“Offrire Gesù al Padre, per noi e per tutti: è questo il vertice della nostra consacrazione nella Chiesa”: celebrato il Giubileo della Vita Consacrata

In occasione della Festa della Presentazione del Signore, 1 febbraio 2025 / OMELIA ARCIVESCOVO

Presentazione del Signore

Giubileo della vita consacrata

Chiesa Cattedrale – 1 febbraio 2025

Omelia Arcivescovo di Palermo Mons. Corrado Lorefice

In questa Festa della Presentazione del Signore celebriamo Gesù che viene incontro a noi. Per questo il nome antico della festa è quello dell’Incontro. Le Chiese ortodosse chiamano la Festa odierna il Santo Incontro (hypapanté) del Signore. Sì è un incontro e una manifestazione, poiché Maria entra nel Tempio «per manifestare al mondo Colui che ha dato la Legge e la compie», e per accompagnare il Figlio nella sua prima offerta al Padre.

Oggi è Gesù stesso che entra nel tempio di Gerusalemme per visitare il suo popolo, rappresentato da Simeone e Anna. È Gesù che prende l’iniziativa di entrare nel tempio della nostra vita. Entra Signore! Irrompi. Abbatti ogni muro, rovescia i tavoli dell’idolatria collocati anche nei nostri cuori. Il Signore conosce il desiderio più profondo anche se non consapevole che alberga nel cuore degli uomini e delle donne: essere incontrati da lui, di essere visitati da Dio. Ieri me ne sono reso ancor più conto visitando con alcuni Consacrati e Consacrate parte del mercato di Ballarò e i negozi del quartiere, incontrando la gente. Ho incrociato i volti, ho abbracciato, ho benedetto, ho ascoltato la sofferenza e le attese, ho sostato davanti una salma di un ‘marginale’ – nel sopraggiungesse di un Arcivescovo che anima su strada una preghiera di suffragio ho visto la bizzarria di Dio che continua ad essere dalla parte dei poveri – ho sperimentato la gioia e la consolazione che arreca una semplice visita, la generosità del popolo della strada che riconosce l’apostolo: «tu sei il mio, il nostro, vescovo!». Ho compreso che il Signore vuole continuare a visitare attraverso me, attraverso il suo Corpo che è la Chiesa, attraverso voi, Consacrati e Consacrate, quanti da sempre egli ama. Che vuole continuare a colmare il desiderio di incontro, di E-vangelo – soffocato ma incontenibile se appena stimolato – che porta in sé la gente.

In questo oggi dell’Anno Santo, del Giubileo indetto da Papa Francesco, e in questa celebrazione, che attualizza l’evento salvifico dell’ingresso di Gesù nel tempio, egli visita ciascuno di noi per invitarci a una comunicazione più profonda con la sua umanità offerta al Padre. Gesù ci prende, ci avvince, ci pervade, ci attira: è rigenerativo lasciarsi attrarre da lui, lasciarsi trasfigurare nella sua luce e nella sua vita.

Questa celebrazione giubilare ci è data come grazia particolare per compiere un balzo in avanti nel dono di noi stessi al Signore, per accoglierlo, come Simeone e Anna, nella carne degli uomini e delle donne. Per rinnovare la nostra consacrazione battesimale e la nostra prima consacrazione attraverso i Voti dei consigli evangelici: povertà, castità e obbedienza, autentica fonte di gioia, di libertà e di creativa donazione.

Il vertice della nostra consacrazione nella Chiesa secondo il carisma dei nostri Fondatori e delle nostre Fondatrici, è offrire – come Maria e Giuseppe – Gesù al Padre e, in lui, noi stessi; offrirlo per noi e per tutti. Quanto è bello e prezioso servire la Chiesa con questa totalità di offerta! Simeone e Anna sono coloro che ascoltano la Parola, che mettono Dio al primo posto, accogliendo la promessa dello Spirito che assicura loro la visione del Messia, l’incontro con il Cristo. Perseveranti nell’attesa, lo accoglieranno e lo terranno tra le loro braccia e la loro bocca proclamerà un inno di benedizione a Dio. Efrem il Siro, in un Inno, fa cantare i due santi Vegliardi:

Nel Tempio santo Simeone portava il bambino cantando: «Sei venuto, o Compassionevole, hai avuto pietà di questo vegliardo, alle mie ossa tu hai concesso di trovare la pace nello Sheol. Dalle tue mani io sarò elevato fino al cielo dalla mia tomba». Anna abbracciò il bimbo e pose la sua bocca sulle sue labbra e lo Spirito riposò su di esse, e come Isaia, la cui bocca fu muta finché un carbone infuocato non si accostò alle sue labbra e gli sciolse la lingua, anche Anna ardeva per lo Spirito uscito dalla bocca del Cristo. E anche lei si mise a cantare: «Figlio regale e sprezzato, mentre tu taci comprendi, nascosto tu vedi, tenuto all’oscuro tu sai, Dio-uomo, sia gloria al tuo Nome».

Il prolungarsi del tempo della speranza non sminuirà il loro coraggio e la loro fiducia, piuttosto renderà la loro anzianità luminosa e illuminante. È proprio vero quanto scriveva Giovanni Paolo II, nell’Esortazione apostolica Vita Consecrata: «La persona che dalla potenza dello Spirito santo è condotta progressivamente alla piena configurazione a Cristo, riflette in sé un raggio della luce inaccessibile e nel suo peregrinare terreno cammina fino alla fonte inesauribile della luce» (1996, n. 19).

Raggiunti dalla Luce, portatori di luce, erediteremo e contempleremo in eterno la Luce. La processione delle candele, ispirata dal cantico del vecchio Simeone, ci ha fatto riconoscere e confessare che Gesù è la «luce per la rivelazione alle genti e la gloria del popolo d’Israele» (Lc 2,32). Ma per farlo, per riconoscere il Signore e la sua missione di salvezza universale, ci sono necessarie la povertà e l’attesa che furono proprie di Simeone, della profetessa Anna e di tutti i poveri di Israele, che l’evangelista Luca presenta nel vangelo dell’infanzia. Questa Festa ci chiede la piccolezza evangelica e, soprattutto, la fede che l’Autore della Lettera agli Ebrei definisce: «fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono» (Eb 11,1). Stasera gustiamo profondamente, personalmente e comunitariamente, quanto annunzia l’Apostolo Paolo e che il Santo Padre ci ha rilanciato con il Giubileo: «Noi ci vantiamo anche nelle tribolazioni, ben sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza. La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5,3-5).

O Signore, ciascuno e ciascuna di noi oggi è qui per dirti, con le parole dell’Apocalisse, che vogliamo ‘ri-amarti’ con l’«amore di prima», perché oggi, e in particolare attraverso la grazia di questo Anno Giubilare, tu, nella tua misericordia, ci stai ‘ri-chiamando’: «Ravvediti e compi le opere di prima» (Ap 2,4-5).