“Dobbiamo ascoltare per comprendere, agire e così contribuire a realizzare il desiderio di felicità, di giustizia, di pace e di fraternità di ogni cittadina e di ogni cittadino”

L'omelia dell'Arcivescovo per l'Eucaristia di inizio anno con la Casa comunale nell'auditorium San Mattia ai Crociferi / OMELIA

S. Mattia ai Crociferi, Eucaristia di inizio anno con la Casa comunale

29 gennaio 2025

Omelia Arcivescovo di Palermo Mons. Corrado Lorefice

 

Voi sapete che un Vescovo – e, se me lo consentite, particolarmente il Vescovo Corrado – attinge costantemente il senso della sua vita e del suo ministero episcopale nell’Evangelo che annuncia. Nel Vangelo trovo la forza e l’alimento della mia vita: mi provoca, mi scuote, mi giudica, mi indirizza, mi spinge ad agire. È la fonte del discernimento quotidiano sulle mie scelte e azioni, soprattutto rispetto alla responsabilità che mi ha affidato il mandato apostolico.

Questa pagina del Vangelo contiene una sorta di colpo di squillo in quell’«ascoltate» (Mc 4,3) che introduce la similitudine del seminatore. È la questione decisiva di ogni uomo, a maggior ragione di un uomo o di una donna che hanno deciso di essere discepoli di Gesù di Nazareth, che hanno scelto non solo di dire ma di essere cristiani, di Cristo, perché il Vangelo non è un mero sapere ma il sapore di una relazione che condisce di senso l’intera vita.

La postura umana e spirituale di ogni cristiano è, essenzialmente, quella di stare ai piedi del Maestro, ascoltarlo in profondità perché lui è la Parola, il Logos fattosi carne, Colui che sostanzia ogni cosa e la finalizza rispetto al «“progetto” di Dio, o forse meglio [al] “sogno” di Dio per il mondo: il Lógos è il “sogno” eterno di Dio di avere dei figli in un mondo di pace e giustizia, che vivano non solo in comunione tra loro e con il creato, ma partecipino alla stessa vita e comunione con Dio» (Giovani. Introduzione, traduzione e commento, a cura di R. Infante).

Il fondamento di ogni impegno per la costruzione della polis, della città degli uomini e delle donne, risiede qui. La città in sé è già un segno del desiderio che gli uomini e le donne hanno di con-vivere, di essere comunità, di unità nella pace, nella giustizia, nella felicità. Un cristiano costruisce la città come convivenza giusta, pacifica e felice a un duplice titolo: in quanto essere umano che porta dentro quest’attesa e, molto più, perché sospinto dall’intenzionalità che gli deriva dall’essere discepolo in ascolto del Logos fattosi carne, venuto ad abitare da ‘cittadino’ la casa comune.

Ascoltare, andare in profondità, fare discernimento è necessario, urgente. Perché il desiderio umano di convivialità fraterna che portiamo dentro, può essere tradito. Noi uomini siamo soggetti all’indurimento del cuore, e dunque a non ascoltare in profondità, a non vagliare intenzioni e opzioni. Oggi più che mai, rischiamo di scegliere e di agire senza ascolto profondo con il rischio di scelte superficiali, perdendo di vista il progetto, il logos più profondo delle cose, i bisogni più veri e ultimamente dirimenti della Città.

Non si può comprendere senza ascoltare e, dunque, non si può agire, tanto meno si possono portare frutti di vita e di bene, di giustizia e di pace. «Voi non comprendete questa parabola. Come potrete comprendere tutte le parabole?» (Mc 4,13), dice Gesù ai dodici e al gruppo attorno a lui. Anche noi oggi vogliamo essere ascoltatori, uditori attenti, anche se non tutti professiamo la fede cristiana, la fede della Chiesa che mi fa confessare che Gesù è Cristo-Messia, il Logos di Dio fattosi carne, morto, risorto, asceso e veniente a giudicare la storia rispetto all’unica cosa essenziale che è l’amore, l’amore dell’altro come ha amato lui, fino a dare la vita.

La sosta odierna – come cura del nostro spirito –, questo ascolto comunitario, ci guida a una riflessione personale. Questa parola di Gesù che fa parte dell’annunzio del regno di Dio non è solo un sapere da acquisire ma una parola autorevole, sapiente, sulla propria vita, da ascoltare. Questa parola mi può suggerire che sono, che siamo anche noi – il vescovo di questa città per primo! – potenzialmente esposti all’indurimento del cuore, ad essere duri d’orecchi e, quindi, incapaci di portare frutto abbondante per la nostra vita e per la vita della nostra città.  Dunque una parola feconda. Che dà nuove energie. Una parola che semina speranza.

Questa Eucaristia, che ci fa fare memoria dell’Uomo compiuto – perché ha fatto della sua vita un dono per altri – seguendo il quale si diventa più uomini, autenticamente umani (cfr GS 41), è una sosta che ci incoraggia a metterci in cammino. Ad ascoltare per comprendere, ad agire e così contribuire a realizzare il desiderio di felicità, di giustizia, di pace e di fraternità di ogni cittadina e di ogni cittadino. È il desiderio, a volte anche gridato, di questa Città. Ce lo chiede la nostra coscienza, l’impegno che ci siamo assunti come servitori della Città. Ce lo chiede soprattutto nostro essere di Cristo, il nostro essere cristiani, seguaci del Lógos di Dio, sedotti da Colui che è il “sogno” e il progetto eterno di Dio di avere dei figli in un mondo di pace e giustizia.