Congedo dalla diocesi del card. Paolo Romeo amministratore apostolico di Palermo

Omelia nella celebrazione eucaristica
Palermo, 22 novembre 2015
 
1. Con la Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo, Re dell’Universo, al termine dell’anno liturgico, la Chiesa ci invita ad assumere un duplice sguardo: da un lato guardiamo alla storia e al cammino dell'uomo; dall’altro al suo compimento definitivo.
In questo duplice sguardo, che cerca di leggere insieme il presente ed il futuro dell’uomo, il Vangelo di Gesù, ci aiuta a capire fondamentalmente una cosa: e cioè che nel compimento della storia, la fine appunto, si rivela il suo orientamento, la sua finalizzazione, il suo senso, il fine, appunto, che è solamente il Signore Gesù, il Vivente, il Crocifisso Risorto.
Il presente viene illuminato dal compimento futuro, e la pienezza futura è preparata dalla qualità di questo “frattempo” di attesa che l’uomo è chiamato a vivere, tutto orientato verso la manifestazione gloriosa del Salvatore. 
Come dire che il Regno di Dio si compie definitivamente alla fine dei tempi solo perché lo si è costruito pazientemente nel tempo. Come dire che il trionfo di Cristo sulla storia si prepara accogliendo lo stesso Cristo nelle singole storie umane e nell’operosa quotidianità.
 
2. Comprendiamo perché nella scena del Vangelo appena proclamato non vi sia alcun trionfalismo. Esso offuscherebbe e tradirebbe il senso della vera regalità di Cristo. In Gesù che subisce il processo ingiusto e la passione per mano dei suoi nemici, quella regalità, che sembra apparentemente offuscata, in realtà viene rivelata nella sua vera essenza: “Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità” (Gv 18,37).
Proprio nella Passione, Cristo si rivela come re perché offre la sua vita per amore, ama fino alla fine, fino al compimento estremo: è questa la verità a cui il Signore rende testimonianza, ed è questa l’unica verità che può gettare luce sull’esistenza umana.
Quanti ascolteranno la sua voce, ossia seguiranno il Pastore Buono nel dono estremo di sé, saranno nella verità di un regno che non opprime i suoi sudditi, ma li libera facendoli diventare figli.
Regnare è dunque servire per amore. Quanto annunciato dall’evangelista Giovanni con la scena della lavanda dei piedi, si compie adesso nell’amore fino alla morte. Il Re dei Giudei ha un regno eterno – come abbiamo ascoltato dalla prima lettura – che rimane e non passa come questo mondo.
 
3. Sulla scia di questa proclamazione evangelica, considero questa celebrazione un momento significativo e prezioso della mia vita: mentre mi congedo dal servizio episcopale a questa amata porzione del popolo di Dio che è in Palermo, faccio memoria della fedeltà del Signore alle sue promesse, e riconosco, insieme con voi tutti, la sua azione che si è incarnata nella mia povertà, la costruzione del Regno che si è servita anche di me.
Ad accompagnarmi in questo particolare momento, questa sera, siete tutti voi, verso i quali esprimo, nel Signore, particolare gratitudine.
Amatissima Chiesa di Palermo, a cui lo stesso Successore di Pietro mi ha voluto sposare: ho avvertito in questi anni il vostro calore e il vostro abbraccio! Ho avvertito e continuo ad avvertire la vostra preghiera e il vostro sostegno fiducioso!
Sì, carissimi! Questa sera percepisco ancora una volta tutta la bellezza della nostra Chiesa, e per questo ringrazio il Signore: questa nostra celebrazione ci trova tutti uniti – pastore e gregge – per ringraziarlo del cammino che insieme ci ha fatto percorrere, e per implorare da lui l’abbondanza della sua misericordia su quanto ancora questo amatissimo popolo potrà e dovrà compiere insieme al suo nuovo Servo e Pastore, Mons. Corrado Lorefice cui va il nostro pensiero orante.
 
4. Come i settanta anziani donati da Dio a Mosé per condividere con lui la guida di Israele, riconosco che per tutti questi anni è stata data anche al mio ministero la preziosa collaborazione di tanti, che, interpellati dalla grazia, si sono impegnati a creare insieme e sempre più le condizioni per l’attuarsi del Regno di Dio in mezzo agli uomini, nella comunione ecclesiale, vera ricchezza e risorsa per la nostra credibilità.
Mi è tuttavia doveroso ringraziare personalmente il carissimo Mons. Carmelo, Vescovo Ausiliare che mi ha sapientemente e pazientemente accompagnato nella comune dedizione a questa Chiesa che lo ha generato alla fede. Al Signore chiedo di continuare ad assisterlo nella nuova missione che comincerà il 28 novembre prossimo come Pastore della Chiesa sorella di Ragusa.
Ringrazio i Vicari episcopali, che hanno condiviso con me la fatica del governo pastorale di questa Diocesi, e tutti coloro che, a vario titolo e anche nell’umiltà e nel nascondimento, nella Curia Arcivescovile, sono stati menti e braccia preziose per il cammino di questi anni.
Abbraccio il presbiterio che continuerò a portare nel cuore come Padre. Ho ricevuto da tanti sacerdoti esempi luminosi di generosità di apostolato e di servizio, e se qualche volta non sono stato capace di apprezzare questo tesoro, chiedo perdono.
Ringrazio i membri della vita consacrata, dono e ricchezza della nostra Arcidiocesi, testimonianza di una Chiesa varia nei diversi carismi e splendente nelle testimonianze di santità dei vostri fondatori, sempre vive ed attuali.
Saluto tutte le gentili e distinte Autorità civili e militari, con le quali, in questi anni, si sono create sinergie positive a favore del bene comune di questa amata Palermo e della terra di Sicilia tutta, in particolar modo nell’accoglienza dei poveri e degli immigrati, e per la costruzione di una più pacifica convivenza.
Rivolgo il pensiero agli ammalati e ai sofferenti, associati più strettamente al mistero della sofferenza di Cristo e per questo più strettamente investiti della responsabilità di essere le membra della Chiesa che, soffrendo, non cessano di offrire la vita in sacrificio. Li ho sentiti particolarmente vicini e – nello stesso tempo – desidero far percepire ancora il mio abbraccio paterno e grato. 
Ringrazio anche i diaconi, che si sono mostrati sempre volto sollecito della Chiesa che si china su antiche e nuove povertà.
Saluto i cari seminaristi, futuro in cui tutti vogliamo credere, a cui ho sempre manifestato il mio affetto e per i quali non cesserò di pregare. Dio parla anche nella rinascita vocazionale che si è rilevata in questi ultimi anni, per la quale tanti giovani hanno scelto di donare totalmente la propria vita al Signore nella speciale consacrazione al suo servizio, nel sacerdozio ministeriale. Tanti frutti si sono visti ed ora sono certo matureranno sempre meglio nella mani del nuovo Pastore.
Abbraccio con calore tutte le molteplici componenti laicali della nostra Chiesa locale: i gruppi, i movimenti, le associazioni. Un laicato formato ed appassionato che chiede sempre più spazi e possibilità per una partecipazione attiva alla missione evangelizzatrice della Chiesa, sforzandosi di compiere sempre nuovi passi nei cammini di santità percorsi nella vita ordinaria, e nella testimonianza dei valori del Vangelo in seno alla società civile.
Anche in questo significativo passaggio che la nostra Chiesa sta per vivere, è necessario credere sempre più – carissimi fratelli e sorelle – che è l’unico Spirito Santo che ci anima tutti in un cammino comune per l’edificazione del Regno di Dio in mezzo agli uomini. Il Signore non smette di desiderare che, per la missione che è propria a ciascuno, tutti ci sentiamo parte di un meraviglioso disegno di salvezza che conta sulla nostre povere forze.
Lo ringraziamo per averne suscitate tante in questi anni! E gli chiediamo di continuare ad essere generoso con questa Chiesa!
 
5. Certamente, l’esempio di Cristo Re perché Servo per amore, stasera interpella anche la mia fragilità esistenziale, la mia condizione di peccatore, sempre manchevole dinanzi al Signore, che è venuto in mezzo a noi come colui che serve (cfr Lc 22,25-27).
Ho potuto sperimentare tante volte che i miei personali limiti umani – che affido all’amore misericordioso del Signore – non hanno impedito il manifestarsi dell’azione di un Dio forte, di un Dio che converte il cuore dell’uomo, che lo accoglie nella sua Chiesa, che continuamente nutre il suo popolo, se ne prende cura, lo salva.
A questo “Dio forte” ho consacrato la vita, nel servizio alla sua Chiesa, e con animo contrito chiedo al Signore di ogni bene di perdonare le mie debolezze, le mie infedeltà, le mie stanchezze e le mancanze di generosità nel donarmi interamente alla causa del Vangelo.
Tra tanti pensieri ed emozioni che abitano nel cuore in questo momento, vorrei esprimere solo questo: vorrei aver lasciato il desiderio e l’esigenza di sentirci, tutti e di più, Chiesa. Vorrei aver lasciato il desiderio di convertirci alla Chiesa, cercando di mettere da parte visioni parziali e personali, o di filtrare ogni suo aspetto attraverso le nostre aspirazioni individuali e i nostri schemi mentali.
Convertirci cioè ad un maggiore senso ecclesiale, ad una unione più concreta, che si evidenzi nella partecipazione attiva e propositiva alla vita diocesana, con le sue alte espressioni profetiche come pure con le sue ferite e le sue problematiche lentezze. Un senso ecclesiale che si manifesti nel ricercare una pastorale che sia la più possibile unitaria, seppur nell’articolazione dei ministeri diversi a noi affidati, entro una pastorale sinfonica, una vera e propria pastorale d’integrazione.
Perché è da questo desiderio nel cuore di ognuno che dovrà partire il vostro nuovo Pastore, Mons. Corrado. Non esistono ricette preconfezionate o magie pastorali che, come per incantesimo, risolvano problemi antichi e nuovi. Niente può cambiare se manca questo desiderio comune di essere Chiesa e di esserlo sempre meglio.
 
6. Permettetemi, infine di ringraziare il Signore per la testimonianza presbiterale del Beato Giuseppe Puglisi, che, in questo momento di particolare commozione, sento parlare proprio a me.
Tempo fa mi è stato raccontato che una sua penitente, ritenendo di confessare sempre gli stessi peccati, esclamava: “Padre Pino, come devo fare? Mi accuso sempre degli stessi peccati! Devo ricominciare di nuovo tutto da capo!”. E Padre Pino, con serenità rispondeva: “Non devi ricominciare tutto… Devi ricominciare…da qui!”. Come dire che dal perdono di Dio si riparte consapevoli della strada fatta, anche se piena di errori, ma con la speranza nella novità di ciò che il Signore fa già intravedere all’orizzonte.
Accanto a questo aneddoto, che è balsamo per le mie fragilità sperimentate in questi anni di servizio, mi piace rileggere un passaggio di una sua catechesi ai giovani, in un campo scuola degli anni ‘80: “Sappiamo che dobbiamo impegnarci, però sappiamo anche che siamo fragili, e abbiamo fatto, tante altre volte, propositi, forse anche alti e grandiosi che poi non sono stati rispettati, ma il Signore sa che noi siamo qui e chi siamo, e guarda ai nostri propositi con tenerezza; sa dove possiamo arrivare e Lui ci sta accanto, con il suo amore, con il suo sguardo, con il suo sorriso paterno, direi anzi materno, e ci segue. Non dubitiamo mai della sua tenerezza e del suo Amore, anche se dovessimo sbagliare, anche se qualche volte non siamo capaci di mettere in pratica quei propositi che abbiamo fatto. Alziamo lo sguardo; il Signore è lì che ci aspetta sorridente; si ferma e ci aspetta, ci prende per mano e ci sollecita, ci dà la sua luce e la sua forza”.
 
7.  Il Regno di Dio in mezzo agli uomini ha origine nel cuore di ogni credente che, convertendosi ogni giorno, ogni giorno pronuncia il suo “eccomi” dinanzi alle tante situazioni in cui è chiamato ad essere “sale della terra” e “luce del mondo”.
 Che questa Chiesa di Palermo possa e voglia sempre rispondere generosamente alla chiamata di Dio, come fece la Vergine Maria, come hanno fatto tanti uomini e donne, anche sconosciuti, che nella storia hanno edificato e piantato la novità di Dio.
È questa la mia preghiera per tutti voi! Una preghiera che desidero consegnare alla Vergine Santa, che in questa Cattedrale contempliamo come Assunta in Cielo.
La Vergine Maria possa custodire il nostro cammino ecclesiale, mostrandoci in ogni istante il figlio Gesù, Via, Verità e Vita, e intercedendo per la nostra Arcidiocesi, così ricca di fede, così bisognosa di speranza, così generosa e feconda di un amore che, in mille forme diverse, continua a tracciare la storia della salvezza.
A tutti chiedo: pregate per me!