Ringraziamo medici, infermieri e personale sanitario con un incontro interreligioso per ricordarci che prima di ogni cosa siamo tutti cittadini della casa comune di questa Terra, così come ci ricorda anche Papa Francesco; credo che tutte le religioni, oggi più che mai, debbano offrire questo messaggio preciso insieme all’auspicio di tornare a guardarci nel volto e riconoscere nel volto dell’altro un fratello e una sorella».
Così l’Arcivescovo di Palermo, Mons. Corrado Lorefice, intervenendo alla seconda “Giornata nazionale del personale sanitario, sociosanitario, socioassistenziale e del volontariato”, che si è celebrata in ricordo dei medici e di tutti gli operatori della sanità vittime del Covid nella Chiesa della Madonna delle Lacrime dell’Ospedale Buccheri La Ferla. Insieme all’Arcivescovo, i rappresentanti delle comunità religiose presenti a Palermo, rappresentanti delle istituzioni e delle diverse realtà sanitarie. «Abbiamo il dovere di dire grazie e di ricordare tutti coloro che hanno perso la loro vita per salvarne altre nel corso di un’emergenza pandemica senza precedenti”, ha sottolineato il presidente dell’Omceo Toti Amato, membro del direttivo nazionale della Fnomceo.
L’incontro, promosso dall’Ordine dei Medici, dall’Ospedale Buccheri La Ferla e dall’Ufficio diocesano per l’Ecumenismo e il Dialogo interreligioso, ha celebrato quella che ormai viene definita “Gionata dei Camici bianchi”, istituita quale solennità civile con la legge 155 del 2020. Non è un caso la scelta del 20 febbraio come data per le celebrazioni: è il giorno in cui l’anestesista Annalisa Malara diagnosticò all’ospedale di Codogno il primo caso di coronavirus in Italia.
«Siamo tutti interpreti – ha proseguito l’Arcivescovo – di un messaggio che viene dalla vita, soprattutto da parte di coloro che, in questi due anni (medici, infermieri e personale sanitario) hanno testimoniato che ci sono tante persone in grado di mettere a disposizione la propria vita per gli altri, a donarla addirittura, anche a costo di perderla, affinché altri abbiamo vita, abbiano salute. E’ il messaggio del servizio come gesto d’amore. Ecco perché abbiamo voluto ricordare, pregando insieme, chi in questi due anni di pandemia ha sacrificato per gli altri la propria vita»