Messaggio dell’Arcivescovo per il Festino: “Liberiamoci dalla peste dell’individualismo e della sopraffazione

“Riguadagnare la visione della convivenza, vivere la città vincendo l’individualismo, una delle pesti più gravi di oggi, liberarla dai falsi idoli”. Monsignor Corrado Lorefice al suo secondo Festino, apre le porte di casa per la presentazione del programma delle celebrazioni e non si sente più uno «straniero». “Sono palermitano” – ripete durante il suo intervento e lancia messaggi forti sul modo di intendere il ruolo di ciascuno nella città. Bandire l’individualismo, “noi meridionali abbiamo questa tendenza. Ma il messaggio di Rosalia è chiaro: lei si apparta non per deresponsabilizzarsi, ma per fare pienamente parte della città, tanto da intercedere per la liberazione dalla peste, che oggi è quella della sopraffazione, della ricerca degli interessi personali”.
Ha ancora negli occhi le fiamme che un anno fa avvolsero Monte Pellegrino, provocando gravi danni. Scene che si sono ripetute in altre parti della Sicilia. “Ancora una volta gli uomini distruggono se stessi con gli incendi. Se non recuperano il senso della relazione con la natura, gli uomini preparano il deserto della loro vita e distruggono se stessi” – sottolinea.
Il prendere parte alla vita della città significa anche saperla rendere accogliente. «Palermo può diventare un modello per la nostra Europa, l’unica via è riconoscere e accogliere l’altro, da qui deve partire un invito al dialogo interreligioso, alzare i muri o chiudere i porti non serve a niente – osserva -. Sappiamo che prima o poi i muri vengono abbattuti e soprattutto oggi abbiamo questa grande responsabilità, che consiste nell’accoglienza e nel valorizzare la diversità dell’altro». Un concetto che diventerà concretezza proprio la mattina del 14 luglio, alle 10, quando al palazzo arcivescovile (come già avvenuto l’anno scorso per la prima volta) accoglierà i rappresentanti di tutte le confessioni religiose per un incontro di fraterna amicizia «a testimonianza dell’armonia, della pace e della solidarietà tra gli uomini».
Dal volto di Rosalia «può venire un fascio di luce per tutti». L’imperativo è liberare la città dai falsi idoli. Proprio come fece il grande profeta Elia nell’Antico Testamento, che diventa l’icona scelta da Lorefice per interpretare in chiave teologica il tema della «leggerezza». «Con un gruppo di giovani preti ci siamo interrogati su questo tema e dal confronto è venuta fuori la figura del profeta Elia, che tiene testa ai falsi profeti, parla con chiarezza e Gezabele vuole ucciderlo, perché risulta un profeta scomodo, che dice la verità». E, per Lorefice, il passaggio a Rosalia, a don Puglisi e ad altri profeti «laici» è breve. «Falcone e Borsellino sono profeti che, come Rosalia, non hanno distolto lo sguardo da ciò che veramente conta, lottando contro ogni falso idolo e falso profeta e contro il giogo che questi impongono alla vita degli uomini e delle relazioni» ricorda l’arcivescovo, in occasione del venticinquesimo anniversario delle stragi di Capaci e via D’Amelio.
E continua con l’esempio di Elia. Quando il profeta sale sul monte Oreb, Dio si presenta a lui. Lorefice cita il primo libro dei Re: «Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento ci fu un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto ci fu un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco ci fu il mormorio di un vento leggero”. Ecco “Dio è presente in questo soffio – dice l’Arcivescovo – La profezia vera è quella che ci fa ascoltare la verità più profonda del nostro cuore al cospetto di questa leggerezza rivelativa, e cioè che nessun uomo deve prendere il posto di Dio, altrimenti l’idolo schiavizza e ci confonde. Rosalia è questa energia di bellezza, di riscatto da chi vuole rendere la vita alienata, schiavizzata, oppressa”.