Sono state 12 le lingue, provenienti da tutti continenti, impiegate per la celebrazione dell’Epifania del Signore che l’Arcivescovo di Palermo Mons. Corrado Lorefice ha presieduto nella Chiesa Cattedrale. I rappresentanti delle comunità straniere cristiane di Palermo hanno rinnovato la volontà di vivere in armonia nello stesso territorio accogliendo la Pace offerta da Gesù che è il Dio-con-noi, Colui che è sorgente di pace. La Cattedrale si è quindi colorata anche quest’anno delle diversità culturali dei fedeli che hanno preso parte alla “Messa dei Popoli” grazie al coinvolgimento e all’animazione dell’Ufficio Migrantes dell’Arcidiocesi.
Omelia Mons. Corrado Lorefice
Nel Libro dei Numeri (24,17) si legge: “Una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele”. La tradizione giudaica, traducendo in aramaico il testo ebraico, sostituiva il termine stella con la parola Messia. Il testo di Matteo – appena ascoltato – dice: “Abbiamo visto spuntare la sua stella”. Quella che hanno visto i Magi è dunque la stella di Gesù, che è il Cristo, il Messia venuto da Dio. Come non ricordare il Libro dell’Apocalisse dove il Cristo viene riconosciuto attraverso il simbolo della stella: egli è “la stella radiosa del mattino” (22,16).
Dal punto di vista teologico e spirituale chiaramente ci ritroviamo dinanzi ad un segno della rivelazione cosmica messianica. L’elemento della luce impregna questo racconto, lo pervade, lo illumina. Basta pensare a Isaia (9,1): “Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse”. Un oracolo che da sempre nella tradizione giudaica e cristiana ha avuto una rilettura messianica.
Inoltre, il fatto che i Magi vengono da Oriente rivela l’orizzonte universale del messaggio di Gesù, il Cristo. Tutti verranno a lui, come ci ricorda Matteo (8,11): “Ora vi dico che molti verranno dall’Oriente e dall’Occidente e si siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli”. Questa scena dei Magi ci conduce per mano e ci parla della ricerca universale, quella che custodisce il cuore di ogni uomo e di ogni donna, compreso il nostro cuore. La ricerca che percorre la via della rivelazione biblica, le Scritture, – in questo caso i profeti Isaia (60,1-6) e Michea (4,1-3) – e la rivelazione cosmica che viene appunto dalla stella. Sembrano due strade totalmente diverse, eppure oggi noi capiamo quanto siano complementari.
Tutti i veri ricercatori possono arrivare a conoscere Cristo e il mistero che custodisce la sua vita terrena e il suo annuncio: l’immenso Amore di Dio per ogni uomo e per ogni donna, per l’intera famiglia umana. Anche per questo motivo i cristiani abbiamo a cuore il creato e lo custodiamo con cura e grande rispetto, perché è un’altra via della rivelazione di Dio: “O Signore, nostro Dio – canta il Salmo 8 –, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra: sopra i cieli si innalza la tua magnificenza” (v. 2).
Dei sapienti delle genti, dei cercatori di senso – diremmo oggi –, scrutando questo cielo e questa terra, sono giunti a tentoni (cfr At 17,27), dopo un lungo cammino, presso il Bambino. Scrutano le stelle e salgono a Gerusalemme (cfr Is 60,1-6) dove risuonano le Scritture che contengono le promesse di Dio custodite dal popolo santo. Oggi impariamo l’amore per le Scritture, per la Parola, la lettura fedele e amorosa della Parola di Dio e, attraverso di essa, la lettura e il discernimento amoroso delle vicende umane e delle culture che abitano e animano la storia degli uomini e le donne di una determinata stagione e di ogni tempo.
Inoltre è interessante anche cogliere il valore dei doni che portano i Magi attraverso l’allusione che si trova nel Profeta Isaia (60,6): “Uno stuolo di cammelli di invaderà, dromedari di Màdian e di Efa, tutti verranno da Saba, portando oro e incenso e proclamando le glorie del Signore”. Offrono in dono oro, incenso e mirra, prodotti preziosi dell’Oriente, elaborati dalla cultura delle genti. I Magi in fondo compiono il gesto dell’adorazione. Sono pagani in ricerca e riconoscono il Cristo, confessano il Bambino di Betlemme Signore, proprio con il gesto della proskỳnesis.
Erode – gli Erodi di ogni tempo! – ha un cuore turbato e agitato, insieme a tutta Gerusalemme. Non si sono accorti di “colui che è nato, il re dei Giudei”. Perciò entrano in fibrillazione. Si sentono minacciati da un neonato figlio di migranti. Dal bagliore della piccolezza. Dal potere di questo umile segno riconosciuto dai pastori e dai pagani. Disposti a simulare l’adorazione. Il potere, anche quello religioso, corrode il cuore, lo consegna all’ipocrisia e alla falsità, alla brama accecante e idolatrica. Teme la regalità potente e universale della debolezza e della piccolezza. La grandezza trascina nel baratro del delirio di onnipotenza e fa detonare un’energia distruttiva e mortifera. Coltiva l’indifferenza, elimina, respinge, dichiara guerra.
Occorre ritornare ad imparare il vero potere della piccolezza e della trasparenza. Dobbiamo deciderci a percorrere “un’altra via” rispetto alla via del potere e dell’idolatria. “ …siamo noi a dover cambiare, a trasformare il nostro modo di vivere pur nell’ambiente di sempre, a modificare i criteri di giudizio sulla realtà che ci circonda” (Francesco, Angelus, 6 gennaio 2020). Convertirsi alla ricchezza della povertà di spirito, alla mitezza, alla misericordia. Guarire dalla sclerocardia. Praticare e gustare la beatitudine dei puri di cuore che vedono Dio. Incontrare Gesù. Adorarlo con tutto il nostro essere.
Oggi ci viene indicata la quotidiana ricerca del volto del Signore, nascosto nelle pagine delle Scritture, nel pensiero e nell’animo umano e nel corpo sofferente dei piccoli, dei poveri e degli ultimi. Delle vittime, dei vinti della storia che ci ostiniamo ancora a scrivere con l’inchiostro della grandezza e del potere.
Oggi impariamo che è caduto il muro dell’indifferenza, dell’inimicizia, delle preclusioni e che è possibile essere un solo corpo (cfr Ef 2,14-18). Oggi è stato aperto a tutti l’accesso alla comunione con Dio, alla fraternità con Gesù Cristo e in Gesù Cristo. Oggi a tutti è manifestato il Dio che ci vuole fratelli e sorelle tutti. Umili costruttori di vie di incontro e di pace. Oggi è stato svelato il mistero “che le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo” (Ef 3,6).
“Col lume celeste, Signore, previenici sempre e dovunque, affinché contempliamo con sguardo puro e accogliamo con degno affetto il mistero di cui Tu ci hai voluto partecipi” (Post communio).