1 gennaio, Giornata Mondiale della Pace: la marcia anche a Palermo

Promossa da un ampio cartello di sigle, movimenti, associazioni e uffici diocesani, la marcia sarà preceduta dal saluto dell’Arcivescovo Corrado

Il primo gennaio si celebrerà la Giornata mondiale della Pace e Palermo ospiterà una marcia per testimoniare che “nessuno può salvarsi da solo”. (Papa Francesco, Messaggio per la LVI Giornata Mondiale per la Pace). A scendere in strada sarà un’intera comunità composta da cercatori e costruttori di Pace: gruppi, movimenti, associazioni cristiane e laiche, la Comunità di Sant’Egidio, il Rinnovamento nello Spirito, il Centro Diaconale Valdese “La Noce”, il Centro Padre Nostro, il Movimento dei Focolari, Erripa A. Grandi, Pax Christi, Le Rose Bianche, i Padri Domenicani e numerosi uffici dell’Arcidiocesi di Palermo (Ufficio per la Pastorale Sociale e del Lavoro, Ufficio per l’Ecumenismo e il Dialogo interreligioso, Servizio di Pastorale Giovanile, Ufficio per la Pastorale delle persone con disabilità, Ufficio per la Pastorale della Scuola, Caritas Diocesana, Consulta per le Aggregazioni laicali, Ufficio per la Pastorale Familiare, Ufficio per l’Insegnamento della Religione cattolica, Ufficio diocesano per le Comunicazioni sociali-Ufficio Stampa).

Il raduno avrà luogo alle ore 17.00 in piazza Verdi, davanti al Teatro Massimo; alle 17.30 l’Arcivescovo Corrado Lorefice rivolgerà un saluto ai presenti e darà il via alla marcia che si muoverà in direzione della basilica di San Domenico dove, alle 18.30, sarà celebrata una Liturgia per la Pace nel mondo, per i profughi, i rifugiati e le vittime di ogni guerra. La marcia sarà aperta dalle famiglie ucraine ospiti a Palermo presso i frati francescani.

Dall’appello dell’Arcivescovo Mons. Corrado Lorefice alla Chiesa e alla città di Palermo per la pace in Ucraina e nel mondo (25 febbraio 2022) 

Già nel 1963, Giovanni XXIII nell’Enciclica Pacem in terris – in un tempo altrettanto critico in cui soffiavano i venti di una terza guerra mondiale – smascherò definitivamente le sempre dubbie “ragioni della guerra” con l’espressione «alienum est a ratione»: è semplicemente e oggettivamente irrazionale («è fuori dalla ragione») pensare –  a maggior ragione oggi con le avanzate strategie militari e le sofisticate tecnologie belliche – che la guerra sia una via per giungere alla pace o comunque per risolvere i conflitti tra i popoli.

Le guerre nel loro impatto reale possono essere valutate solo a partire dalle vittime e dagli innocenti – i profughi, gli sfollati, i morti –, dalla sofferenza e dalla povertà che generano. La guerra, lungo la storia, fin dalle origini, è la crisi della creazione, è la fine dell’umano. Perché chi fa la guerra chiude gli occhi, finisce di ascoltare, chiude le porte al dialogo, pone fine a quell’incontro con l’altro che ci fa uomini.

Coloro che si decidono per la guerra guardino negli occhi i propri bambini e pensino ai bambini dell’altro popolo. Pensino al futuro che offrono a tutti loro: il futuro della ricchezza e del potere conquistati con la guerra, che lascia la cicatrice del risentimento e dell’odio, che toglie sempre, agli umani e a tutto il creato, la vita e la vitalità. Pensino all’unico vero futuro da consegnare ai giovani, all’unico vero capitale: la capacità di fare la pace, di costruire un mondo solidale e fraterno. Con la pace tutto si costruisce, con la guerra tutto si distrugge. «Non più la guerra, non più la guerra! La pace, la pace deve guidare le sorti dei Popoli e dell’intera umanità» (Paolo VI, Discorso alle Nazioni Unite, 4 ottobre 1965).

Come ha ricordato papa Francesco a Bologna commemorando Benedetto XV, «la storia insegna che la guerra è sempre e solo un’inutile strage. Aiutiamoci, come afferma la Costituzione Italiana, a “ripudiare la guerra” (cfr Art. 11), a intraprendere vie di nonviolenza e percorsi di giustizia, che favoriscono la pace. Perché di fronte alla pace non possiamo essere indifferenti o neutrali. Il Cardinale Lercaro qui disse: “La Chiesa non può essere neutrale di fronte al male, da qualunque parte esso venga: la sua vita non è la neutralità, ma la profezia” (Omelia, 1° gennaio 1968). Non neutrali, ma schierati per la pace!» (Discorso, Piazza San Domenico – Bologna, Domenica, 1° ottobre 2017).

Come cristiani, nell’umiltà più sincera e nella consapevolezza dei nostri errori, portiamo la responsabilità messianica di «annunziare la giustizia alle genti» (Mt 12,18), «di parlare in nome di Dio, la parola di Dio» (Card. G. Lercaro).

Noi cristiani, insieme alle donne e agli uomini di buona volontà e agli operatori di pace, ripudiamo questo atto di guerra che si sta consumando in Ucraina e annunciamo la profezia evangelica della pace a tutti: a chi lo ha posto direttamente e alle altre parti coinvolte. Perché non ci può essere casa comune sulla base dell’unica ideologia imperante: massimizzare il profitto; concentrare nelle mani di pochi il potere politico, economico, bellico, mediatico e tecnologico; dominare gli altri, individuati sempre e comunque come nemici. Chiediamo che si sospendano le operazioni belliche in atto e riprenda la via del dialogo con l’apporto costruttivo di tutti, delle diverse organizzazioni internazionali e degli organismi mondiali.

Per parte nostra, noi dichiariamo il nostro anelito alla pace e ci impegniamo ad esaminare noi stessi e a rinunciare ad ogni discordia e ostilità, ad ogni violenza verbale o fisica, interiore o esteriore, nelle nostre case e nelle nostre comunità civili e cristiane, nei nostri contesti umani, familiari, sociali, professionali, culturali. E soprattutto ci impegniamo a intensificare con tutte le altre confessioni cristiane e le altre fedi presenti a Palermo la preghiera di pace per tutte le nazioni e i continenti, in particolare per l’Ucraina.

Le logiche e gli interessi particolari, nazionali o continentali, non vanifichino il grido della terra e dei miliardi di donne e di uomini che la abitano nella mitezza, ripudiando la guerra e costruendo ogni giorno la pace.