“Liberi di scegliere se migrare o restare”: Messaggio del Papa per la 109^ Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato: 24 settembre 2023

A cura dell’Ufficio diocesano per la Pastorale delle Migrazioni, domenica 24 settembre alle 11.00 una Celebrazione Eucaristica presso la parrocchia di San Nicolò da Tolentino / “A due a due…”, testimonianze dei migranti in alcune parrocchie dell’Arcidiocesi

A cura dell’Ufficio diocesano per la Pastorale delle Migrazioni.

Dice il Papa: la libertà dovrebbe sempre contraddistinguere la scelta di lasciare la propria terra, riprendendo il titolo – liberi di partire, liberi di restare – di una iniziativa di solidarietà promossa qualche anno fa dalla Conferenza Episcopale Italiana. La migrazione è un diritto doppio: diritto a non emigrare e diritto a emigrare. Il mondo non ha ancora preso coscienza che la migrazione è un diritto umano.

Anche oggi la migrazione è negata. Non è libera. Conflitti, disastri naturali o la povertà costringono milioni di persone a partire.

Cosa possiamo e dobbiamo fare: innanzitutto costruire condizioni concrete di pace salvaguardando in questo modo il diritto a non emigrare.

Poi l’impegno comune di tutti, ciascuno secondo le proprie responsabilità. Un impegno che comincia col chiederci che cosa possiamo fare, ma anche cosa dobbiamo smettere di fare: corsa agli armamenti, colonialismo economico, razzia delle risorse altrui, devastazione della nostra casa comune.

Ed infine garantire a tutti un’equa partecipazione al bene comune, il rispetto dei diritti fondamentali e l’accesso allo sviluppo umano integrale.

E’ anche un auspicio per vivere in realtà e verità il prossimo Giubileo del 2025 ricordando che durale il “giubileo ciascuno tornerà nella sua proprietà” (Lv 25,13).

Per i cristiani, poi, le parole evangeliche di Matteo, 25 suonano come monito costante a riconoscere nel migrante non solo un fratello o una sorella in difficoltà, ma Cristo stesso che bussa alla nostra porta.

Nella concretezza della responsabilità, Papa Francesco chiede di rendere le nostre comunità sempre più inclusive; comunità pronte ad accogliere, proteggere, promuovere ed integrare.

In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due (Mc 7,7-13) 

 

Vida Kyei Mensah, proveniente dal Ghana e Merina Jestin dello Sri Lanka, Veronica dell’Eritrea e George del Ghana, Claudia Rodrigo delle Filippine e Nathushan Sagikiran dello Sri Lanka, Danistan Johnson e Jugin Anton Don Basco dello Sri Lanka, a due a due, come testimoni, si recheranno rispettivamente presso le parrocchie di San Giovanni Bosco, Maria SS Mediatrice, Maria SS Immacolata in Montegrappa e Sacra Famiglia.

Una testimonianza che sgorga dall’abbondanza del cuore e dal bisogno di condividere le «ricchezze» che hanno ricevuto.

“Se fossi stato tu a quel posto che avresti fatto? Sono nata e cresciuta dove c’era la guerra, da ragazza non riuscivo a sognare perché nel mio futuro non vedevo nulla di bene e tutto era vuoto e buio. Molte volte mi sembrava che la morte mi stesse aspettando. La mia domanda sempre a Dio era perché proprio a noi, perché le persone devono uccidere per avere la terra degli altri? […] Non dobbiamo vedere la razza ed il colore della persona ma il cuore per vivere in pace e liberi di scegliere dove vogliamo vivere. Amandoci l’un l’altro”.

“Lasciare la famiglia e il mio paese era così pesante e doloroso. All’inizio era tutto difficile per me per via della lingua che non conoscevo il cibo era tutto nuovo per me, e anche la cultura […] Ho iniziato a lavorare come badante con un’anziana che giusto giusto parlava in dialetto e quindi per me una doppia fatica di comprendere. Alla fine ho trovato una Famiglia che parlavano l’inglese e da questa famiglia ho cominciato a conoscere la lingua perché c’erano I figli che mi insegnavano a imparare la lingua italiana. Perché la lingua è uno strumento che può facilitare la convivenza. Già dall’ora la chiesa di Palermo faceva già una cosa per gl’immigrati. Davano lezioni gratis per chi volesse imparare la lingua italiana c’erano già i volontari che erano disposti a fare lezioni gratis […] La vita si migliorava anche perché ho conosciuto il mio futuro marito anche lui è un filippino, ma eravamo ancora non in regola e quindi non potevamo sposare nè portare il nostro figlio all’asilo nè affittare una casa per noi. Vivevamo con I nostri parenti. Non avevamo altra scelta, abbiamo deciso di portare e lasciare il nostro figlio in filippine con I miei genitori, un’altra volta decisione dolorosa. Come una madre mi spezzava il cuore quando ho lasciato li mio figlio […] Nel 1996 grazie a Dio abbiamo ottenuto il nostro Permesso di soggiorno la prima cosa che abbiamo fatto era di andare in filippine per riprendere il nostro figlio e sposarsi in chiesa. Ora ho due figli un maschio e una femmina, siamo cittadini italiani. Loro hanno finito gli studi, laureati e lavorano all’estero. Ringrazio il Signore per l’amore che ci ha guidati nella via giusta, per le persone che nel nostro cammino abbiamo incontrato, ringraziamo gli italiani che ci hanno fatto avere le opportunità, accoglienza e generosità. Grazie e Dio ci benedica”.

“[…] Sono venuto qui a Palermo nel 2006, in aereo, assieme a mia madre e mio fratello per ricongiungermi con mio Padre che era qui dal 2000. Tra il 1980 e il 2009 c’è la stata la guerra nel mio paese, noi Tamil contro il governo cingalese. Numerose persone lasciarono il paese per avere la possibilità di non essere uccisi e di una vita migliore. Tra questi ci siamo noi e mio padre. Appena arrivato è stato difficile il primo impatto, non sapevo la lingua e non c’erano persone che mi potevano aiutare, ho iniziato subito con la prima elementare, ho imparato la lingua e ho proseguito con gli studi fino ad arrivare all’università. Attualmente lavoro e frequento la facoltà di ingegneria informatica. Posso dire di sentirmi anche italiano”.

“[…] Ho 23 anni. Vengo dallo Srilanka. Sono un ingegnere informatico e continuo il mio percorso di studio presso Università di Palermo. Ero arrivata a Palermo quando avevo 10 anni. Perchè mio padre era qui già da quando avevo un anno a causa della guerra e di conseguenza per problemi di lavoro. Ho avuto tanta difficoltà ad abituarmi per la lingua e per la cultura. Ma i maestri e i professori a scuola mi hanno aiutato molto per imparare la lingua, in particolare Padre Victor Oblato mi è stato di grande supporto per imparare la lingua italiana e per scelte di studio. Arrivare in Italia non è stata una mia scelta, ho dovuto seguire la scelta dei miei genitori. Ma non penso che rimanendo in Srilanka sarei riuscita a finire il mio percorso di studio, non sarei diventato un ingegnere. Italia è stata molto accogliente nei miei confronti e ancora lo è. Anche se emigrare è stato una scelta dei miei genitori adesso rimanere è la mia scelta. “Liberi di scegliere se emigrare o restare”.

Sono testimonianze di persone diverse, con storie di vita diverse, con una esperienza migratoria a volte pesante e dolorosa ma che hanno portato a termine il loro progetto grazie all’accoglienza ed alla protezione delle comunità in cui hanno vissuto. Solo questo può fare la differenza. Trovare anche nella chiesa concreta condizioni favorevoli in cui viene data dignità di fratelli a persone che vivono l’estraneità e le difficoltà dell’inserimento, rappresenta un fattore di protezione e di promozione umana la cui ricchezza è impareggiabile. L’Ufficio Migrantes di Palermo, rispondendo al mandato del nostro Vescovo, assieme all’associazione Arcobaleno di Popoli, voluta e fondata dal caro compianto Padre Sergio Natoli, ha sempre cercato di vivere questa meravigliosa realtà di fraternità e di vera cattolicità.

Di fronte ai grandi e gravi problemi delle migrazioni di oggi, ai loro numeri, alle risposte spesso inadeguate degli Stati nazionali ed anche dell’Europa, saremmo tentati di scoraggiarci e di non avere la forza di reagire da cristiani, perdendo così la grande ricchezza di vita e di fede che queste meravigliose persone portano con loro. Ma possiamo e dobbiamo accoglierli, proteggerli, promuoverli ed integrarli. Questo possiamo e dobbiamo farlo. Dipende solo da noi. E poi dobbiamo testimoniarlo per dare una rappresentazione reale/diversa del fenomeno rispetto a quella prevalente che vede nei migranti la causa dei mali della nostra società.