Papa Francesco: “Non si può credere in Dio ed essere mafiosi”

“Fratelli e sorelle cambiate, convertitevi. Io dico a voi, mafiosi: se non fate questo la vostra stessa vita andrà persa e sarà la peggiore delle sconfitte”. Ad affermarlo al Foro Italico, su un palco che guarda il mare, davanti a più di 100.000 persone accorse da tutta la Sicilia e dalla Calabria, Papa Francesco fa risuonare il grido di Giovanni Paolo II, lanciato il 9 maggio 1993 dalla valle dei templi di Agrigento: “Convertitevi”. L’occasione della visita pastorale è stata il XXV anniversario del martirio di padre Pino Puglisi, ucciso dalla mafia.

“Non si può credere in Dio ed essere mafiosi: Chi è mafioso non vive da cristiano, perché bestemmia con la vita il nome di Dio-amore. – ha continuato – Oggi abbiamo bisogno di uomini e di donne di amore, non di uomini e donne di onore; di servizio, non di sopraffazione. Abbiamo bisogno di camminare insieme, non di rincorrere il potere. Venticinque anni fa come il 15 settembre, quando morì nel giorno del suo compleanno, “3P” – come lo chiamavano tutti – coronò la sua vittoria col sorriso, con quel sorriso che non fece dormire di notte il suo uccisore”.

“Abbiamo bisogno di tanti preti del sorriso” – ha detto il Papa: “Abbiamo bisogno di cristiani del sorriso, non perché prendono le cose alla leggera, ma perché sono ricchi soltanto della gioia di Dio, perché credono nell’amore e vivono per servire”. Don Pino “sapeva che rischiava, ma sapeva soprattutto che il pericolo vero nella vita è non rischiare, è vivacchiare tra comodità, mezzucci e scorciatoie. “Ascoltare il suo popolo”. Questo, per Francesco, è l’unico populismo possibile, l’unico populismo cristiano: “Sentire e servire il popolo, senza gridare, accusare e suscitare contese. Così ha fatto padre Pino, povero fra i poveri della sua terra”.

L’Arcivescovo, mons. Corrado Lorefice, nel suo saluto al termine della messa al Foro Italico, ha rassicurato il Papa: “In ogni momento, sereno o difficile, può contare su di noi”. “Stiamo camminando sulle orme del Beato Pino Puglisi – ha garantito il presule – Nella sua immagine si rispecchiano oggi la Chiesa di Palermo e le Chiese di Sicilia. Da lui, dal nostro “3P”, impariamo a porre al centro della nostra esistenza la Parola di Dio. Da questo prete mite, dall’apparenza fragile e inoffensiva, schierato dalla parte degli ultimi, impariamo la gentilezza, la cordialità e la mitezza che fanno intimamente parte della vita cristiana. Dalla sua profonda fede, dalla sua bella umanità sgorgavano quell’accoglienza che sorrideva ad ogni uomo e quella inspiegabile, inesauribile forza che produceva cambiamenti sociali in una realtà in cui era a rischio la sopravvivenza stessa dell’umano. Da lui la nostra Chiesa impara che cosa significa stare accanto alla gente, e in primo luogo ai giovani – ha aggiunto Lorefice – don Pino è per loro un modello, perché sapeva coniugare innocenza ed esperienza. Era mite infatti, ma non ingenuo: ‘Me l’aspettavo’, dice ai suoi assassini’. Chi cerca di vivere ed annunciare il Vangelo – lui lo sapeva – impara la freschezza del bambino e la forza del martire, pronto con il sorriso ad affrontare persecuzioni, calunnie e anche la morte. A Palermo e in tutta la Sicilia, Padre Santo, tanti cristiani seguono le orme del Beato Puglisi, si nutrono della Parola e colgono nei poveri, negli ultimi, ogni giorno, la presenza di Dio”.

Successivamente si è recato a Brancaccio dove ha visto tante lenzuola bianche esposte dai balconi nel luogo dove padre Pino Puglisi è stato ucciso dalla mafia. E’ questa la splendida “coreografia” che Francesco – il primo Papa a mettere piede a Brancaccio – si è trovato di fronte, arrivato davanti alla casa-museo di “3P”, dopo aver cominciato il suo pomeriggio palermitano nella parrocchia di San Gaetano, guidata da don Maurizio Francoforte. Anche questa è una “fotografia” di come sia cambiata la “periferia della periferia” palermitana, che il Papa ha anche avuto modo di visitare, poco prima, alla Missione Speranza e Carità dove ha pranzato con 150 persone di diversa nazionalità, alcun carcerati, ex tossicodipendenti e donne vittime della tratta ed abbracciato il missionario laico Biagio Conte.

Nel discorso al clero, ai religiosi e ai circa 200 seminaristi accorsi nella Cattedrale di Palermo, dopo aver pregato sulla tomba di don Pino, Papa Francesco si è soffermato sul ministero sacerdotale attraverso tre verbi mutuati dalla testimonianza del beato: “Celebrare, Accompagnare, Testimoniare”. Poi ha affermato che: “Lo scandalo per la gente è un prete mondano. Preti sì, funzionari no. Anche il carrierismo e il familismo sono nemici da estromettere – l’altro monito del Papa – perché la loro logica è quella del potere, e il prete non è uomo del potere, ma del servizio.

La visita si è conclusa a piazza Politeama dove ha incontrato circa 5.000 giovani. “La vita non si spiega, si vive”. Nel bagno di folla con i giovani provenienti da tutta la Sicilia, il Papa cita Luigi Pirandello e lascia una consegna ben precisa: “Sognare in grande” e “Sporcarsi le mani” per accogliere, in un’isola che fa proprio dell’incontro tra culture e religioni il suo vanto. Dalla Sicilia al mondo: il futuro è nelle mani dei giovani, a patto che sappiano parlare con i vecchi per ritrovare le radici, in un tempo “gassoso” come il nostro.