FESTA DELLA DEDICAZIONE DELLA BASILICA LATERANENSE
S. MESSA NELL’INAUGURAZIONE DELL’ANNO ACCADEMICO DELL’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI
Chiesa di S. Caterina V.M. 9 novembre 2011
OMELIA DI S.E.R. IL CARD. PAOLO ROMEO ARCIVESCOVO METROPOLITA DI PALERMO
1. Le parole di accoglienza che mi sono state amabilmente rivolte, come pure la cura posta nella preparazione e nell’animazione di questa celebrazione e soprattutto la vostra presenza di questa sera, per la quale non posso che ringraziare il Signore, riempiono il mio cuore di Padre e Pastore di questa Chiesa di Palermo.
In questa splendida chiesa monumentale consegnataci dalla storia, dalla fede e dall’arte dei nostri padri, noi conveniamo insieme per celebrare l’Eucaristia all’inizio di un nuovo anno accademico, per offrire al Padre in unione con il sacrificio del Figlio il lavoro universitario che saremo chiamati ogni giorno a svolgere, a tutti i livelli.
Preghiamo per invocare da Dio il dono che questo nostro lavoro sia sempre più animato dalla presenza vivificante dello Spirito Santo e divenga “pane buono” per il nutrimento di molti, perché possa così esprimere l’amore con cui il Padre ama il mondo e ogni persona.
2. La Chiesa ci fa celebrare oggi la festa dell’anniversario della dedicazione della Basilica Lateranense, la prima Cattedrale di Roma e, in un certo senso, la madre di tutte le chiese della Cattolicità. Celebriamo l’anniversario del giorno in cui quella chiesa, costruita nel 324 dall’imperatore Costantino sul colle Laterano, è stata aperta e consacrata totalmente per la celebrazione dei santi misteri.
Essa divenne così – come tutte le chiese – luogo di incontro fra Dio e il suo popolo: non semplicemente “una casa di Dio”, piuttosto “una dimora di amicizia fra Dio e gli uomini”.
L’Immenso, infatti, non può essere contenuto nello spazio finito di un tempio materiale! Così il tempio materiale – la chiesa, appunto, e ogni chiesa – non è un luogo che custodisce il sacro, ma un luogo in cui si può realizzare l’incontro fra l’uomo e Dio, un luogo che garantisce e testimonia questa possibilità.
Il prefazio di oggi ci farà così pregare: “Nel tuo amore per l’umanità hai voluto abitare là dove è raccolto il tuo popolo in preghiera, per fare di noi il tempio dello Spirito Santo, in cui risplenda la santità dei figli di Dio”. Dio è presente – cioè – soprattutto lì dove il suo popolo si riunisce.
3. Questa ricorrenza che riguarda una chiesa materiale, un tempio, può sembrarci, in apparenza – abbastanza distante dal motivo per cui siamo convenuti qui, ma, in realtà, può dirci qualcosa di importante, una verità di grande rilievo: nel profondo della sua esistenza, l’uomo cerca Dio. E Dio promette di farsi trovare in un luogo, ma solo perché viene incontro amorevolmente al desiderio dell’uomo e alla sua ricerca.
Esiste nell’uomo un impulso, un po’ misterioso, certamente, ma vero e reale che lo muove soavemente all’incontro vivo con Dio, a trovare risposte alle domande radicali che affiorano e si radicano nel cuore. Ecco: è proprio questo moto, questo orientamento del desiderio, che giustifica la costruzione di ogni tempio, che di per sé non avrebbe alcuna forza di attrazione, rimarrebbe per l’uomo un luogo senza senso, un corpo senz’anima.
Ma c’è di più… Molto di più…
Nella prima lettura ascoltata, tratta dal libro del profeta Ezechiele, si parla della visione del Tempio di Gerusalemme, il tempio della legge antica, quello in cui Israele ritrovava la sua identità di popolo. Ora, nella sapiente pedagogia divina, quel Tempio fatto di pietre materiali, era, tuttavia, solo una preparazione di un luogo più eccelso e sublime in cui Dio abita e si manifesta, in cui Dio si lascia incontrare.
Abbiamo ascoltato, nella visione di Ezechiele, che il Tempio sembra “straripare”: un fiume di acqua, viva e vivificante, scende simbolicamente dal lato destro del tempio. Un fiume che significa novità, freschezza, abbondanza.
Il Tempio, nella sua staticità sembra non bastare più: sembra preludere ad un “oltre” che raggiunga ogni dove, che si estenda con la pienezza della vita.
E d’altra parte abbiamo anche ascoltato, nel brano evangelico, un episodio in cui Gesù – un Gesù scomodo che le nostre visioni sdolcinate fanno fatica ad accettare – caccia via dal Tempio di Gerusalemme i mercanti che, approfittando della religiosità, facevano i loro affari con i commerci delle offerte sacre.
Come a dire che la grandezza del Tempio materiale non può bastare, perché sempre esposta agli egoismi dell’uomo, alle mistificazioni e ai tradimenti che mescolano sacro e profano.
Ecco perché Gesù provocherà i suoi avversari: “Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere”. Parla di un nuovo tempio che ricostruirà in tre giorni, e l’evangelista Giovanni annota: “Egli parlava del tempio del suo corpo”
4. Siamo allora invitati a guardare al vero e unico Tempio che è Cristo: è lui il “luogo” della presenza di Dio tra gli uomini, l’unico luogo dell’incontro autentico con il Padre nostro che ci ha insegnato a pregare e a conoscere.
Solo l’incontro con lui è la nostra salvezza. Non ci salva infatti un luogo, ma la sua sequela. Non ci salva l’appartenenza ad un gruppo o ad una comunità, ma l’appartenenza totale a lui, l’adesione a lui, la sua centralità nei nostri pensieri e nelle nostre scelte.
In Gesù Cristo, Dio ci viene presentato come Padre, cioè come una persona con cui entrare in relazione. Ma questa relazione è adorazione, è commossa a attonita percezione della incommensurabile perfezione di Dio, perfezione a cui, tuttavia, in una logica di dono e di amore siamo chiamati a partecipare.
Come? Non possiamo abbattere l’infinita distanza che ci separa dal mistero di Dio se lo Spirito di Dio, lo Spirito Santo, non ci viene donato e ci rende capaci di conoscere e amare Dio.
Non potremmo capire nulla della Parola di Dio se lo Spirito Santo non ci insegnasse la lingua. Ma lo Spirito Santo ci fa giungere al Padre attraverso la manifestazione più perfetta del suo mistero che è il Verbo incarnato.
4. In Cristo incontriamo il Padre, sotto l’azione dello Spirito. Viene spontaneo chiederci a questo punto: ma come questo mistero può coniugarsi con la vostra vita di studenti, con il vostro essere universitari? Carissimi, dobbiamo allontanare la tentazione della doppia vita.
Da una parte, la nostra relazione con Dio attraverso l’ascolto della Parola, la preghiera, i sacramenti, il volontariato, e dall’altra tutto il resto della vita (i miei progetti professionali, i miei affetti, i miei interessi), come se con Dio non c’entrassero proprio nulla.
Proprio nell’ambiente universitario, un ambiente che – nel senso sopra detto – non garantisce un “tempio” materiale, ossia che non è di per sé uno spazio consacrato a Dio, lì dobbiamo avvertire tutta la responsabilità di portare noi il Cristo, di esserne – per dirla con San Paolo – tempio vivo dello Spirito e testimoni del Padre con la nostra vita, con la nostra creatività, con il nostro coraggio, con la nostra fede testimoniata nei fatti più che nelle parole.
E’ soprattutto la testimonianza della gioia e dell’amore che va contagiata, per fare dei vostri ambienti universitari luoghi di costruzione dell’uomo, non fabbriche di diplomi e lauree.
E’ la ricerca autentica della verità che deve contraddistinguere un universitario che in Cristo ha trovato il suo riferimento di vita, come pure il desiderio del bene e la testimonianza della speranza.
L’incontro con Cristo, e dunque la relazione vitale con il Padre nel dono dello Spirito, in Università è affidata a tutti voi! Nessuno escluso!
5. E’ bello e mi riempie il cuore vedere con quanta cura è stata preparata questa celebrazione. E’ bello vedere la collaborazione dei diversi gruppi, dei movimenti e delle realtà che operano nell’ambito dell’Università.
Ognuno con il suo specifico stile, legato alla propria identità originata dallo Spirito, è chiamato ad “evangelizzare in Università”. Perché c’è tanto da fare! Perché si possono moltiplicare iniziative per annunciare il Vangelo di Dio che costruisce l’uomo e lo apre alla speranza di un futuro di pienezza.
Non ci siano barriere!
Piuttosto collaborazione ed edificazione vicendevole, come desideriamo continuare a dirci negli incontri che vogliamo promuovere per rendere più fluido e comunionale lo stile della Pastorale Universitaria.
Ma, devo dire, che si tratta anche di “evangelizzare l’Università”, ossia di accogliere le sue istanze, le domande concrete dei giovani studenti, dei docenti e del personale, di dare ospitalità alle metodologie del confronto e del dialogo tipiche del mondo accademico per proporre criticamente tematiche e connessioni reali che assumono la prospettiva della Buona Novella e per questo promuovono l’uomo nella sua autentica dignità di creatura e figlio di Dio.
Da un lato, infatti, la dimensione della fede proposta esplicitamente serve a creare una tessitura di relazioni fra i credenti, ad eliminare il feroce tarlo dell’individualismo religioso, a ritrovarsi da giovani di fede in Università, testimoniando gioiosamente la scelta del Vangelo.
Dall’altro la proposta di una cultura cristiana e credente può gettare ponti e costruire opportunità nuove presentando la fede come feconda di verità e di concreta umanità.
6. Carissimi giovani! I vostri studi, allora, si pongano come principio per migliorare il mondo, per renderlo sempre più degno dei figli di Dio, perché ogni uomo sia trattato secondo la dignità e la libertà dei figli di Dio. La bellezza intuita è sensibilità per rendere bello il mondo e specialmente le relazioni tra le persone.
Il Vangelo vi apre gli occhi e il cuore! Pur nell’inevitabile avvertenza della crisi del momento presente, una crisi che vi fa guardare con preoccupazione alle vostre prospettive occupazionali future, i vostri anni universitari sono momento di preparazione per poter poi svolgere un servizio a tutta la società.
Coltivate la nobile ambizione di prepararvi bene, con rigore intellettuale e competenza. Non dimenticate che la prima verità che tutte le riassume, è che Dio è amore. Questa verità la si può conoscere soltanto vivendola, cioè impegnandosi ad amare. Se non apprendiamo questa fondamentale verità, tutte le altre e tutti i saperi si inaridiscono e rischiano di allontanarci dalla meta e rendere triste il nostro cuore.
7. Affidiamo l’anno che comincia a Maria Santissima; a lei che è stata il primo “tempio” del Verbo Incarnato, la prima “Portatrice di Dio”, la prima testimone delle sue opere: “Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente”.
Lei ci insegni ad accogliere in pienezza il Cristo nella nostra vita, e a testimoniarlo nell’ambiente universitario nel quale siamo chiamati a vivere e a crescere.
Lei che con il suo fiat ha potuto ricevere la pienezza dello Spirito Santo e dare alla luce il Verbo eterno, ci incoraggi non soltanto a perseverare nell’impegno dello studio, ma anche nella collaborazione di comunione e di fraternità che le nostre relazioni desiderano avere.
Per sua intercessione, con le parole di san Paolo ascoltate nella seconda lettura che abbiamo voluto proclamare, possiamo essere “attenti a come costruiamo”. A come costruiamo nella fede la nostra vita, le nostre persone, il nostro futuro. Per avere come unico fondamento Gesù Cristo, ed essere sempre più Chiesa, suo Corpo Mistico, Tempio dello Spirito di Dio.