Festino S. Rosalia discorso alla Città S.E. Card. Paolo Romeo

È bello rincontrarvi, cari fratelli e sorelle amati dal Signore, al termine di questa solenne processione, convocati dalla Santuzza. Tanti vescovi, prima di me, nel corso degli anni e dei secoli, hanno accompagnato questa urna argentea, che custodisce le spoglie mortali di Santa Rosalia, per le vie della nostra amata città di Palermo. Quanti desideri, quante preghiere, quante suppliche si sono succedute, quanti miracoli e grazie il Signore ha concesso tramite l’intercessione della nostra Santa, quante “pesti” sono state debellate. E questa sera, nonostante il caldo, siamo ancora qui, così numerosi!
La domanda che faccio a me e a voi è questa: perché siamo qui? Cosa ci dice Santa Rosalia?  Sicuramente tanti di voi, stanno già percorrendo un cammino di santità, cercando di portare a compimento, ogni giorno, la propria vocazione attraverso una conversione continua, nell’ordinarietà della ferialità. E questo mi rincuora, cari fratelli, e mi fa sperare per il meglio! 
Ma dando uno sguardo attorno a noi, alla nostra società e alla nostra cara Palermo, ci accorgiamo che essa ha bisogno di una vera e propria rinascita: la nostra città deve rinascere moralmente e spiritualmente. Sì, cari fratelli e sorelle: abbiamo bisogno di un rinnovamento profondo, cha attinga al patrimonio culturale e spirituale che i nostri padri ci hanno consegnato e che parta dalle fondamenta della nostra società e si diffonda capillarmente.
La vita di S. Rosalia non è solo una bella storia, non è una processione da fare e un Festino da vivere in allegria e spensieratezza. Se non permettiamo a Rosalia di parlare alla nostra vita, allora tutto diventa vano.
Recentemente Papa Francesco, nella sua visita pastorale alla città di Napoli, metteva in guardia contro la corruzione della società, ed una società corrotta – diceva – è una società che puzza! Corruzione vuol dire perdere la bellezza originaria, degradarsi spiritualmente e moralmente. E questa corruzione, condiziona la vita di tutti noi, costringendoci a pagare un prezzo troppo altro che non possiamo più permetterci.  
Quante situazioni si pongono quotidianamente alla nostra attenzione: la mancanza di lavoro, che toglie la dignità all’uomo, che non da la possibilità di portare il pane a casa; tanti giovani sono privati così di un futuro sereno nella nostra città, e sono costretti a partire lasciando i propri cari e la propria terra;  migliaia di migranti che, sbarcando quotidianamente sulle nostre coste, sono alla ricerca di un avvenire migliore per loro e per i propri figli; i tempi e i luoghi di una sanità che continua ad arrancare, con lunghi tempi di attesa per tanti ammalati, compromettendo, a volte, ancora di più, la loro salute; la messa in discussione della famiglia autentica con l’affermarsi di una visione antropologica distorta, che confonde l’identità sessuale dei bambini e dei ragazzi…
Potremmo continuare ancora citando altri effetti di corruzione, riconducibili al primigenio peccato: quello dell’autoreferenzialità, di voler fondare la propria vita sul proprio “Io” e non su Dio! Per questo occorre lottare senza compromessi, senza scorciatoie e strade facili.    
È necessario, e quanto mai prioritario, mettere al centro del nostro pensare e del nostro agire Gesù Cristo: una società senza Dio è una società senza direzione né meta, che brancola nel buio.
In questo impegno che tutti dobbiamo assumere, ci vengono in aiuto i nostri santi, che hanno vissuto nella nostra città in tempi certamente più drammatici dei nostri: san Benedetto il Moro, simbolo di integrazione interculturale e consigliere spirituale e morale per molti che accorrevano a lui; il beato Giacomo Cusmano, col suo “boccone del povero”, che ci ha ricordato l’importanza della condivisione del cibo, dono di Dio per tutti; il beato Pino Puglisi, che con il suo esempio di sacerdote e di educatore, ha cercato il riscatto di tanti ragazzi e giovani per garantire loro un futuro migliore. Era solito dire che “se ognuno fa qualcosa, insieme possiamo fare molto”. Ognuno di noi può contribuire a cambiare il volto della nostra città, attraverso l’attenzione a chi ci sta vicino, al bisogno del nostro prossimo, nell’alleviare la solitudine dell’anziano che vive nel nostro stesso condominio, nel porgere una mano di riconciliazione e misericordia nei confronti di chi ci ha fatto un torto.  
Sì, cari fratelli e sorelle: la nostra città di Palermo è una città che ha brillato per santità e vuole ancora farlo! Accogliamo questo monito e permettiamo alla grazia trasformante di Dio, di convertire dal profondo le nostre coscienze.  È questo il riscatto morale che tutti, ciascuno facendo la propria parte, deve portare avanti.
Come tutti sappiamo, Papa Francesco ha recentemente pubblicato l’Enciclica “Laudato sì”, sulla cura della casa comune, ovvero la nostra terra. Il titolo si riferisce all’invocazione di San Francesco d’Assisi “Laudato sii, mio Signore”, nella quale il Santo elenca tutti i doni che il Signore elargisce sempre con abbondanza e creatività.
Così scrive: “Che tipo di mondo desideriamo trasmettere a coloro che verranno dopo di noi, ai bambini che stanno crescendo? […] Quando ci interroghiamo circa il mondo che vogliamo lasciare ci riferiamo soprattutto al suo orientamento generale, al suo senso, ai suoi valori […]. se questa domanda viene posta con coraggio, ci conduce inesorabilmente ad altri interrogativi molto diretti: A che scopo passiamo da questo mondo? Per quale fine siamo venuti in questa vita? Per che scopo lavoriamo e lottiamo? Perché questa terra ha bisogno di noi? Pertanto, non basta più dire che dobbiamo preoccuparci per le future generazioni. Occorre rendersi conto che quello che c’è in gioco è la dignità di noi stessi. Siamo noi i primi interessati a trasmettere un pianeta abitabile per l’umanità che verrà dopo di noi. È un dramma per noi stessi, perché ciò chiama in causa il significato del nostro passaggio su questa terra”. (n.160).
Carissimi, lasciamoci interrogare dalle domande che il Santo Padre ci rivolge: qual è il mondo che lasciamo in eredità? Quale cultura consegniamo ai nostri figli? Quali valori trasmettiamo loro? Non può essere la cupidigia, la bramosia di affermare noi stessi o di possedere le cose e le persone a vincere. Tutto ciò non ci farà felici, quello che rimarrà di noi, non sono le cose che abbiamo ottenuto, ma come abbiamo vissuto.
E a noi, oggi, ancora una volta, è stata data una luce, e questa luce si chiama Rosalia: essa ha seguito le parole di Gesù, centrando tutto su di lui. E per questo non si è sbagliata. Allora anche noi non sbagliamoci, rifondiamo la nostra vita sul Signore, Lui, il padrone della storia…
Chiediamo a Santa Rosalia di aiutarci a divenire suoi imitatori, di insegnarci ad amare così come ha amato lei, che era totalmente donata a Dio e, proprio per questo, ha potuto essere un dono per tutta la città di Palermo.
Chiediamole la sobrietà nei costumi, la semplicità di vita, l’onestà, l’amore per la nostra terra, la solidarietà, l’accoglienza, tutto questo nell’ottica di riconoscerci come l’erba del campo, che oggi c’è e domani appassisce, per poter sperimentare la gratitudine per tutto ciò che ci è donato, per vivere una vita degna di essere vissuta, ricca di benedizioni per il bene fatto a chi ci sta accanto.
In una parola, chiediamo a Santa Rosalia di farci suoi imitatori nella santità. Solo così Palermo potrà rinascere, potrà tornare ad essere una città vivibile, dove è bello abitare e crescere i propri figli, dove tutti possano avere ciò che è loro necessario per una vita dignitosa e serena, dove la convivenza sia pacifica e amichevole. Che questo non resti solo un sogno, ma diventi realtà con l’impegno di tutti noi.
E allora forza, prendiamo esempio dalla Santuzza.
Viva Palermo e Santa Rosalia!