(Filippo Passantino / SIR, 18 novembre 2022) Nel cuore di Palermo vi è uno spazio dove l’ascolto cerca di essere il più sincero e rispettoso possibile. Negli sguardi non si nascondono giudizi ma desiderio di condividere un percorso che conduca alla verità e alla giustizia. Un cammino cominciato nel 2019 con l’istituzione in diocesi del Servizio di tutela dei minori, guidato dall’avvocato Francesco Lombardo. Prima tappa di un percorso costellato di varie iniziative, che spaziano dalla formazione all’ascolto di quanti hanno un presunto caso di abusi su minori da segnalare.
Avvocato, come nasce il Servizio di tutela dei minori nell’arcidiocesi di Palermo?
Nel 2019 l’arcivescovo Lorefice, seguendo le indicazioni della Cei, ha istituito il Servizio diocesano di tutela dei minori. Nella fase iniziale di questo nuovo servizio, abbiamo pensato a un percorso che potesse coniugare le chiare indicazioni di Papa Francesco alla Chiesa universale: accompagnare, custodire, proteggere e formare. Così, dunque, è iniziata l’attività di diffusione delle buone prassi nelle parrocchie, tra il clero e negli ambienti della pastorale ordinaria che continua, senza sosta, ancora oggi.
Abbiamo curato l’aspetto della formazione, comunemente ritenuta la più efficace forma di prevenzione degli abusi.
Il primo momento di formazione lo abbiamo dedicato ai candidati agli ordini sacri. Un ciclo di incontri con gli alunni del Seminario arcivescovile di Palermo, con esperti di grande esperienza e preparazione che qui ricordo con gratitudine e amicizia: don Fortunato Di Noto, fondatore di Meter, e don Salvatore Franco O.M.I. coordinatore regionale del servizio tutela minori della Cesi, ai quali hanno partecipato i seminaristi delle diocesi di Mazara del Vallo, Piana degli Albanesi, Trapani e Ragusa.
Come si può accedere al Servizio?
Attualmente abbiamo istituito un canale mail (tutelaminori@chiesadipalermo.it) che ci consente di raccogliere le segnalazioni che pervengono. Ogni segnalazione è esaminata con attenzione nel rispetto delle linee guida indicate dalla Cei e dal Dicastero della Dottrina della Fede. Dall’istituzione del Servizio, nel 2019, non sono pervenute segnalazioni di abusi su minori. In ogni caso alla segnalazione segue il contatto diretto con il segnalante.
Quali solo le caratteristiche della procedura canonica?
Sinteticamente può dirsi che dalla segnalazione, che può avvenire in qualunque forma, anche anonima, discende una indagine detta previa cui consegue il giudizio innanzi al Dicastero della Dottrina della Fede competente ad irrorare le pene canoniche previste per la commissione di simili gravi delitti. Vorrei dire che lo studio della procedura canonica restituisce un dato di fatto: la giustizia della Chiesa sugli abusi sui minori è severa ed attenta. Basti pensare, ad esempio, che la prescrizione del delitto nell’ordinamento canonico è di 20 anni a partire dal compimento del 18 anno di età, ed ancora rispetto alla prescrizione, il Dicastero della Dottrina della Fede ha facoltà di derogare alla prescrizione per tutti i singoli casi che gli vengono sottoposti dall’Ordinario, il quale pur avendo constatato che i tempi per la prescrizione sono trascorsi dovrà ugualmente dare seguito alla notitia de delicto e all’eventuale indagine previa. Spetta al Dicastero il giudizio sul mantenimento della prescrizione o sulla deroga ad essa. Quando arriva una qualunque segnalazione viene seguita con la massima attenzione, con la necessaria sollecitudine ed il dovuto rigore procedurale. Perché i piccoli sono il tesoro più prezioso affidato alla Chiesa.
Chi sono gli interlocutori del Servizio?
Tutti coloro che operano con minori in ambienti ecclesiali. Attualmente l’obiettivo è quello di coinvolgere attivamente le parrocchie. In questi luoghi, infatti, i bambini si ritrovano per frequentare il catechismo, l’oratorio e le diverse attività di formazione che talvolta suppliscono alla mancanza dei servizi culturali, ludici e sociali che lo Stato non riesce a garantire. Siamo consapevoli che la parrocchia è il luogo, dove tantissimi bambini, trascorrono mota parte del loro tempo libero. La formazione e la condivisione delle buone prassi, in definitiva, è volta a garantire che ogni minore o persona vulnerabile possa trascorrere serenamente ogni attività. Una responsabilità che la Chiesa vuole condividere anche con le famiglie.
Nel percorso che stiamo studiando con i direttori della pastorale, l’idea è quella di coltivare un patto educativo tra gli operatori pastorali e i genitori.
L’operare accanto ai più piccoli deve avvenire sempre e solo in nome di un’alleanza che presenti i caratteri della responsabilità, della collaborazione, del servizio, fuggendo da ogni autoreferenzialità. Questo impegno assume anche il carattere pieno e significativo della sinodalità che siamo chiamati oggi più che mai a realizzare.
Qual è stata la risposta dei sacerdoti della diocesi?
A Palermo la risposta dei sacerdoti è stata corale. L’iniziativa che abbiamo organizzato con il vescovo delegato della Conferenza Episcopale Siciliana, mons. Domenico Mogavero, ha riscosso molto interesse e molte domande. Ma anche la bellissima iniziativa che si è realizzata lo scorso anno: una fiaccolata promossa dai sacerdoti del terzo vicariato, che ha coinvolto diverse parrocchie dell’arcidiocesi per ricordare i sopravvissuti agli abusi sui minori alla quale ha partecipato il nostro arcivescovo.
La via della sinodalità, anche in questo ambito, ci permette di condividere e superare gli ostacoli che non mancano nella realizzazione di un percorso comune di buone prassi e formazione.
Da avvocato e da fedele, lei come vive il suo servizio come responsabile di questo organismo che si occupa di tutela dei minori?
La violenza è sempre fonte di dolore e segna anche quanti le si accostano. La violenza sui minori, mi permetta di dire – decisamente – molto di più. Questo vale per un avvocato, per un giudice, come per l’Ordinario ed il Papa. L’abuso su un minore, ferisce il minore in un passaggio fondamentale della sua esistenza e purtroppo non rimane legato ad un episodio, incide l’anima di chi lo subisce per sempre, procurando un dolore che potremmo definire a lento rilascio. Avvicinarsi all’abuso significa, quindi, esseri testimoni di un dolore indicibile che ci impegna ancora di più, come Chiesa nell’ascolto e nella sollecitudine dell’espletamento delle procedure canoniche. Va osservato che ogni caso è un caso a sé, perché rappresenta sempre la testimonianza di un dolore che ogni vittima rielabora in modo drammaticamente differente. Le testimonianze raccolte nel libro “Consapevolezza e Purificazione” [Atti dell’incontro sulla tutela dei minori, Vaticano, 2019] sono significative per comprendere quanto l’abuso realizzi l’esercizio di un potere che nei fatti si traduce in una violenza terrificante.
Quali attività avete in programma per i prossimi mesi?
Stiamo definendo un calendario di incontri di formazione con i catechisti e quanti si occupano di attività con minori nelle parrocchie. Stiamo, anche, pensando ad una formazione dedicata ai casi di abusi compiuti su persone vulnerabili che pur avendo raggiunto la maggiore età, non sono in condizione di decidere con consapevolezza, libertà e responsabilità dei propri atti e di quelli altrui, a causa di limitazioni di natura psichica o fisica, temporanee o permanenti. Infine, sull’esempio dell’arcidiocesi di Catania, stiamo promuovendo come arcidiocesi di Palermo, in collaborazione con i Servizi Tutela Minori delle diocesi di Monreale, Trapani, Mazara del Vallo e Cefalù, un convegno interdisciplinare di studio e approfondimento sull’abuso che ci consenta di condividere riflessioni e prospettive su un tema che esige un continuo studio da tradurre poi in buone prassi a beneficio di tutta la comunità ecclesiale, ma soprattutto dei più piccoli che come testimonia il Vangelo sono i prediletti di Gesù.