“Parlare col cuore: Veritatem facientes in caritate (Ef 4,15)”. L’importanza delle comunicazioni sociali nella Chiesa di questo tempo

Si celebra San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, e si guarda alla 57^ Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali

“Oggi, nel drammatico contesto di conflitto globale che stiamo vivendo, è quanto mai necessario l’affermarsi di una comunicazione non ostile. Una comunicazione aperta al dialogo con l’altro, che favorisca un ‘disarmo integrale’, che si adoperi a smontare ‘la psicosi bellica’ che si annida nei nostri cuori, come profeticamente esortava San Giovanni XXIII, 60 anni fa nella Pacem in Terris. È uno sforzo che è richiesto a tutti, ma in particolare agli operatori della comunicazione chiamati a svolgere la propria professione come una missione per costruire un futuro più giusto, più fraterno, più umano (Papa Francesco)”.

Le parole del Papa offrono ulteriore significato alla giornata in cui si celebrano i 400 anni di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti. Come ha ricordato il collega Giovanni Villino in occasione di un evento formativo che ha coinvolto l’Ordine dei Giornalisti di Sicilia, l’Unione Cattolica Stampa Italiana, il sito “Porta di Servizio” e l’Ufficio per le Comunicazioni Sociali-Ufficio Stampa dell’Arcidiocesi di Palermo, “San Francesco di Sales è stato un precursore di Twitter… a domicilio. Sì, perché visto che dal pulpito non era ascoltato, ebbe l’idea di produrre i cosiddetti «manifesti». Erano fogli volanti che lui affiggeva sui muri o faceva scivolare sotto gli usci delle case.  Insomma ha cercato e trovato una nuova forma di comunicazione. E con successo, visto che parliamo di un uomo nato nel 1567. Un esempio che dovrebbe essere seguito. Non solo – per chi è credente – nella santità. Ma anche e, soprattutto, nella sua ricerca dei nuovi linguaggi e dei media. Ma il nostro tempo, di fronte ai venti del cambiamento tende a costruire muri piuttosto che mulini a vento”.

 

San Francesco di Sales, ecco perchè è il patrono dei giornalisti

S. Francesco di Sales(1567-1622), patrono dei giornalisti. Perché mai? Interrogativo, questo, che non potranno non porsi con stupore quanti si accontentano di esemplificazioni storiche e luoghi comuni. Che cosa abbiano da spartire i mezzi di comunicazione sociale con un vescovo e teologo del ‘600 sarà difficilmente comprensibile da chi considera tout court l’età della Controriforma come trionfalistica e clericale. Ma come la stagione tridentina fu molto più di questo, così l’attività di mons. di Sales andò ben al di là di quella di un abile controversista in abito viola.

Proveniente dal mondo dorato della nobiltà sabauda, Francesco scelse la via del sacerdozio dopo gli studi giuridici compiuti a Parigi e a Padova. L’instancabile attività ministeriale, dispiegata in una regione prevalentemente calvinista come lo Chablais, gli meritarono (all’età di 32 anni) la nomina a coadiutore del vescovo di Ginevra, a cui successe nella guida della diocesi dal 1602 al 1622. Con Santa Giovanna Francesca Frémyot, baronessa di Chantal, avviò un istituto femminile (aperto anche a vedove e malate) con fini assistenziali. Fu solo per il suo alto senso di fedeltà a Roma che si piegò a trasformare la congregazione in ordine claustrale, ancora esistente col titolo di Visitazione di S. Maria. In un periodo inoltre, dominato dall’idea che la perfezione fosse raggiungibile solo nello stato sacerdotale e religioso, insegnò l’esatto contrario e scrisse al riguardo un’opera intramontabile come l’Introduzione alla vita devota Filotea.

Capacità di andare controcorrente, lungimiranza, modernità, dunque, di cui Francesco di Sales aveva già dato prova nel primo confronto col mondo riformato. A mezzi classici come la predicazione e la disputa teologica egli ne aveva escogitato uno, davvero particolare: pubblicazione di fogli volanti (i cosiddetti manifesti) che, pensati come mezzo di catechesi e informazione religiosa, potevano raggiungere tutti attraverso l’affissione murale o la consegna ai singoli usci. A toni polemici e atteggiamenti severi Francesco preferì inoltre il metodo del dialogo e della dolcezza, seguendo la massima: «Se sbaglio, voglio farlo per troppa bontà piuttosto che per troppo rigore». Vi si attenne anche negli scritti (dalle oltre 30mila lettere a un capolavoro di mistica come il Trattato dell’amore di Dio), redatti fra l’altro con un linguaggio semplice e insieme elegante, coinvolgente e ricco d’immagini.

Fu dunque una giusta valutazione quella che indusse Pio XI a proclamare Francesco di Sales, il 26 gennaio 1923, patrono di «tutti quei cattolici, che con la pubblicazione o di giornali o di altri scritti illustrano, promuovono e difendono la cristiana dottrina» (Enc. Rerum omnium). E all’indomani del Vaticano II Paolo VI volle nuovamente additare il vescovo di Ginevra come modello dei giornalisti cattolici nella lettera apostolica Sabaudie gemma. È diventata poi tradizione che il testo del messaggio pontificio in occasione della Giornata mondiale per le comunicazioni sociali venga pubblicato proprio in concomitanza con la memoria liturgica del santo (24 gennaio).

Ecco perché il 27 gennaio 1963 (ma si trattava in realtà di pensieri scritti nel lontano 1911) Giovanni XXIII poté giustamente dire agli iscritti dell’Unione cattolica della stampa italiana: «La figura di san Francesco di Sales non è di quelle che si possono contenere entro limitati orizzonti: essa ci si leva innanzi alla mente, alta e serena: più alta dei monti della sua Savoia, più serena del cielo ridente che si specchia nelle acque azzurre del piccolo lago di Annecy… In verità san Francesco di Sales fu il più amabile tra i santi, e Iddio lo mandava al mondo in un’ora di tristezza… Ed egli apparve ed è rimasto come l’incarnazione della pietà sorridente e forte, in cui si fondono la poesia ingenua di san Francesco d’Assisi e l’amore chiaroveggente di sant’Agostino».

(Fonte: sanfrancescopatronoditalia.it)