Amatissime, Amatissimi,
il tempo liturgico della Quaresima ci viene donato dalla madre Chiesa come scuola di pentimento e conversione – attraverso un pellegrinaggio interiore alle sorgenti stesse della fede –, per riconsiderare la nostra vita alla luce della rinascita battesimale “da acqua e da Spirito” (Gv 3,5). Ci vengono in aiuto le illuminanti parole di sant’Agostino: «Ritornate al Signore. Egli è pronto. Prima rientra nel tuo cuore, tu che sei diventato estraneo a te stesso, a forza di vagabondare fuori: non conosci te stesso, e cerchi colui che ti ha creato! Torna, torna al cuore […]. Rientra nel cuore: lì esamina quel che forse percepisci di Dio, perché lì si trova l’immagine di Dio; nell’interiorità dell’uomo abita Cristo, nella tua interiorità tu vieni rinnovato secondo l’immagine di Dio (Eph 3, 16-17): nella di lui immagine riconosci il tuo Creatore» (Commento al Vangelo di Giovanni, Omelia 18, 10).
La fede non è un vago sentimento o una mera codificazione di dottrine, bensì una postura vitale che riguarda l’intera persona a partire dalla sua interiorità; si colloca nell’ambito della convinzione e non solamente in quello della conoscenza. Abbraccia l’intelligenza del cuore e predispone alla relazione fiduciale, all’amore dell’Altro (di Dio) e degli altri (del prossimo). La fede ‘divinizza’ l’uomo e, pertanto, lo umanizza. Credere è volgere lo sguardo a Dio, certi del suo amore. La fede è conversione e risposta all’amore preveniente di Dio. Il credente sa di essere un amato e per questo è sempre un amante.
La conversione, da un punto di vista etimologico (metànoia in greco), indica il cambiamento del nous che, nella visione antropologica greca, non è semplicemente la parte intellettiva dell’essere umano bensì l’interiorità (nella Bibbia corrisponde anche a coscienza o a cuore). Quindi la metànoia riguarda il cambiamento dell’interiorità, lo sguardo che parte dall’epicentro dell’uomo. Ma risulta interessante anche un secondo verbo, epistrephō, che esprime invece un significato più concreto e cioè il tornare indietro, l’invertire il cammino – corrispondente alla radice dell’ebraico shûb – per reindirizzare la vita, per una trasformazione frutto di un taglio e del distacco dal male.
La Chiesa ha fiducia che il pellegrinaggio interiore della conversione quaresimale sia capace di sprigionare l’amore di Dio riversato nei nostri cuori, per mezzo dello Spirito Santo (cfr Rm 5,5), nella rinascita e nell’unzione crismale battesimale – la nostra prima Pasqua –, quando anche noi siamo morti e risorti con Cristo (cfr Rm 6,4-5).
Ma se la Quaresima, con la tensione pasquale che la connota, mira a riattivare nei credenti l’amore di Dio, le nostre comunità vengono oggi particolarmente interpellate da una parola che l’Evangelista Matteo mette sulle labbra di Gesù: «per il dilagare dell’iniquità, l’amore di molti si raffredderà» (Mt 24,12).
La percezione collettiva che attualmente prevale nella Casa comune – nelle nostre Città e nel pianeta Terra –, è l’inaridimento dei cuori, il raffreddamento dell’amore, l’avanzare dell’odio e della violenza. Sono sotto i nostri occhi le opere della sclerocardia, dei cuori pietrificati non più irrorati dall’amore di Dio, non più animati dallo Spirito. È sorprendente l’attualità dell’elenco che ne dà l’Apostolo Paolo scrivendo alla comunità della Galazia: queste opere «sono ben note: fornicazione, impurità, libertinaggio, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere» (Gal 5,19-21).
Ma Gesù, nello stesso brano di Matteo, non si ferma a costatare solamente il «dilagare dell’iniquità». Prosegue dicendo: «Frattanto questo evangelo del regno sarà annunziato in tutto il mondo» (Mt 24,12). Il nostro, dunque, è un tempo opportuno per cuori che vogliono resistere al raffreddamento, per discepole e discepoli del Signore Gesù, per comunità cristiane, che si convertono continuamente all’amore. All’amore di Dio e all’amore del prossimo. Con efficacia di parola Papa Francesco nel Messaggio per la Quaresima 2024 ha ricordato che «l’amore di Dio e del prossimo è un unico amore. Non avere altri dèi è fermarsi alla presenza di Dio, presso la carne del prossimo». Questo è il centro dell’annuncio cristiano, la perla preziosa dell’E-vangelo di Cristo. Questo è il contenuto e il compito della fede; il senso ultimo dell’esistenza cristiana.
La Quaresima, «mistero dei quaranta giorni» (Inno per l’Ufficio delle Letture) e «sacramento della nostra conversione» (Colletta della prima domenica di Quaresima) è paradigma dell’impegno continuo di trasformazione che accompagna tutta la vita cristiana, ‘bottega di spiritualità e di umanità’ dove si apprende e si esercita l’arte di discendere nel cuore. Nell’economia dell’Anno liturgico è un’opportunità offerta dalla madre Chiesa per ritornare a rivolgere lo sguardo a Cristo dopo averlo distolto da se stessi e da ciò che seduce e svia il cuore umano e la coscienza cristiana (secondo 1Gv 2,16, la bramosia della carne e degli occhi e la superbia della vita). Come ricorda ancora Papa Francesco, «sebbene col battesimo la nostra liberazione sia iniziata, rimane in noi una inspiegabile nostalgia della schiavitù. È come un’attrazione verso la sicurezza delle cose già viste, a discapito della libertà».
Quaresima è una rinnovata possibilità – contro ogni fallimento e scoraggiamento –, per riprendere il cammino della sequela Christi, per vivere e camminare secondo lo Spirito e raccogliere e diffondere il suo frutto: «amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé» (Gal 5,22; cfr v. 25). La conversione è il grande miracolo della fede che ha il potere, come sosteneva il grande Vescovo di Ippona, di renderci autenticamente liberi, sottomessi solo a Dio: «Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete veramente liberi (Gv 8, 34-36). Questa è la nostra speranza, o fratelli: che ci liberi colui che è libero, e, liberandoci, ci faccia suoi schiavi. Eravamo schiavi della cupidigia, e, liberati, diventiamo schiavi della carità» (Commento al Vangelo di Giovanni, Omelia 41, 8).
Questo è un tempo che chiama oltremodo noi cristiani alla responsabilità della costruzione della Città umana. Perché anche nella nostra Palermo e nelle altre Città dell’Arcidiocesi – come auspica il Santo Padre nel Messaggio – si possa gustare «il balenare di una nuova speranza». La ‘metànoia continua’ a Dio e alla sua Carità, al suo Amore, è il debito di noi cristiani nei confronti della Città e dell’intera famiglia umana, fino al ritorno del Signore Gesù nella gloria.
Si tratta di attualizzare ed armonizzare creativamente i segni che accompagnano il cammino quaresimale: l’assiduo ascolto della Parola, la preghiera costante, la penitenza, il combattimento spirituale e le opere di carità fraterna.
Una autentica conversione, alimentata dalla lettura orante delle Scritture, ricca dei frutti del digiuno e di una vita sobria capace di semplicità e di presa di distanza dall’apparire e dall’idolatria delle cose, rende generosi e creativi ‘elemosinieri’, attenti al prossimo e capaci di comprenderne la sofferenza, servi dell’amore e artigiani di carità nei vari ambiti della vita, dalla famiglia alla professione, dal pianerottolo alla strada, in comunità e ‘nell’atrio dei gentili’.
La Quaresima ci sprona anche a vivere «la forma sinodale della Chiesa, che in questi anni stiamo riscoprendo e coltivando». Come ci esorta il Papa, «è tempo di decisioni comunitarie, di piccole e grandi scelte controcorrente, capaci di modificare la quotidianità delle persone e la vita di un quartiere» (Messaggio per la Quaresima 2024). Perché il cambiamento d’epoca che stiamo attraversando non sia preludio della glaciazione dei cuori, l’amore vicendevole (la nostra comunione in Dio) e la fede che opera per mezzo della carità, sono l’apporto dei cristiani per l’unità del genere umano infranta da tanti conflitti prolificati come metastasi impazzite del vecchio secolo e che rischiano di far deflagrare la guerra totale.
È un tempo che ci impegna a invocare con fiduciosa insistenza il dono dello shalôm, della pace messianica, a diffondere una cultura della non violenza, ad essere mediatori e artigiani di pace, a resistere e a interrompere il cortocircuito perverso dell’aggressività dilagante, a ‘disarmare’ le parole, a diffondere gesti di riconciliazione e di perdono, a riconoscere i volti e, nell’incrociarsi dei volti, a celebrare la convivialità fraterna.
Ci sia di sprone l’esortazione di S. Agostino: «Perché non utilizzi il giorno che oggi Dio ti dà per convertirti? È in questo senso che il Signore dice alla donna: Neppure io ti condanno: non preoccuparti del passato, pensa al futuro. Neppure io ti condanno: ho distrutto ciò che hai fatto, osserva quanto ti ho comandato, così da ottenere quanto ti ho promesso» (Commento al Vangelo di Giovanni, Omelia 33, 8).
Ci accompagnino in questo itinerario di grazia e di conversione lo sguardo amorevole di Maria Santissima e la fedele vicinanza di Santa Rosalia che, in questo Anno Giubilare a lei dedicato, ne siamo certi, vorrà camminare con noi suoi fratelli e sorelle nella fede e tra i suoi concittadini, per condividerne in tutto il travaglio, la sofferenza, i lutti, la povertà, la tristezza, la speranza, il desiderio di vita e di felicità.
Accanto a voi tutti verso l’esultanza del giorno di Pasqua, tutte e tutti abbraccio e benedico nel Signore.
Palermo, 14 febbraio 2024, Mercoledì delle Ceneri
+ Corrado Lorefice, Arcivescvovo
Il “contapreghiere” di Santa Rosalia nel Seminario Arcivescovile
Il prezioso reliquiario, rinvenuto il 15 luglio del 1624, accompagnerà i Seminaristi durante il tempo della Quaresima
Per volontà del parroco della Cattedrale di Palermo, Mons. Filippo Sarullo, nella celebrazione del 13 febbraio scorso (anniversario dell’apparizione di Santa Rosalia al “cacciatore”), è stato consegnato al Seminario Arcivescovile di Palermo, nelle mani del rettore Don Antonio Mancuso, il prezioso reliquiario contente la corona pregatoria o contapreghiere, rinvenuta tra le ossa di Santa Rosalia, il 15 luglio 1624. Con questo segno, appartenuto alla Santuzza – che accompagnerà tutti i seminaristi durante la quaresima – si è voluto sottolineare la riflessione sul tema della preghiera e del silenzio, elementi essenziali della vita di Rosalia e del tempo quaresimale.
Il reliquiario sarà custodito nel coro del seminario, luogo di preghiera e dove si celebra la liturgia delle ore. La presenza del reliquiario all’interno del Seminario Arcivescovile offre un’ulteriore occasione di preghiera per i seminaristi e per le vocazioni.