Un inedito gioiello di Federico II da Palermo a New York

dal 7 marzo all’Istituto Italiano di Cultura di New York nella mostra “Constancia. Donne e potere nella Sicilia mediterranea di Federico II” anche il quarzo cabochon rinvenuto nel sarcofago dell’Imperatore

È rimasto per decenni in cassaforte, ma la sua brillantezza non si è mai offuscata. Torna alla luce ed è pronto a partire per New York il quarzo taglio cabochon che adornava la fibula del mantello con cui Federico II venne deposto in un sarcofago di porfido rosso nel 1251 nella Cattedrale di Palermo. La pietra non è mai stata esposta e sarà tra i tesori della mostra Constancia. Donne e potere nella Sicilia mediterranea di Federico II, che si apre il 7 marzo all’Istituto Italiano di Cultura di New York, alla presenza dell’Ambasciatrice italiana negli Stati Uniti, Mariangela Zappia e del direttore dell’Istituto Fabio Finotti. Prodotta interamente dall’IIC – organo del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI) per promuovere all’estero l’immagine dell’Italia e la sua cultura umanistica e scientifica – sarà inaugurata a ridosso della Giornata Internazionale della Donna, dato il tema cruciale del rapporto tra donne e potere.

Un’esposizione preziosa, costruita con rigore filologico da Maria Concetta Di Natale, Pierfrancesco Palazzotto e Giovanni Travagliato, docenti dell’Università degli Studi di Palermo. Si potranno vedere per la prima volta negli USA reperti straordinari, alcuni mai prestati prima, che raccontano quattro donne di potere, vissute tra XII e XIV secolo, tutte legate a Federico II e tutte battezzate col nome Costanza: la madre, la moglie, la figlia e la nipote dell’imperatore. Le opere esposte parleranno infatti di Costanza d’Altavilla, regina e imperatrice (1154-1198), madre di Federico II; della prima moglie dello “Stupor mundi”, l’imperatrice Costanza d’Aragona (1184ca.-1222), di cui quest’anno ricorrono gli 800 anni dalla morte; dell’imperatrice Costanza (1231ca.-1307/13) figlia naturale di Federico II e Bianca Lancia e sposa bambina di Giovanni III Ducas Vatatze, imperatore d’Oriente a Nicea; infine della regina Costanza (1249-1300), figlia di Manfredi, altro figlio naturale di Federico II.

La mostra newyorkese, visitabile nella sede dell’IIC su Park Avenue sino all’8 aprile, affronta due temi – quello del rapporto tra donne e potere e quello tra spazio italo-europeo e Mediterraneo, rappresentato dal mondo di Federico II e Costanza d’Aragona – attraverso una raccolta di beni preziosi dalle Cattedrali e dalle collezioni diocesane di Palermo e di Monreale, dalla Biblioteca comunale e dalla Cappella Palatina di Palermo, dal Museo archeologico Salinas e dalla Galleria di Palazzo Abatellis, dalle collezioni dell’Assemblea Regionale Siciliana, oltre che da prestatori privati, grazie all’impegno degli uffici regionali preposti alla tutela e alla valorizzazione dei Beni Culturali. Sarà possibile ritrovarla sulla piattaforma www.stanzeitaliane.it che da un anno costituisce il museo virtuale dell’IIC, dove sarà disponibile anche il ciclo di videolezioni dell’Università del Salento dedicate alla civiltà federiciana e curate da Francesco Somaini.

«Sono orgoglioso di portare Palermo e la Sicilia a New York – dichiara Fabio Finotti, direttore dell’IIC – La civiltà di Federico II è straordinaria, ed ha un rilievo fondamentale nello sviluppo della nostra storia non solo politica ma culturale. Non dimentichiamo infatti che l’Italia si è fatta prima con la lingua e la poesia che con le armi, e Dante nel De Vulgari Eloquentia mette i poeti siciliani della corte di Federico II alle origini stesse della lirica “italiana”. Centrale nel progetto è anche la valorizzazione della civiltà mediterranea, non solo per la nostra storia ma per il nostro futuro. E in primo luogo la mostra richiama al rapporto tra donne e potere che va certamente affrontato in modo nuovo».

       

Ed eccoci al prezioso quarzo esposto per la prima volta al pubblico e che solo al suo ritorno a Palermo verrà mostrato nella Sala Normanna del nuovo allestimento del Tesoro della Cattedrale, come riferisce la curatrice scientifica dello stesso Tesoro Maria Concetta Di Natale. Il sovrano morì nel 1250 in Puglia e, benché scomunicato, fu sepolto nella Cattedrale di Palermo. Nel 1781, il sarcofago fu aperto alla luce delle candele: il corpo di Federico II apparve in ottimo stato, con addosso varie tuniche impreziosite da fibbie, fregi e ricami; le mani erano incrociate sul ventre, la destra ornata da un anello con un grosso smeraldo, il capo coperto da una corona in lamine d’argento dorato, perle e pietre preziose; accanto al collo il globo imperiale; sul fianco sinistro la spada. La tomba rimase aperta per vent’anni, sino al 1801. Come nota Pierfrancesco Palazzotto, il volume dello storico Francesco Daniele che seguì “in diretta” l’apertura del grande sepolcro in porfido rosso (I regali sepolcri del Duomo di Palermo riconosciuti ed illustrati, Napoli 1784, anch’esso esposto a New York) descrive non solo la cronaca di una scoperta, ma avvia anche il recupero della memoria del regno normanno-svevo fondamentale per la diffusione dei revival ottocenteschi a Palermo. Nel 1994 i resti di Federico II sono stati sottoposti a una prima endoscopia e nel 1998 venne riaperto nuovamente il sarcofago: l’occhio elettronico individuò però solo stracci, paglia e stoppa solitamente utilizzata per riempire i corpi imbalsamati. Dove sono finiti i paramenti e i preziosi? Gli studiosi ancora oggi si interrogano sulla violazione della tomba nel corso degli ultimi due secoli.

Il quarzo cabochon esposto al pubblico per la prima volta nella mostra Constancia è identificabile – come riferisce Giovanni Travagliato – nella pietra centrale della fibula da mantello riprodotta in uno dei disegni del volume di Daniele che mostra il corpo dell’imperatore. La pietra, oggetto di una pulitura presso il Centro per la progettazione e il restauro della Regione Siciliana, è stata identificata come quarzo dalle analisi spettrografiche condotte dall’Università di Palermo nel 2007. Attorno alla pietra, nel sarcofago, sono state ritrovate anche delle perline, oggi conservate da monsignor Filippo Sarullo, direttore del Museo Diocesano del capoluogo siciliano che ha fortemente sostenuto la mostra. Le perline sono assai simili a quelle della celebre corona di Costanza (custodita nel Tesoro della Cattedrale di Palermo e della quale a New York arriverà una copia) e a quelle del parato dell’incoronazione dei re di Sicilia oggi a Vienna.