25 marzo 2022 CS --29/22

Atto di Consacrazione di Russia e Ucraina al Cuore Immacolato di Maria

l’Arcivescovo di Palermo Mons. Corrado Lorefice ha presieduto in Cattedrale la solenne Celebrazione Eucaristica nella Solennità dell’Annunciazione del Signore

“Indigniamoci dinanzi a ogni forma di male e di violenza. Dinanzi a questa ennesima nefasta guerra. «La Chiesa non può essere neutrale di fronte al male, da qualunque parte pervenga, la sua via non è la neutralità, ma la profezia» (Card. G. Lercaro, Omelia, 1 gennaio 1968)”

In questo venerdì 25 marzo, Solennità dell’Annunciazione del Signore, Papa Francesco ha consacrato nella Basilica Vaticana il mondo intero, e in particolare la Russia e l’Ucraina, al Cuore Immacolato di Maria. Nella Chiesa Cattedrale di Palermo l’Arcivescovo Mons. Corrado Lorefice ha presieduto una Celebrazione Eucaristica alla quale sono stati invitati tutti i presbiteri e i rappresentanti degli ordini religiosi maschili e femminili presenti nell’Arcidiocesi. Al termine della celebrazione l’Arcivescovo ha recitato il testo dell’apposita preghiera preparata dal Sommo Pontefice.

 

 

Solennità dell’Annunciazione del Signore

25 marzo 2022

Omelia

L’Annunciazione a Maria manifesta la dismisura, l’eccesso dell’amore di Dio. Maria è la ‘super graziata’, la ricolmata di grazia. Lei ne prende consapevolezza, fino a riconoscere che Dio ha considerato la sua pochezza, la sua bassezza, come dirà a casa della cugina Elisabetta: «Ha guardato l’umiltà della sua serva» (Lc 1,49).

L’angelo che irrompe in quella piccola casa di Nazareth, di quel villaggio sperduto della terra della contaminazione che è la Galilea, dice prima di tutto la pura grazia di un Dio che raggiunge le case dove abitano uomini e donne ordinari, non i palazzi dei grandi delle capitali di questo mondo.

Nella lettera agli Efesini si legge che Dio Padre in Gesù «ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella
carità» (1,4). La grazia oltrepassa i cieli e irrompe nel divenire del tempo, dentro il pulviscolo dei secondi che scansionano la giornata umana, e si posa su un fragile fiore di campo quale è la vita di un uomo e di una donna.

Un Dio che si incarna nel grembo di una donna, che entra nella casa comune degli uomini, che scende sempre, che abbatte le distanze. Come era sceso a passeggiare nel giardino paradisiaco, pensato e creato dalla mente e dalla parola creatrice di Dio per la gioia dell’umanità di ogni tempo.

Eppure in quel giardino prevalsero il sospetto e l’orgoglio. La brama riuscì a sminuire la grandezza della creaturalità, la bellezza della relazione tra la creatura e il Creatore. Sospetto e concorrenza prevalsero sulla fiducia. Non più l’eccomi dell’incontro bensì il diniego del nascondimento. Il giardino fecondo si trasformò in arido e impervio suolo da vangare nella fatica e nel sudore. Il ritorno del cosmo nel caos. Dalla pace paradisiaca alla violenza fratricida.

Con l’annunciazione Dio ritorna a camminare tra gli uomini, nella terra. L’annunciazione ci racconta la caparbietà di Dio, del suo amore redentivo. Il Dio che continua a credere nel cosmo, che non si rassegna al caos. L’eccomi di Maria e di Gesù sono l’inizio della nuova creazione. Entrambi offrono se stessi, il loro corpo: «Un corpo invece mi hai preparato. Allora io ho detto: Ecco io vengo per fare, o Dio, la tua volontà» (Eb 10,5.7.9; ). «Nel rotolo del libro su di me è scritto di fare la tua volontà» (dal Sal 39).

L’eccomi di Maria e di Gesù continui nel nostro eccomi. Uniamoci al loro eccomi. Ogni eccomi – di quanti abbiamo ricevuto un corpo – contribuisce alla sconfitta del male. Pronunciamo il nostro eccomi. Mettiamoci a disposizione di Dio. «Non ci avete mai pensato che se qualcuno di voi, quando qualcuno di voi, dice “eccomi”, “ci sono”, “ci sono per te”, nasce la vita, nasce una speranza. Perché dire “ci sono”, “ci sono per te” è il contrario del “tirarsi indietro”, del fregarsene, del non prendersi una responsabilità, tutti atteggiamenti che generano morte, è il coraggio di rispondere: “ci sono, eccomi”. Anche il mondo che ci sta attorno, anche la chiesa, anche la società sarebbero diverse se tutti ogni giorno dicessimo: “Ci sono, prendo la mia responsabilità”» (Don Angelo Casati).

Indigniamoci dinanzi a ogni forma di male e di violenza. Dinanzi a questa ennesima nefasta guerra. «La Chiesa non può essere neutrale di fronte al male, da qualunque parte pervenga, la sua via non è la neutralità, ma la profezia» (Card. G. Lercaro, Omelia, 1 gennaio 1968). Diamo voce alla profezia dell’eccomi, perché sia eco dell’eccomi di Dio al mondo. Ogni eccomi sostiene la certa speranza che non prevarrà il male nel mondo amato da Dio, che non dominerà l’odio e la violenza generati dalla brama e dal delirio di onnipotenza che si annida nei cuori di tanti.

Nell’eccomi di Maria, il nostro eccomi. La vittoria della grazia, del bene, dell’armonia, della pace. L’eccomi è il canto dei redenti, di chi danza con il cuore in festa per l’inizio dei cieli nuovi e della terra nuova deflagrato nel grembo della vergine di Nazareth, la Madre che rimane salda anche sotto la croce. Il canto dei costruttori di pace, dei non violenti, dei puri di cuore e dei piccoli di Dio.

Coinvolgiamoci fattivamente nell’atto di affidamento dell’umanità e specialmente della Russia e dell’Ucraina al Cuore Immacolato di Maria voluto dal S. Padre. Pronunciamo davanti a Dio, qui ed ora, il nostro fiat, il nostro eccomi.