Nella Giornata mondiale della Pace la città di Palermo ha ospitato una marcia e una “Liturgia della Pace” per testimoniare che “nessuno può salvarsi da solo”. (Papa Francesco, Messaggio per la LVI Giornata Mondiale per la Pace). A scendere in strada è stata un’intera comunità composta da cercatori e costruttori di Pace: gruppi, movimenti, associazioni cristiane e laiche, la Comunità di Sant’Egidio, il Rinnovamento nello Spirito, il Centro Diaconale Valdese “La Noce”, il Centro Padre Nostro, il Movimento dei Focolari, Erripa A. Grandi, Pax Christi, Le Rose Bianche, i Padri Domenicani e numerosi uffici dell’Arcidiocesi di Palermo (Ufficio per la Pastorale Sociale e del Lavoro, Ufficio per l’Ecumenismo e il Dialogo interreligioso, Servizio di Pastorale Giovanile, Ufficio per la Pastorale delle persone con disabilità, Ufficio per la Pastorale della Scuola, Caritas Diocesana, Consulta per le Aggregazioni laicali, Ufficio per la Pastorale Familiare, Ufficio per l’Insegnamento della Religione cattolica, Ufficio diocesano per le Comunicazioni sociali-Ufficio Stampa). Alle 17.00 il raduno in piazza Verdi, davanti al Teatro Massimo, poi l’intervento dell’Arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice quindi la marcia lungo via Cavour e via Roma sino alla basilica di San Domenico che ha accolto la Liturgia per la Pace nel mondo, per i profughi, i rifugiati e le vittime di ogni guerra. La marcia è stata aperta dalle famiglie ucraine ospiti a Palermo presso i frati francescani.
In testa al corteo l’Arcivescovo ha ribadito che “la guerra è semplicemente irrazionale e ha solo nome: cecità. Chi si decide per la guerra non vede i bambini che muoiono, le ferite che squarciano i corpi, gli ospedali che traboccano di viventi mutilati, di cadaveri”. Parole accorate, che diventano una preghiera: “Chi si decide per la guerra – prosegue don Corrado – non vede che una volta entrati nel regno della morte tutti i cadaveri sono uguali, al di là del colore della pelle, della nazione, dell’appartenenza”.
INTERVENTO E PREGHIERA ARCIVESCOVO DI PALERMO
Nella Chiesa di S. Domenico il 4 novembre 2022 così mi esprimevo: «la follia di chi sceglie la guerra — non esistono guerre giuste, “alicnum est a ratione”, la guerra è semplicemente “irrazionale” secondo la Pacem in terris, ha un solo nome: cecità. Chi si decide per la guerra non vede i bambini che muoiono, le ferite che squarciano i corpi, gli ospedali che traboccano di viventi mutilati, di cadaveri… Non vede che, una volta entrati nel regno della morte, tutti i cadaveri sono uguali, al di là del colore della pelle, della nazione, dell’appartenenza. Perché chi muore ha una sola appartenenza: l’umanità. La patria, o meglio la Madre che a tutti appartiene e alla quale si ritorna è la Terra. La cecità è la causa ultima della guerra. E così la musica dei focolari, le nenie delle mamme e dei papà, i canti dei cuori innamorati vengono zittiti dalle urla di chi è straziato, colpito nel corpo o negli amori, e dai tuoni odiosi dei cannoni che annunciano cumuli di macerie c fossati di morte. Parlo di una cecità profonda. Sappiamo infatti che in primo luogo si vede e si sente con il cuore. In questo senso, ogni dichiarazione di guerra è un infarto dell’umanità, che blocca la circolazione e atrofizza la mente. Tutte le guerre, «La guerra in Ucraina miete vittime innocenti e diffonde incertezza, non solo per chi ne viene direttamente colpito, ma in modo diffuso e Indiscriminato per tutti, anche per quanti, a migliaia di chilometri di distanza, ne soffrono gli effetti collaterali «basti solo pensare ai problemi del grano e ai prezzi del carburante» (Papa Francesco). … Rimettere al centro la parola “insieme”: infatti, è insieme, nella fraternità e nella solidarietà, che costruiamo la pace, garantiamo la giustizia, superiamo gli eventi più dolorosi. Dio trasformi i nostri criteri abituali di interpretazione del mondo e della realtà.
Preghiamo
O Dio, tu vuoi
che ogni uomo e ogni donna
si diano la mano,
vuoi che ci diamo la mano
in questo mistero della vita che ci sovrasta,
per mantenere accesa anche una fiammella.
Quella che manterrà viva la speranza che
solo la vita genera vita.
Signore, Dio nostro,
nascosto e vicinissimo,
guardando al nostro fratello Gesù,
al suo modo di raccontarti a noi,
sappiamo intimamente che
la morte nel suo corpo è morta,
che l’odio nel suo traboccante amore è morto,
che la vendetta nel suo perdono è morta.
Tutte le guerre, tutte le inimicizie sono morte
nel suo corpo innalzato sulla croce per amore.
In quel corpo squarciato
è stata ricucita la speranza della pace
che con l’audacia dei miti annunziamo:
Dio, in ogni suo Nome,
è la nostra pace. Amen.
Dall’appello dell’Arcivescovo Mons. Corrado Lorefice alla Chiesa e alla città di Palermo per la pace in Ucraina e nel mondo (25 febbraio 2022)
Già nel 1963, Giovanni XXIII nell’Enciclica Pacem in terris – in un tempo altrettanto critico in cui soffiavano i venti di una terza guerra mondiale – smascherò definitivamente le sempre dubbie “ragioni della guerra” con l’espressione «alienum est a ratione»: è semplicemente e oggettivamente irrazionale («è fuori dalla ragione») pensare – a maggior ragione oggi con le avanzate strategie militari e le sofisticate tecnologie belliche – che la guerra sia una via per giungere alla pace o comunque per risolvere i conflitti tra i popoli.
Le guerre nel loro impatto reale possono essere valutate solo a partire dalle vittime e dagli innocenti – i profughi, gli sfollati, i morti –, dalla sofferenza e dalla povertà che generano. La guerra, lungo la storia, fin dalle origini, è la crisi della creazione, è la fine dell’umano. Perché chi fa la guerra chiude gli occhi, finisce di ascoltare, chiude le porte al dialogo, pone fine a quell’incontro con l’altro che ci fa uomini.
Coloro che si decidono per la guerra guardino negli occhi i propri bambini e pensino ai bambini dell’altro popolo. Pensino al futuro che offrono a tutti loro: il futuro della ricchezza e del potere conquistati con la guerra, che lascia la cicatrice del risentimento e dell’odio, che toglie sempre, agli umani e a tutto il creato, la vita e la vitalità. Pensino all’unico vero futuro da consegnare ai giovani, all’unico vero capitale: la capacità di fare la pace, di costruire un mondo solidale e fraterno. Con la pace tutto si costruisce, con la guerra tutto si distrugge. «Non più la guerra, non più la guerra! La pace, la pace deve guidare le sorti dei Popoli e dell’intera umanità» (Paolo VI, Discorso alle Nazioni Unite, 4 ottobre 1965).
Come ha ricordato papa Francesco a Bologna commemorando Benedetto XV, «la storia insegna che la guerra è sempre e solo un’inutile strage. Aiutiamoci, come afferma la Costituzione Italiana, a “ripudiare la guerra” (cfr Art. 11), a intraprendere vie di nonviolenza e percorsi di giustizia, che favoriscono la pace. Perché di fronte alla pace non possiamo essere indifferenti o neutrali. Il Cardinale Lercaro qui disse: “La Chiesa non può essere neutrale di fronte al male, da qualunque parte esso venga: la sua vita non è la neutralità, ma la profezia” (Omelia, 1° gennaio 1968). Non neutrali, ma schierati per la pace!» (Discorso, Piazza San Domenico – Bologna, Domenica, 1° ottobre 2017).
Come cristiani, nell’umiltà più sincera e nella consapevolezza dei nostri errori, portiamo la responsabilità messianica di «annunziare la giustizia alle genti» (Mt 12,18), «di parlare in nome di Dio, la parola di Dio» (Card. G. Lercaro).
Noi cristiani, insieme alle donne e agli uomini di buona volontà e agli operatori di pace, ripudiamo questo atto di guerra che si sta consumando in Ucraina e annunciamo la profezia evangelica della pace a tutti: a chi lo ha posto direttamente e alle altre parti coinvolte. Perché non ci può essere casa comune sulla base dell’unica ideologia imperante: massimizzare il profitto; concentrare nelle mani di pochi il potere politico, economico, bellico, mediatico e tecnologico; dominare gli altri, individuati sempre e comunque come nemici. Chiediamo che si sospendano le operazioni belliche in atto e riprenda la via del dialogo con l’apporto costruttivo di tutti, delle diverse organizzazioni internazionali e degli organismi mondiali.
Per parte nostra, noi dichiariamo il nostro anelito alla pace e ci impegniamo ad esaminare noi stessi e a rinunciare ad ogni discordia e ostilità, ad ogni violenza verbale o fisica, interiore o esteriore, nelle nostre case e nelle nostre comunità civili e cristiane, nei nostri contesti umani, familiari, sociali, professionali, culturali. E soprattutto ci impegniamo a intensificare con tutte le altre confessioni cristiane e le altre fedi presenti a Palermo la preghiera di pace per tutte le nazioni e i continenti, in particolare per l’Ucraina.
Le logiche e gli interessi particolari, nazionali o continentali, non vanifichino il grido della terra e dei miliardi di donne e di uomini che la abitano nella mitezza, ripudiando la guerra e costruendo ogni giorno la pace.