Come ogni anno, il 6 gennaio la Cattedrale di Palermo è stata la “casa di tutti i popoli” che ha accolto uomini, donne e bambini provenienti dai 5 continenti ma che vivono in città: i bambini, in particolare, sono stati i protagonisti della Celebrazione Eucaristica presieduta dall’Arcivescovo Mons. Corrado Lorefice e introdotta da una processione colorata che dal sagrato ha raggiunto l’altare. La presenza di molti sacerdoti, consacrati e consacrate provenienti da altre parti del mondo e che sono al servizio di tante realtà della Chiesa di Palermo, ha arricchito la celebrazione. La liturgia, a cura dell’Ufficio diocesano per la Pastorale delle Migrazioni, è stata animata dalle comunità etniche mauriziana, nigeriana, ghanese, ivoriana, filippina e tamil e dalla corale interculturale “Arcobaleno di popoli”.
Epifania del Signore Eucaristia dei popoli
Chiesa Cattedrale, 6 gennaio 2025
Omelia Arcivescovo di Palermo Mons. Corrado Lorefice
«Palpiterà e si dilaterà il tuo cuore» (Is 60,5): proclama Isaia nell’oracolo della prima Lettura. L’Epifania è la festa che dilata i cuori.
La tenera, delicata e fragile ‘umanità’ del Neonato Gesù, deposto nella mangiatoia di Betlemme – riconosciuta, visitata e venerata dai pastori all’addiaccio nei dintorni e dai Magi venuti dall’Oriente guidati dalle stelle –, dilata i nostri cuori e li predispone all’«epifania», alla manifestazione (epifàneia) di Dio nel suo Verbo fattosi carne, all’incontro con la Luce divenuta raggio che interseca la Terra avvolta dalla notte.
Un Bimbo che si fa prossimo a tutti. Un Piccolo per tutti. Per tutti i popoli. Per i ricercatori di Dio di ogni tempo. Vicini e lontani. Nessuno è totalmente lontano. Ciascuno di noi è contemporaneamente un vicino e un lontano. Ma tutti chiamati ad essere vicini. I Magi dicono la nostra comune provenienza: anche noi come loro siamo i lontani e gli stranieri divenuti vicini. Vicini lo siamo tutti, per pura grazia.
Anche quest’anno la nostra chiesa Cattedrale arabo-bizantino-normanna, nella Solennità dell’Epifania del Signore, si è trasformata in “casa di tutti i popoli”. Apparteniamo a genti e culture dei cinque continenti, eppure siamo qui un’unica cosa: siamo l’unico popolo di Dio e l’unico Corpo di Cristo, pur conservando la diversità dei tratti somatici, delle lingue, delle tradizioni, delle storie, delle culture, degli abiti. Noi tutti, come i Magi di cui ci parla il Vangelo, eravamo stranieri, non appartenenti al popolo ebraico da cui questo Bambino proviene. Tutti noi, dalla lontananza siamo stati chiamati alla grazia della lieta notizia risuonata a Betlemme: «Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore» (Lc 2,10-11). Egli si è manifestato anche a noi: «Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo» (Gv 1,9). Di questo ora – con la stessa «gioia grandissima» (Mt 2,10) che provarono i Magi – facciamo memoria. Oggi qui si manifesta anche, in tutta la sua bellezza, ciò che la Chiesa è: segno della chiamata di tutti i popoli – raggiunti dalla Luce vera – a formare un’unica cosa, l’unica famiglia umana radunata nella convivialità e nella pace. Ricordate gli occhi luminosi di p. Sergio Natoli in questo giorno?
Nei pastori e nei magi oggi ci viene ribadito che gli uomini e le donne di ogni tempo – anche di questa generazione, come delle generazioni future – portiamo dentro un’insopprimibile istanza a «conoscere il mistero» (Ef 3,3). A tutti Dio vuole rivelare la luce del suo volto. Tutti lo possiamo conoscere e incontrare. Nel Bambino di Betlemme si concentrano il desiderio e la ricerca più profondi dell’umanità.
Riconoscere, custodire, onorare, prendersi cura dei bambini – a cominciare dai bambini e dalle bambine che nei loro variopinti costumi stanno rallegrando questa Eucaristia – è il segno che i nostri cuori sono abitati e dilatati dal Dio che si è manifestato come Dio-con-noi nel Bambino visitato dai pastori e dai Magi. In questo Bambino e in tutti i bambini e le bambine del mondo che si stringono attorno a Lui, Dio è con noi, fa esplodere la vita e convoca l’umana famiglia all’unità e a un futuro di pace e di felicità.
Dio-con-noi uomini, fa esplodere la vita, il bene, la gioia, la pace. Come in Cielo, così in Terra. Se gli uomini e le donne non vengono raggiunti da questa bella notizia – l’Epifania dell’Emmanuele, del Dio-con-noi ‘com-promesso’ nella vicenda umana con una ‘promessa’ di pienezza di vita – si inaspriscono e diventano avidi di potere. In preda al narcisismo, cadono nello sconforto – «Il re Erode rimase turbato (etarákte)» (Mt 2,3) –, si fanno concorrenza tra loro, pianificano fatali alleanze e perverse strategie, rimpinguano i loro arsenali e armano le loro mani.
Da che mondo e mondo, i potenti tremano. Reagiscono spargendo terrore. Sono predatori. Guerrafondai. Devastatori. Omicidi. Non riconoscono le mamme e i bambini. Eliminano i piccoli e i deboli. Comandano infanticidi. Ieri come oggi. A Betlemme come a Palermo dove gli uomini d’onore, con le loro strutture perverse di potere, hanno ucciso bambini, persino nel grembo delle loro madri; papà meravigliosi, politici e amministratori indefettibili come Piersanti Mattarella. Quante vittime innocenti, oggi come ieri.
Popolarmente i Magi vengono chiamati anche “Re Magi”. Re compassionevoli, capi autorevoli e sapienti, capaci di alzare insieme lo sguardo verso il Cielo. Come e con i pastori – gente umile e socialmente emarginata – anche loro seguirono la stella, «videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono» (Mt 2,11). Riconobbero il vero Re destinato alle genti uscito da Betlemme (cfr Mt 2,6), il Cristo-Messia presente nella fragilità di quel Bambino e nei piccoli di ogni tempo. I veri regnanti, le guide autentiche del popolo, sono aperti ai bambini, alla vita, al Mistero, a Dio. Non si sostituiscono a Dio. Servono l’uomo e Dio. Servono, non dominano.
Chi non riconosce i bambini e li elimina, soprattutto con le nefaste armi di sterminio utilizzate nelle insensate guerre che sono sotto i nostri occhi, è un usurpatore, un tiranno. Un blasfemo. Non riconoscere i bambini ed eliminarli è del tutto disumano. È un sacrilegio, oltre che pura follia e orribile delitto. È frutto dell’autolatria e della vertigine del potere. È rifiuto di Dio. Pura bestemmia. Micidiale atrofia del cuore. Come scrive C. Bobin, «colui di cui non accolgo più il volto – e per accoglierlo bisogna che io lavi il mio volto da qualsiasi residuo di potenza – quello io lo svuoto della sua umanità e me ne svuoto io stesso» (C. Bobin, L’uomo che cammina).
Dio-con-noi è il Bambino nato dalla Vergine Madre (cfr Mt 1,23). Il Bambino che Erode vuole eliminare, per farsi lui dio. In quel Bambino di Betlemme e nei bambini di quella regione, Erode vuole eliminare Dio per sostituirsi a Dio. Ogni Erode uccide per conservare il potere. Il primo Erode (il Grande) ordina la strage di innocenti, il secondo (Erode Antipa), elimina il Battista e, diventato amico di Pilato, pianifica l’uccisione dell’Innocente che regna senza esercito.
Siamo qui – carissime, carissimi – pieni di gioia, per riconoscere il ‘potere’ del Bambino di Betlemme, il ‘potere’ dell’unico Dio che si rivela agli umili e ai sapienti e che si cela ai ‘nani’ di mente e di cuore.
È questo l’inerme Re-Bambino che vuole regnare nella nostra vita. Con lui, nostro amabile Capo, «fiorirà la giustizia e abbonderà la pace. […]. Egli libererà il misero che invoca e il povero che non trova aiuto, avrà pietà del debole e del povero e salverà la vita dei suoi miseri» (Sal 71,7.12-13). È la bella e gioiosa notizia che risuona in questo giorno dell’Epifania del Signore. Giustizia, pace; liberazione del misero, del povero e del debole; aiuto, salvezza: le parole disarmate di Dio che dilatano il cuore dell’uomo e lo consacrano al servizio di un mondo a misura di bambino.
Un mondo casa di fraternità e casa della pace, dove i bambini di tutti i continenti vengono amati da “cuori allargati”. I bambini della Terra Santa – che i violenti vogliono trasformare in terra di divisione, di odio e di crudeltà – e dell’Ucraina, del Nord Kivu (Congo) e del Myanmar. I multicolori meravigliosi bambini di Palermo. I bambini di Brancaccio, della Brancaccio del Beato martire don Pino Puglisi, che hanno bisogno di particolare cura, di ‘asilo’, oltre che di un Asilo. Un mondo finalmente progettato come ‘Casa comune’, privo di periferie continentali, urbane ed esistenziali perimetrate dagli Erodi di turno, da detentori di potere dal cuore atrofizzato.
L’Epifania del Signore Gesù allarghi il nostro sguardo. Prostrati, apriamo a Lui lo scrigno del nostro cuore dilatato. Faccia risplendere la sua Luce e diradi le tenebre dell’odio, della violenza e della guerra là dove in queste ore tanti innocenti soffrono. Ci faccia percorrere, come fecero i Magi, «un’altra strada» (Mt 2,12), l’unica da percorre, insieme, speditamente, con costanza e speranza: la via della pace. Per un mondo popolato e rallegrato dai bambini.
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