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3 ottobre 2024, omelia Primi Vespri nel “Transito di San Francesco” Mons. Corrado Lorefice, Arcivescovo Metropolita di Palermo e Vicepresidente della Conferenza Episcopale Siciliana

Le celebrazioni per San Francesco Patrono d’Italia 2024 si sono aperte oggi ad Assisi nella Basilica di Santa Maria degli Angeli con la concelebrazione eucaristica nel “Transito di San Francesco” presieduta da fra Francesco Piloni, ministro provinciale dei Frati Minori di Umbria e Sardegna.

Alle 18.00, sempre in Santa Maria degli Angeli, la celebrazione dei Primi Vespri presieduti da Mons. Corrado Lorefice, arcivescovo metropolita di Palermo e vice-presidente della Conferenza Episcopale Siciliana (diretta streaming sul canale YouTube @FratiMinoriAssisiOFM e sulla pagina Facebook frati minori assisi). Alle 21.30 la Veglia con i giovani delle Diocesi di Sicilia, presieduta da S. Ecc.za Mons. Pietro Maria Fragnelli, Vescovo di Trapani (diretta streaming sul canale YouTube @FratiMinoriAssisiOFM e sulla pagina Facebook frati minori assisi).

Di seguito, l’omelia di Mons. Corrado Lorefice.

 

 

Primi Vespri nel “Transito di S. Francesco”

Basilica Papale di Santa Maria degli Angeli in Porziuncola

Assisi – 3 ottobre 2024

Omelia

Mons. Corrado Lorefice, Arcivescovo di Palermo

 

Siamo accorsi da ogni parte d’Italia, e in particolare quest’anno dalla Sicilia, attratti dal luminoso Transito di S. Francesco, per attingere e ispirarci ancora alla sua vita vissuta «secondo la forma del santo Vangelo» (Testamento, FF 116), ben consapevoli che la sua morte e il suo morire sono marcati da un’‘eccedenza’ tale da richiedere un’intensità spirituale e umana che possiamo solo sfiorare. Ma l’essere stasera convenuti alla Porziuncola – luogo del primo e dell’ultimo respiro d’amore di Francesco per l’Amore crocifisso – attenua questo scarto e dona un di più di grazia di comunione con lui «specchio di Cristo» (Inno, Salve sancte Pater), con la sua singolare e sempre attrattiva testimonianza di vita e di fede.

Come sappiamo dalle Fonti (cfr Leggenda perugina, FF 1614) Francesco si prepara cantando a “morire nudo sulla santa terra nuda”. È l’ultima sua spoliazione, soprattutto se la guardiamo alla luce della duplice spoliazione davanti al vescovo di Assisi. Un atto che dice la chiara e compiuta consapevolezza creaturale, filiale e fraterna di Francesco.

Il vescovo che aveva compreso e benedetto la prima spoliazione, allorché lo ricoprì con il mantello, accoglie anche la seconda durante il suo ricovero in episcopio, quando, vent’anni dopo, per prepararsi a quella definitiva – alla kenosi, allo svuotamento totale di sé –, si spoglia ancora decidendo di lasciare il ‘mantello-palazzo’ del Vescovo per tornare qui alla Porziuncola. Cosi, dopo aver restituito le vesti ricevute da Pietro di Bernardone, restituisce il suo corpo al “Padre dei cieli” che lo ha creato: «Nudo uscii dal seno di mia madre, e nudo vi ritornerò» (Gb 1,21). ‘Ri-consegna’ «Frate corpo» (Tommaso da Celano, Vita seconda, FF 710). Il corpo è fratello, «fratello primogenito» (R. M. Rilke). E «sora nostra Morte corporale» (Cantico delle creature, FF 263), segna la sua definitiva appartenenza a Dio: «Ben venga la mia sorella Morte!» (Compilazione di Assisi, FF 1615). Si lascia condurre dal corpo a Dio. Lo ritorna nudo a Colui che lo ha creato.

Nelle prime due spoliazioni Francesco sveste il suo corpo delle vesti, rimanendo nudo, ma nell’ultima – con il sopraggiungere di “sorella morte” – si spoglia anche di “fratello corpo” nudo. «Acconsentire al corpo – dopo aver ascoltato la sua richiesta di essere restituito – è acconsentire a Dio» (A. Lowen). Per essere restituiti alla terra e all’abbraccio paterno e fraterno originario. La morte segna la totale consegna del suo corpo a Dio e ai fratelli.

Il vescovo di Assisi riconosce l’inveramento in Francesco della forma Jesu. La spoliazione del Cristo – «Cristo Gesù, spogliò se stesso», annuncia Paolo ai Filippesi (2,7) – che rivive in quella di Francesco: «Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me» (Gal 2,20). Ne è gioiosamente consapevole: «Per misericordia di Dio e bontà del Signore, sono così intimamente unito a Lui, che sono ugualmente felice sia della morte che della vita» (Leggenda perugina, FF 1615).

E per questo lascia il ‘mantello-palazzo’ del vescovo che lo aveva accolto per coprirlo dalla nudità radicale dell’uomo: l’infermità e il sopraggiungere della morte. La finitudine e la grandezza si danno appuntamento al momento della morte, lì dove si esce nudi dalla vita. La fragilità conosciuta e accolta, la creaturalità abbracciata, fa affidare sereni alla morte riconosciuta come sorella, vero rimando – la morte – al Padre dei cieli che ci ha creati e amati nel suo Figlio morto e risorto. Francesco desidera morire nudo sulla nuda terra: «Quando mi vedrete ridotto all’estremo deponetemi nudo sulla terra come mi avete visto ieri l’altro, e dopo che sarò morto, lasciatemi giacere così per il tempo necessario a percorrere comodamente un miglio» (Tommaso da Celano, Vita seconda, FF 810).

Ora sono anche inutili i ‘vestiti’ del vescovo. Anzi è proprio il vescovo che accettando la sua seconda spoliazione – Francesco dal Palazzo Vescovile chiede di essere riportato a S. Maria degli Angeli, dai suii fratelli – lo conferma nella spoliazione decisiva, quella definitiva, che corrisponde al ritorno nella Casa celeste dove si vivrà ammantati dell’eterno abbraccio del Padre nostro, Padre di tutti, Padre di tutta la Creazione che «nutre la speranza  di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio» (Rm 8,20-21). ‘Sorella creazione’, in noi creature, rivendica figliolanza, sororità.

La memoria del transito di Francesco, ci ridesta al nostro essere creature mortali, figli e fratelli/sorelle: creature, non Creatore, mortali non eterni; figli amati, non schiavi; fratelli/sorelle, non nemici catapultati nel mondo campo di battaglia. Fratelli e sorelle dell’unico Padre che ci affida la Terra come ‘Casa comune’ fraterna fragrante d’amore e di pace, come ‘Giardino fecondo’ con al centro l’albero sempreverde della Vita.

«Si pose tutto nudo sulla terra» (Bonaventura, Leggenda minore, FF 1386). Fatti di terra, per ritornare in nuda terra, per essere plasmati dalle mani di Dio cittadini della nuova Creazione, della Casa comune trasfigurata. Anche noi, come Francesco, con Francesco.

Su quanti oggi hanno dimenticato di essere creature mortali e seminano nella Casa comune guerre, divisione, odio, parole aggressive, distruzione e morte violenta, soprattutto dei piccoli e degli inermi, la memoria del luminoso Transito di Francesco, Fratello universale, verace testimone di Cristo e di un cammino di piena e autentica umanità, sia audace segno profetico di conversione di mentalità e di cambiamento di rotta per il bene dell’umanità, per il bene della Casa-Terra.

  1. Francesco ha fatto la sua parte, Cristo ci indichi quale dev’essere la nostra («Io ho fatto la mia parte; la vostra, Cristo ve la insegni»: Bonaventura, Leggenda Maggiore, FF 1239) come umili servitori della Chiesa, del mondo e della nostra Italia. Cristo Signore, Amore crocifisso, ci trovi, mossi dallo Spirito, docili, generosi, creativi e audaci.