sentinella della precarietà di ogni potere umano e di ogni dominio dell’uomo sull’uomo, testimone della libertà e del coraggio generati dalla fede in Dio Signore e Salvatore dell’intera storia umana.
Daniele attira per la sua incrollabile fede nella prova. Egli, anche nella fossa dei leoni, percepisce la presenza e la vicinanza del Dio che, grazie ai suoi silenti e discreti amici angeli, chiude e rende innocue le fauci voraginose delle fiere.
Egli loda e serve Dio anche nell’incomprensione e nella persecuzione, suscitando in Dario, re pagano, la stima umana e il rispetto del suo credo, tanto da affermare che il Dio di Daniele è «il Dio vivente, che rimane in eterno; il suo regno non sarà mai distrutto e il suo potere non avrà mai fine» (Dn 6,27), e a diramare una ‘bella notizia’ che anche oggi vorremo risuonasse nella ‘Casa comune’: «A tutti i popoli, nazioni e lingue, che abitano tutta la terra: “Abbondi la vostra pace”» (Dn 6,26).
Il profeta Daniele ci aiuta a vivere l’Avvento come un tempo opportuno per rinsaldare la fede, alzare lo sguardo e rivolgersi a Colui che viene per liberare, sopraggiunge per aprire cammini di pace, domina nella mitezza, presiede servendo, giudica con misericordia, salva dalla morte.
Apriamoci all’irruzione di «Colui che è, che era e che viene» (Ap 1,4), che «verrà e non tarderà» (Eb 10,37), il Signore Gesù, il Vivente, l’Emmanuele che abita tra noi e con noi. Concentriamo la nostra fiducia in Dio che continua ad essere il Veniente nel suo Figlio fattosi carne, morto, risorto e asceso al cielo; a venire nella nostra condizione umana, a ritornare nella nostra realtà terrena; a camminare insieme a noi e a percorrere le nostre strade. Fedele alle sue promesse: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28, 20), fino a quando si realizzerà definitivamente la sua promessa: «Ritornerò» (Gv 14,3), e sarà definitiva «la sua manifestazione e il suo regno» (2Tm 4,1).
Dalla preziosa fonte della liturgia della Chiesa, l’Avvento ci è dato per riorganizzare il desiderio e l’attesa e per invocare la venuta del Signore Gesù. Anche quando il cielo sembra chiuso e la Terra sprofondare. «Confesso – scrive san Bernardo nei Discorsi sul Cantico dei cantici – che il Verbo mi ha visitato più volte. Benché sia spesso entrato in me, non l’ho mai sentito entrare. Ho sentito che era là, mi ricordo della sua presenza. Ma da dove sia venuto nella mia anima, o dove sia andato nel lasciarla, da dove sia entrato e uscito, confesso che oggi ancora lo ignoro. È solo grazie ai moti del mio cuore che mi sono reso conto della sua presenza. Finché vivrò, non cesserò di invocare, per richiamare in me il Verbo: “Ritorna!” (Ct 2,17). E ogni volta che se ne andrà, ripeterò questa invocazione, con il cuore ardente di desiderio».
Egli è venuto. Viene. Verrà. Giunge sempre nelle nostre stesse sembianze, avendo assunto una volta per sempre la condizione umana. Avendo percorso le nostre stesse vie, Egli che è la Via. Avendo assunto la nostra vita terrena, Egli che è la Vita. Egli che ci riconosce sempre e chiede di essere riconosciuto come Verità quando, stando alla porta, bussa e domanda di essere accolto (cfr Gv 14,6; Ap 3,20).
Per questo ci viene chiesto di essere vigilanti, di non farci appesantire gli occhi del cuore, di rimanere desti, sobri (cfr Lc 21,34). Pronti a saper discernere i segni e i volti della sua venuta nell’oggi della storia, fino alla pienezza dei tempi e della sua manifestazione definitiva nella gloria. I segni sacramentali della sua presenza – le Scritture, i Sacramenti della Chiesa, la fraternità discepolare – e i volti di quanti ogni giorno, nonostante il peso loro imposto da cuori bramosi ed induriti, continuano ad alzare la testa, per non essere travolti dalle acque del male, e lo sguardo verso l’alto, perché i cieli «facciano piovere la giustizia, si apra la terra e produca la salvezza e germogli insieme la giustizia» (Is 45,8). Dolore, morte, fame, guerre, sfruttamento, oppressione dei poveri, violenza sui piccoli e sulle donne, discriminazioni, nazionalismi, respingimenti, indifferenza, prevaricazione – non dimentichiamolo -, attirano e concentrano la presenza e l’intervento di Dio, la sua tenerezza viscerale e la sua prossimità salvifica e liberatrice. L’Avvento porta sempre con sé l’eco delle parole di Gesù sul ritorno del Figlio dell’uomo: «Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40).
Etty Hillesum in un tempo drammatico della sua vita e catastrofico per l’intera Europa, con audace tranquillità, annotava: «L’unica cosa che possiamo salvare di questi tempi, e anche l’unica che veramente conti, è un piccolo pezzo di Te in noi stessi, mio Dio, e forse possiamo anche contribuire a disseppellirti dai cuori devastati di altri uomini».
In questo Avvento ci viene dato di essere ancor più Chiesa sinodale, in cammino fraterno, insieme, uniti, incontro al Signore che viene ancora a convocarci e ad inviarci ad ogni uomo e ad ogni donna che incontriamo nel comune cammino verso il compimento del Regno, perché abbondi la vita e la pace anche in questo nostro tempo. Perché anche questo nostro tempo, nonostante tutto, conosca la speranza.
Buon Avvento a voi, carissimi Presbiteri e Diaconi, primi animatori del volto sinodale della Chiesa. Buon Avvento a tutte le Comunità parrocchiali e religiose, e a tutte le Aggregazioni laicali della nostra Arcidiocesi.
Vi auguro l’audacia profetica di Daniele, una fede che anima e organizza la speranza insieme a quanti e a quante vogliono contribuire a fare della Terra non una landa deserta di ululati solitari (cfr Dt 32,10) ma un giardino rigoglioso di fraternità. Fino al ritorno del Signore Gesù.
Maràn athà. Vieni, Signore Gesù!
Palermo, 28 novembre 2021
I Domenica di Avvento