E’ vero che è in forte e continuo aumento il numero degli anziani. Nessuno può affermare, però, che quello degli anziani sia un fenomeno nuovo. Al contrario, essi sono molto conosciuti, perché sono in ogni famiglia, sono i vicini di casa, si incontrano per strada, nelle Chiese (oggi, forse, frequentate solo da anziani), nei teatri e nei giardini pubblici con i nipoti.
Gli anziani sono una realtà invadente; essi invadono i nostri ambienti, le nostre case, le nostre città, i nostri conti pubblici. Questo “continente” degli anziani va assumendo oggi dimensioni del tutto nuove.
Dentro ogni donna o uomo c’è un anziano potenziale. L’esperienza di invecchiare, fino a qualche generazione fa, era un fatto di pochi e, per lo più, limitato al mondo del benessere. Oggi ovunque c’è l’attesa della vita. Si possono allontanare gli anziani dalle nostre case, dagli ambiti di vita, dagli ambienti che frequentiamo, ma non si può eliminare quell’anziano che è in ognuno di noi. Non si può rigettare quel continente “anziani” che è oggi emerso, quel viso di anziano che viene fuori dal mio corpo, dal mio cuore. L’anziano è colui che più ha ascoltato notizie, accumulandole nella sua memoria, in modo da farlo ritenere anziano sapiente, saggio, depositario di esperienze preziose. Questa idea dell’anziano è stata l’ultima possibilità di dare senso alla vecchiaia. Dopo, la vecchiaia ha cominciato a presentarsi come un non senso.
La nostra Società e la nostra cultura non sono state capaci di elaborare un senso dell’essere vecchi: esse hanno fatto sì che il mondo degli anziani non sia riuscito e non riesce ad imporsi come quello dei giovani. I giovani attirano l’attenzione, fanno rumore, sono produttivi, sono un investimento ed, insieme, una speranza.
Luciano Sandrin, nel suo libro “Un’età da vivere”, fa la descrizione di un esperimento: Una giovane e bella ragazza si vestì e si truccò da vecchia signora. Appoggiandosi al suo bastone, entrò in un negozio di cosmetici, spinse per entrare su un autobus affollato, si mise, borbottando, a turno in un ambulatorio, andò al mercato a comprare la frutta mettendo mani ovunque; il trattamento che ne ebbe fu assai deludente, irriguardoso e di forte disprezzo. Nessuno comprese la sua impotenza, le sue difficoltà, il suo grave disagio.
Il giorno dopo ritornò negli stessi ambienti, ben truccata e vestita, pienamente se stessa e cioè una ragazza giovane, snella e bella, fece gli stessi errori, spinse per entrare nel bus, sbagliò nel contare i soldi, non rispettò il turno in ambulatorio, tastò la frutta; nessun maltrattamento, nessuna lamentela o rimprovero, nessun disprezzo da parte degli altri, anzi sorrisi, complimenti e gentilezze, il messaggio è chiaro: “Caro vecchietto, fatti da parte” .
NO! Non può e non deve essere così, perché gli anziani, come tutti i cristiani, sono sigillati dal segno del battesimo e dai Sacramenti e sono anche segno di Chiesa, un segno eucaristico di amore e di comunione: la longevità nell’Antico Testamento è rappresentata come la promessa di Dio a chi è fedele.
Giovanni Di Cara – Responsabile della Pastorale Anziani dell’Arcidiocesi di Palermo