Il Messaggio del Santo Padre verrà offerto da don Carmelo Torcivia, Direttore dell’Ufficio Diocesano per l’Università e la Cultura, che rappresenterà l’Arcivescovo Mons. Corrado Lorefice, assente per impegni istituzionali fuori sede.
Al caro Fratello
Mons. Corrado Lorefice
Arcivescovo Metropolita di Palerrno
Mi rivolgo a te e all’intera comunità dell’Università degli Studi di Palermo in occasione dell’Inaugurazione dell’Anno Accademico, per augurare a tutti e a ciascuno la gioia di chi ricomincia.
La ripresa di molte attività è già avvenuta, ma il momento che vi raduna ne sigilla solennemente l’inizio; e in ogni inizio possiamo riconoscere una promessa: c’è un tempo ulteriore, ci sono pagine ancora da scrivere, c’è un posto per ognuno di noi. Il futuro non ci piomba addosso come un destino già scritto: l’università, nel cuore di una città, è tra i luoghi più significativi in cui prepararlo insieme. Al suo interno, infatti, si realizza quanto altrove è difficile sperimentare: l’incontro e lo scambio fra generazioni; l’avanzamento della ricerca nei diversi ambiti disciplinari; la compresenza di sensibilità culturali, politiche e religiose diverse; l’intreccio fra realtà locale e internazionale; la crescita personale attraverso successi e insuccessi, talenti e fragilità. Tutta la città può guadagnare dalla vostra consapevolezza di essere, nella diversità, una grande comunità. È quello che più manca alla convivenza contemporanea, ferita da una polarizzazione sempre più accentuata dei punti di vista.
Solo insieme si può custodire e interpretare la realtà, solo insieme si può abitarla. Affinché questo non sia uno slogan ma un’esperienza, il lavoro da fare è grande. Separate le une dalle altre, infatti, persino le migliori idee impazziscono: si sganciano dalla vita, diventano bandiere, ci portano allo scontro. L’università, invece, rinvia a quell’universalità che include persino gli opposti: includere è un’attitudine dell’intelligenza, prima che della bontà. Comprendere, infatti, implica accogliere, sospendere il giudizio, ospitare. Senza apertura appassiscono mente, cuore e ogni ambiente umano. Eppure, le paure condizionano anche le persone più dotte e scatenano invidie, competizioni, spirito di rivalsa, rigidità. Occorre, dunque, una salda onestà personale e istituzionale, se vogliamo liberare dalla retorica e dall’ipocrisia i nuovi inizi: perché l’unità prevalga sul conflitto, il bene comune su obiettivi personali e interessi privati, C’è speranza dove la giustizia si fa spazio, e i giovani possono diventarne protagonisti, specialmente attraverso uno studio che non li astrae, ma li immerge nella realtà.
È importante il contatto con la realtà, in particolare con le sue parti rimosse o scartate. Spesso si tratta di persone che in università non entreranno mai, di interi quartieri e componenti sociali divenuti invisibili. Troppo spesso non ne stimiamo l’esistenza e il punto di vista. Eppure, le grandi questioni del presente e del futuro si capiscono più dai margini che dai centri di studio e di potere. La contaminazione di saperi e metodologie, la possibilità di nuove sintesi transdisciplinari, la capacità di attrarre cervelli e risorse dipendono, in gran parte, dal coraggio di mettersi a servizio della città, uscendo ciascuno dalle proprie aree di comfort personali e istituzionali. Allora, dalle passioni tristi si passa a quelle gioiose: l’intelligenza si riaccende, lo studio e la vita si aprono reciprocamente, il nuovo si fa strada e la disperazione arretra. I martiri Rosario Livatino e don Pino Puglisi, insieme a un gran numero di testimoni che hanno illuminato Palermo e la Sicilia con la loro speranza, sono simbolo dei nuovi inizi cui ognuno di voi può contribuire coi propri talenti.
Vi affido una parola, che oggi è in controtendenza. Si tratta di un atteggiamento che ha distinto per secoli le culture del Mediterraneo: la lentezza. Il fascino della tecnica è intriso di velocità. Le cosiddette intelligenze artificiali ci seducono con la loro performatività. Al contrario, leggere prevede una lentezza non più concessa a chi studia e persino a chi insegna. Comprendere domanda lentezza, ed è reso difficile dall’esasperazione degli indicatori di risultato. Crescere, a sua volta, è un processo lento e mai un itinerario lineare: gli insuccessi, come gli errori, sono fondamentali nella ricerca della verità. Anche cambiare ha bisogno di lentezza, si tratti di noi stessi, di una città o del mondo intero. Sono obiettivi, questi, cui non possiamo permetterci di rinunciare. Su di essi si gioca l’intelligenza umana, irriducibile ad algoritmi e a processi logici. È interiore all’intelligenza umana la ricerca del bene, e di esso nessuno ha il monopolio, né la misura. Si tende ad esso passo dopo passo, solo insieme. È questa la promessa inscritta in ogni nuovo inizio.
Nell’affidarti queste riflessioni, di cuore benedico te, caro Fratello, il Rettore, i docenti, i ricercatori, gli studenti e il personale dell’Università degli Studi di Palermo, augurando un Anno Accademico ricco di frutti.
Roma, San Giovanni in Laterano, 8 febbraio 2025
Francesco