“Pregando per i nostri fratelli defunti rinsaldiamo la speranza che anche noi saremo partecipi della risurrezione di Gesù e risorgeremo anche noi in Lui, morto e risorto per noi”

Omelia dall’Arcivescovo di Palermo Mons. Corrado Lorefice in occasione della commemorazione dei fedeli defunti (Chiesa di Santo Spirito nel Cimitero di Sant’Orsola, Cappella del Cimitero di Santa Maria dei Rotoli)

Commemorazione dei fedeli defunti

Cimitero di S. Orsola e dei Rotoli, 2 novembre 2024

Omelia Arcivescovo di Palermo Mons. Corrado Lorefice

 

Questa è una giornata di grande preghiera per coloro che hanno lasciato questa vita – specialmente i nostri parenti e amici – e che nella fede chiamiamo i nostri fratelli e sorelle defunti. Da sempre gli uomini hanno sentito il bisogno di far memoria di coloro gli sono stati predati dalla morte. Nel Libro del Siracide si legge: «Figlio, versa lacrime sul morto, e come uno che soffre profondamente inizia il lamento; poi seppelliscine il corpo secondo le sue volontà e non trascurare la sua tomba» (Sir 38,16).

Seppellire e pregare per i defunti significa crescere nella fede del Signore risorto e rafforzare la speranza che entrino nella vita nuova della risurrezione.

Far memoria dei morti è far memoria di una promessa di vita. È anche gratitudine per l’amore vissuto, nella consapevolezza che nulla di esso è perduto, ma che tutto è definitivamente salvato. Far memoria dei morti, nella fede, è far memoria che siamo fatti per avere vita in abbondanza e che siamo amati.

Questa giornata – il 2 novembre, memoria dei morti – è già in sé stessa un evangelo, una “buona notizia”. È annunzio che il desiderio di Dio e il suo progetto per l’uomo è la vita eterna, non la morte. Nel Vangelo odierno tutto questo viene messo in risalto. Dio entra in relazione con noi esseri umani non per “cacciare fuori” (v. 37), o per “perdere” (v. 39), ma per “risuscitare”, rialzare, ridare vita (vv. 39.40). Gesù che ci narra e ci mostra il volto di Dio, è stato inviato dal Padre ed è venuto nel mondo per “dare la vita”, e “ha donato la sua vita” (Gv 10,18) per dare a noi la vita. Il Nuovo Testamento ci attesta che Gesù è sceso nel sepolcro (cfr Mt 27,57-61), nel profondo della terra (cfr 1Pt 3,19) da dove ha trascinato, vittorioso sulla morte, con sé tutti i prigionieri degli inferi. Il primo uomo e dopo di lui ogni uomo è ogni donna sono strappati dal potere dagli inferi perché la morte non abbia più alcun potere su di lui. Amati e liberati: «Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi» (Rm 5,8).

Con Giobbe, oggi, anche noi a voce alta, nella santa assemblea gridiamo: «Il mio redentore è vivo» (Gb 19,25). Ed è per questo che lo preghiamo e chiediamo che i nostri fratelli e sorelle defunti entrino nel ‘per sempre’ promesso da Signore Gesù: «Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno» (Gv 6,40). È per questo! Perché il nostro redentore è vivo! La nostra preghiera, oggi, come d’altronde sempre, è il segno della nostra fede in Gesù risorto.

Nell’Eucaristia, soprattutto, è presente il Signore Gesù risorto, vivo in mezzo a noi e, dunque, la nostra preghiera nell’Eucaristia ci fa crescere nella nostra fede in Cristo risorto. E proprio per questo, oggi giorno in cui ci ritroviamo per commemorare i nostri fratelli e le nostre sorelle defunte, è una giornata nella quale si rafforza la nostra speranza nella risurrezione, nel fatto che i nostri fratelli e sorelle defunti possano ereditare la vita eterna e con loro anche noi.

Così oggi noi pregando per lo loro rinsaldiamo anche la speranza che anche noi saremo partecipi della risurrezione di Gesù e risorgeremo anche noi in Lui, morto e risorto per noi. Anche la nostra vita, anche la vita dei nostri cari, anche la vita di tutti i defunti. Oggi rendiamo grazie a Dio perché siamo certi che la risurrezione è la promessa bella del Signore Gesù sulla nostra esistenza. Innalziamo anche noi le parole di Giobbe: «Io lo vedrò, io stesso, i mei occhi lo contempleranno».

Le facciamo nostre queste parole, pensandole per i nostri defunti, ma pensandole anche per noi. «Io lo vedrò, io stesso, i mei occhi lo contempleranno» (Gb 19,27), perché risorgerò, perché risorgeremo a una vita nuova della felicità eterna del paradiso. Oggi preghiamo con questa fede; e, mentre preghiamo, la nostra fede, la nostra speranza si rafforzano perché pregare significa avere questa speranza e pregare significa rafforzarci in questa speranza.

E, infine, questa grande preghiera è la nostra testimonianza, davanti al mondo, che crediamo in Cristo risorto, che «la speranza non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5,5).

È la nostra testimonianza, davanti al mondo, che siamo e scegliamo di rimanere nella sequela del Signore, che rimaniamo nella sua via certi della speranza della risurrezione. Pregare per i morti è anche scelta e impegno per la vita, per portare avanti una cultura della vita, per custodirla sempre da quando esplode nel grembo di una madre a quando la consegniamo al sepolcro.  Che noi ci impegniamo a custodire i corpi, a rispettarli. Il nostro è quello degli altri. In vita e in morte. Che noi rinneghiamo ogni forma di violenza predatoria che schiaccia ed elimina la vita. Noi rinneghiamo la pianificata della morte di ogni guerra e di ogni potere mafioso.

La preghiera di oggi, come sempre, in ogni giorno della nostra vita, sia anche dire al mondo la nostra fede e la nostra speranza: «Io lo vedrò, io stesso, i mei occhi lo contempleranno». Noi lo vedremo insieme ai nostri cari defunti, e lo contempleremo per sempre nella beatitudine del Paradiso, dei Cieli nuovi e della Terra nuova.