(lp) Nel pomeriggio del 15 luglio 1982 Carlo Alberto Dalla Chiesa sfilò da Prefetto di Palermo insieme alle altre autorità civili e militari e accanto all’allora Arcivescovo di Palermo, il Cardinale Salvatore Pappalardo, dietro all’urna argentea contenente le reliquie di Santa Rosalia lungo il Cassaro. Erano i giorni del Festino, poco prima della processione c’era stato un veloce incontro tra l’Arcivescovo e il Prefetto. Nel pomeriggio del 4 settembre, nella basilica di San Domenico, sarà proprio il Cardinale Salvatore Pappalardo, durante la celebrazione dei funerali di Carlo Alberto Dalla Chiesa e della moglie Emanuela Setti Carraro (l’agente della Polizia di Stato Domenico Russo morirà alcuni giorni dopo), a ricordare la figura e l’impegno del Prefetto ucciso dalla mafia e a stigmatizzare i ritardi e le lentezze della politica di fronte alla richiesta di poteri speciali avanzata a Governo e Parlamento da Dalla Chiesa.
Il riferimento era a Tito Livio, ma la tensione prima dell’omelia portò il Cardinale Pappalardo a chiamarlo Sallustio; la citazione in latino, però, era perfetta: “Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur”. Il Presule, scandendo quelle parole, offrì anche la traduzione a beneficio di chi non conosceva il latino: “Mentre a Roma si pensa sul da fare, la città di Sagunto viene espugnata dai nemici. E questa volta non è Sagunto. Ma Palermo, povera Palermo”. L’Arcivescovo, con quel passaggio, con quella citazione, davanti alle due bare, incrociando lo sguardo del Presidente della Repubblica Sandro Pertini, scelse di prendere posizione contro la mafia e contro le inerzie delle istituzioni.
Photo Epoca/Mondadori: il Cardinale Salvatore Pappalardo tra il Prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa e il Sindaco di Palermo Nello Martellucci (15 luglio 1982)