Signor Presidente,
È per me motivo di grande gioia e di onore rivolgerLe un saluto di benvenuto come Arcivescovo di Palermo, mentre oggi idealmente e tangibilmente consegniamo a questa nostra e Sua amata Città, e a quanti in essa “approdano” – perché a Palermo si approda, è un segno indelebile scritto nel suo nome: παν-όρμος (“tutto-porto”) – uno dei suoi itinerari più significativi dal punto di vista del patrimonio monumentale storico, artistico e religioso. Un patrimonio che condividiamo con le altre Città e Chiese sorelle di Cefalù, di Monreale e Piana degli Albanesi.
La stratificazione arabo-normanna è una chiara espressione di feconda convivenza culturale, etnica e religiosa. Essa intesse e illumina il fascino policromo di Palermo che, come ebbi a dire nel mio primo incontro con questa Città il 5 dicembre scorso, giorno della mia ordinazione episcopale, conserva la «dignità di grande capitale europea, nella sua tradizione illustre di arte e di bellezza, nella sua natura originaria di culla di civiltà, di spazio umano felicemente contaminato da popoli e da culture diverse. Qui Oriente e Occidente davvero si sono incontrati».
Oggi, dinanzi a Lei che, in questo momento così delicato per la nostra Nazione rappresenta il chiaro riferimento ai valori inviolabili del Patto costituzionale, sento l’esigenza di ricordare a tutti la vocazione di pace, di incontro, di unità nel dialogo e nello scambio che Palermo si porta piantata nel cuore. Sento il bisogno di ricordare la sua indole di ponte tra le grandi culture – l’araba, l’ebraica e la cristiana – in un tempo storico così complesso e difficile, in cui si delineano inquietanti scontri di civiltà.
Qui, un tempo, l’acutezza araba, la profondità bizantina e la semplicità romanica si sono fuse quasi a dire e a voler significare per sempre che ogni popolo si porta dentro un ‘genio’ tipico della sua cultura e della sua storia, e che nella contaminazione con altri esso non ne esce indebolito o deformato, ma bensì arricchito e integrato. Contaminarsi è l’unica strada per conservarsi e durare. Chi lo dimentica, chi alza muri, chi si chiude all’altro dimostra non solo una mancanza di sensibilità umana, ma anche una notevole dose di insipienza e di ignoranza. Voglio ribadirlo con forza: nessuna comunità si conserva e si mantiene se non si contamina. E i cristiani per primi sono chiamati a testimoniare nella vita concreta di questa nostra Città la “bella parola” di Uno che ha scelto di contaminarsi con la carne del mondo, e che in questa contaminazione ci ha mostrato il vero volto di Dio: Gesù di Nazareth.
La valorizzazione dell’Itinerario Arabo-Normanno ci dà l’occasione di ricordare la grande storia di Palermo quale nucleo antico di un’unità profonda della nostra Italia, per un motivo preciso che papa Francesco ha richiamato nel suo Discorso per il conferimento del Premio Carlo Magno: «ritornare a quella solidarietà di fatto, alla stessa generosità concreta che seguì il secondo conflitto mondiale» , in un tempo in cui si accentuano e si costruiscono spesso motivi di divisione e di perdita di memoria della bellezza e della forza di un’Italia unita all’interno di un’Europa unita. Un’Italia e un’Europa «in cui essere migrante non è delitto, bensì un invito ad un maggior impegno con la dignità di tutto l’essere umano» ; dove si lavora uniti per generare processi virtuosi di inclusione e di trasformazione; dinamismi capaci di coinvolgere e mettere in movimento tutti gli attori sociali (istituzioni civili e religiose, gruppi e persone) nella ricerca di nuove vie di sviluppo e di soluzioni ai problemi attuali che, seppur gravi, non sono e non possono essere cosi insormontabili da scoraggiarci e da paralizzarci.
Oggi da Palermo si leva un altro segno di speranza per la nostra Italia e per il vecchio Continente, chiamato urgentemente ad esprimere, grazie al suo immenso patrimonio di cultura e di sapienza e in virtù del suo essere “ebbro di giorni” – come la Bibbia ama definire l’anziano – un nuovo umanesimo, «“un costante cammino di umanizzazione”, cui servono “memoria, coraggio, sana e umana utopia”» .
Oggi la Sua presenza, Signor Presidente, ci incoraggia a dare voce a quella energia morale e interiore «che Lei rappresenta e che è la vera forza di mutamento che abbiamo a disposizione».
Grazie Presidente per questa ennesima presenza nella Sua e nostra Palermo, foriera per noi di incoraggiamento e di speranza.
_____________
FRANCESCO, Discorso per il conferimento del Premio Carlo Magno, Città del Vaticano, Sala Regia, 6 Maggio 2016.
Ivi.
Ivi. Cfr. FRANCESCO, Discorso al Consiglio d’Europa, Strasburgo, 25 novembre 2014
È per me motivo di grande gioia e di onore rivolgerLe un saluto di benvenuto come Arcivescovo di Palermo, mentre oggi idealmente e tangibilmente consegniamo a questa nostra e Sua amata Città, e a quanti in essa “approdano” – perché a Palermo si approda, è un segno indelebile scritto nel suo nome: παν-όρμος (“tutto-porto”) – uno dei suoi itinerari più significativi dal punto di vista del patrimonio monumentale storico, artistico e religioso. Un patrimonio che condividiamo con le altre Città e Chiese sorelle di Cefalù, di Monreale e Piana degli Albanesi.
La stratificazione arabo-normanna è una chiara espressione di feconda convivenza culturale, etnica e religiosa. Essa intesse e illumina il fascino policromo di Palermo che, come ebbi a dire nel mio primo incontro con questa Città il 5 dicembre scorso, giorno della mia ordinazione episcopale, conserva la «dignità di grande capitale europea, nella sua tradizione illustre di arte e di bellezza, nella sua natura originaria di culla di civiltà, di spazio umano felicemente contaminato da popoli e da culture diverse. Qui Oriente e Occidente davvero si sono incontrati».
Oggi, dinanzi a Lei che, in questo momento così delicato per la nostra Nazione rappresenta il chiaro riferimento ai valori inviolabili del Patto costituzionale, sento l’esigenza di ricordare a tutti la vocazione di pace, di incontro, di unità nel dialogo e nello scambio che Palermo si porta piantata nel cuore. Sento il bisogno di ricordare la sua indole di ponte tra le grandi culture – l’araba, l’ebraica e la cristiana – in un tempo storico così complesso e difficile, in cui si delineano inquietanti scontri di civiltà.
Qui, un tempo, l’acutezza araba, la profondità bizantina e la semplicità romanica si sono fuse quasi a dire e a voler significare per sempre che ogni popolo si porta dentro un ‘genio’ tipico della sua cultura e della sua storia, e che nella contaminazione con altri esso non ne esce indebolito o deformato, ma bensì arricchito e integrato. Contaminarsi è l’unica strada per conservarsi e durare. Chi lo dimentica, chi alza muri, chi si chiude all’altro dimostra non solo una mancanza di sensibilità umana, ma anche una notevole dose di insipienza e di ignoranza. Voglio ribadirlo con forza: nessuna comunità si conserva e si mantiene se non si contamina. E i cristiani per primi sono chiamati a testimoniare nella vita concreta di questa nostra Città la “bella parola” di Uno che ha scelto di contaminarsi con la carne del mondo, e che in questa contaminazione ci ha mostrato il vero volto di Dio: Gesù di Nazareth.
La valorizzazione dell’Itinerario Arabo-Normanno ci dà l’occasione di ricordare la grande storia di Palermo quale nucleo antico di un’unità profonda della nostra Italia, per un motivo preciso che papa Francesco ha richiamato nel suo Discorso per il conferimento del Premio Carlo Magno: «ritornare a quella solidarietà di fatto, alla stessa generosità concreta che seguì il secondo conflitto mondiale» , in un tempo in cui si accentuano e si costruiscono spesso motivi di divisione e di perdita di memoria della bellezza e della forza di un’Italia unita all’interno di un’Europa unita. Un’Italia e un’Europa «in cui essere migrante non è delitto, bensì un invito ad un maggior impegno con la dignità di tutto l’essere umano» ; dove si lavora uniti per generare processi virtuosi di inclusione e di trasformazione; dinamismi capaci di coinvolgere e mettere in movimento tutti gli attori sociali (istituzioni civili e religiose, gruppi e persone) nella ricerca di nuove vie di sviluppo e di soluzioni ai problemi attuali che, seppur gravi, non sono e non possono essere cosi insormontabili da scoraggiarci e da paralizzarci.
Oggi da Palermo si leva un altro segno di speranza per la nostra Italia e per il vecchio Continente, chiamato urgentemente ad esprimere, grazie al suo immenso patrimonio di cultura e di sapienza e in virtù del suo essere “ebbro di giorni” – come la Bibbia ama definire l’anziano – un nuovo umanesimo, «“un costante cammino di umanizzazione”, cui servono “memoria, coraggio, sana e umana utopia”» .
Oggi la Sua presenza, Signor Presidente, ci incoraggia a dare voce a quella energia morale e interiore «che Lei rappresenta e che è la vera forza di mutamento che abbiamo a disposizione».
Grazie Presidente per questa ennesima presenza nella Sua e nostra Palermo, foriera per noi di incoraggiamento e di speranza.
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FRANCESCO, Discorso per il conferimento del Premio Carlo Magno, Città del Vaticano, Sala Regia, 6 Maggio 2016.
Ivi.
Ivi. Cfr. FRANCESCO, Discorso al Consiglio d’Europa, Strasburgo, 25 novembre 2014