08 febbraio 2025 CS --14/25

Messaggio del Santo Padre Francesco in occasione dell’inaugurazione dell’Anno Accademico dell’Università degli Studi di Palermo

Il Messaggio del Santo Padre verrà offerto da don Carmelo Torcivia, Direttore dell’Ufficio Diocesano per l’Università e la Cultura, che rappresenterà l’Arcivescovo Mons. Corrado Lorefice, assente per impegni istituzionali fuori sede.

 

Al caro Fratello

Mons. Corrado Lorefice

Arcivescovo Metropolita di Palerrno

Mi rivolgo a te e all’intera comunità dell’Università degli Studi di Palermo in occasione dell’Inaugurazione dell’Anno Accademico, per augurare a tutti e a ciascuno la gioia di chi ricomincia.

La ripresa di molte attività è già avvenuta, ma il momento che vi raduna ne sigilla solennemente l’inizio; e in ogni inizio possiamo riconoscere una promessa: c’è un tempo ulteriore, ci sono pagine ancora da scrivere, c’è un posto per ognuno di noi. Il futuro non ci piomba addosso come un destino già scritto: l’università, nel cuore di una città, è tra i luoghi più significativi in cui prepararlo insieme. Al suo interno, infatti, si realizza quanto altrove è difficile sperimentare: l’incontro e lo scambio fra generazioni; l’avanzamento della ricerca nei diversi ambiti disciplinari; la compresenza di sensibilità culturali, politiche e religiose diverse; l’intreccio fra realtà locale e internazionale; la crescita personale attraverso successi e insuccessi, talenti e fragilità. Tutta la città può guadagnare dalla vostra consapevolezza di essere, nella diversità, una grande comunità. È quello che più manca alla convivenza contemporanea, ferita da una polarizzazione sempre più accentuata dei punti di vista.

Solo insieme si può custodire e interpretare la realtà, solo insieme si può abitarla. Affinché questo non sia uno slogan ma un’esperienza, il lavoro da fare è grande. Separate le une dalle altre, infatti, persino le migliori idee impazziscono: si sganciano dalla vita, diventano bandiere, ci portano allo scontro. L’università, invece, rinvia a quell’universalità che include persino gli opposti: includere è un’attitudine dell’intelligenza, prima che della bontà. Comprendere, infatti, implica accogliere, sospendere il giudizio, ospitare. Senza apertura appassiscono mente, cuore e ogni ambiente umano. Eppure, le paure condizionano anche le persone più dotte e scatenano invidie, competizioni, spirito di rivalsa, rigidità. Occorre, dunque, una salda onestà personale e istituzionale, se vogliamo liberare dalla retorica e dall’ipocrisia i nuovi inizi: perché l’unità prevalga sul conflitto, il bene comune su obiettivi personali e interessi privati, C’è speranza dove la giustizia si fa spazio, e i giovani possono diventarne protagonisti, specialmente attraverso uno studio che non li astrae, ma li immerge nella realtà.

È importante il contatto con la realtà, in particolare con le sue parti rimosse o scartate. Spesso si tratta di persone che in università non entreranno mai, di interi quartieri e componenti sociali divenuti invisibili. Troppo spesso non ne stimiamo l’esistenza e il punto di vista. Eppure, le grandi questioni del presente e del futuro si capiscono più dai margini che dai centri di studio e di potere. La contaminazione di saperi e metodologie, la possibilità di nuove sintesi transdisciplinari, la capacità di attrarre cervelli e risorse dipendono, in gran parte, dal coraggio di mettersi a servizio della città, uscendo ciascuno dalle proprie aree di comfort personali e istituzionali. Allora, dalle passioni tristi si passa a quelle gioiose: l’intelligenza si riaccende, lo studio e la vita si aprono reciprocamente, il nuovo si fa strada e la disperazione arretra. I martiri Rosario Livatino e don Pino Puglisi, insieme a un gran numero di testimoni che hanno illuminato Palermo e la Sicilia con la loro speranza, sono simbolo dei nuovi inizi cui ognuno di voi può contribuire coi propri talenti.

Vi affido una parola, che oggi è in controtendenza. Si tratta di un atteggiamento che ha distinto per secoli le culture del Mediterraneo: la lentezza. Il fascino della tecnica è intriso di velocità. Le cosiddette intelligenze artificiali ci seducono con la loro performatività. Al contrario, leggere prevede una lentezza non più concessa a chi studia e persino a chi insegna. Comprendere domanda lentezza, ed è reso difficile dall’esasperazione degli indicatori di risultato. Crescere, a sua volta, è un processo lento e mai un itinerario lineare: gli insuccessi, come gli errori, sono fondamentali nella ricerca della verità. Anche cambiare ha bisogno di lentezza, si tratti di noi stessi, di una città o del mondo intero. Sono obiettivi, questi, cui non possiamo permetterci di rinunciare. Su di essi si gioca l’intelligenza umana, irriducibile ad algoritmi e a processi logici. È interiore all’intelligenza umana la ricerca del bene, e di esso nessuno ha il monopolio, né la misura. Si tende ad esso passo dopo passo, solo insieme. È questa la promessa inscritta in ogni nuovo inizio.

Nell’affidarti queste riflessioni, di cuore benedico te, caro Fratello, il Rettore, i docenti, i ricercatori, gli studenti e il personale dell’Università degli Studi di Palermo, augurando un Anno Accademico ricco di frutti.

Roma, San Giovanni in Laterano, 8 febbraio 2025

Francesco