(di Anna cane / GDS – photo A. Fucarini) In un dialogo fra arte e fede, la creatività artistica moderna si sposa con l’iconografia sacra. È quanto è stato sperimentato, in via Maqueda, a Palermo, all’interno della chiesa della Madonna della Mazza, così chiamata per la statua di Maria che impugna una piccola clava contro il Male, restituita alla città dopo 40 anni di abbandono. Lo scorso giugno, dopo i lavori di messa in sicurezza e pulizia dei locali, la chiesa è stata riaperta al pubblico. E oltre alla bellezza dell’originale quadreria, con il Giudizio Universale del manierista Filippo Paladino e diverse rappresentazioni di Santi – San Giuseppe, San Girolamo, Sant’Antonio, la Concezione e la Trasfigurazione attribuiti allo Zoppo di Gangi, al Battistello e alla scuola di Caravaggio, tutte opere che sono state recuperate – chi entra all’interno della chiesa, gioiello artistico del 1600, viene rapito ora anche da due pale, accolte dalle due cappelle laterali all’altare principale, realizzate dall’artista di origini rumene Adrian Ghenie.
Si tratta di due interpretazioni contemporanee del concetto di martirio. Quello di padre Pino Puglisi, rappresentato di spalle ad un sicario che tiene in mano una pistola, e quello dei prigionieri cristiani dello Stato Islamico, presenti ancora oggi in Medio Oriente. Attraverso queste opere, la Chiesa dialoga con il mondo laico e trova nuovi strumenti per evangelizzare la cultura del nostro tempo.
E ad ammirare le opere e a leggervi dentro i messaggi dell’autore, ieri c’era anche l’arcivescovo Corrado Lorefice, che nella chiesa della Madonna della Mazza ha celebrato i Vespri. Rigorosamente in lingua latina perché, seduti tra i banchi a recitare la preghiera del tramonto c’erano anche molti artisti provenienti da diversi Paesi d’Europa, come Thaddaeus Ropac, gallerista austriaco specializzato in arte contemporanea internazionale. Artisti, galleristi e collezionisti sono stati coinvolti dalla Fondazione «Ghenie Chapels. Mecenatismo per l’arte», presieduta da Alessandra Borghese e dal direttore dei Beni culturali dell’Arcidiocesi, padre Giuseppe Bucaro.
«La lettura contemporanea di un tema molto presente nell’iconografia sacra – dice padre Bucaro – è non solo ponte tra antico e moderno, ma anche interpretazione molto forte dell’oggi. Ho molto apprezzato la scelta di Adrian Ghenie di sottolineare il momento dell’omicidio di padre Puglisi con il sicario che non riesce a guardarlo in viso: la mafia ha già perso per quella modalità». Obiettivo della Fondazione, oltre a mantenere e valorizzare il patrimonio artistico delle Ghenie Chapels e della chiesa, è quello di costruire bellezza, creando e promuovendo iniziative di scambio culturale. L’idea è quella di organizzare stage formativi di arte sacra con artisti internazionali di grande fama ed esperienza e dare la possibilità a tanti giovani di esprimere la propria creatività e spiritualità e metterla a servizio della città. Perché come spiega monsignor Corrado Lorefice, «attraverso l’arte si può raggiungere la più alta dimensione dell’essere umano che è quella spirituale».
«È un’opportunità per tutti poter usufruire di un gioiello così prezioso come la chiesa della Mazza – continua Lorefice – e il binomio di arte sacra moderna oggi ci porta tutti qui. Le opere di Ghenie che qui vengono ospitate sono per noi un’occasione per poter rilanciare il messaggio sacro con una cultura che inizialmente sembra distante dalla dimensione spirituale ma non lo è. La Chiesa esiste perché altri possano avere la gioia di percepire un Dio non assente ma presente, compagno degli uomini e se questo può accadere facilmente con l’arte e la bellezza. In verità queste sono sempre la voce dello spirito che è in ciascuno di noi. Per questo penso che giovani, cultura e spiritualità sono termini che oggi devono stare insieme, così facendo si riuscirà ad abbellire e migliorare la vita delle nuove generazioni».