“Pino Puglisi: il suo martirio è un dono ma anche una responsabilità per la Chiesa e per la città di Palermo”

Dieci anni fa, il 25 maggio del 2013, la Chiesa riconosceva il martirio del presbitero palermitano proclamandolo Beato / IL MESSAGGIO DELL'ARCIVESCOVO DI PALERMO / PHOTOGALLERY / L'ITER DELLA CAUSA DI BEATIFICAZIONE

Il 25 maggio del 2013 il Servo di Dio don Giuseppe Puglisi veniva proclamato Beato. Il 28 giugno del 2012 papa Benedetto XVI aveva promulgato il Decreto riguardante il martirio del sacerdote, ucciso “in odio alla fede” il 15 settembre 1993 (giorno del suo 56esimo compleanno) davanti alla sua abitazione, poco distante dalla sua parrocchia di San Gaetano, nel quartiere Brancaccio, a Palermo.

MESSAGGIO DELL’ARCIVESCOVO DI PALERMO MONS. CORRADO LOREFICE

Oggi ricorre il X anniversario della Beatificazione di don Pino Puglisi. Il riconoscimento del suo martirio è dono per la Chiesa tutta e in particolare per quella di Palermo che lo ha avuto fratello nella rinascita battesimale e membro del suo presbiterio.

Ma il dono è sempre foriero di ‘co-rresponsabilità”. La sua è una testimonianza di un Vangelo che si incarna nella concreta vicenda umana condivisa in un territorio ben preciso. Un Vangelo che intercetta la vita concreta. Tutta la vita. Che genera un senso comunitario della vita. Un Vangelo che partecipa del desiderio umano di riscatto dal male. Un Vangelo che assume la sofferenza e apre alla beatitudine. Un Vangelo che contribuisce a rendere autenticamente liberi da ogni forma di potere. Compreso il potere mafioso che attanaglia la nostra terra e riscuote ancora connivenze sull’humus dell’omertà personale e strutturata.

Il riconoscimento del martirio di don Puglisi sulla motivazione dell’odium fidei dei mafiosi che ne hanno decretato la morte ha un’ulteriore puntuale valenza che ci responsabilizza oltremodo. La mafia è una ricerca ostinata, invasiva e violenta di potere. Un potere che può essere sconfitto solo con la “debolezza” della coerenza indefettibile della vita sradicata dal virus dell’individualismo. A maggior ragione quando la vita è motivata da una ‘fede-relazione’ con il Cristo che ha liberato con l’unica forza di un amore più grande, con la debolezza della croce. E in questo il Vangelo vissuto alla maniera di Pino Puglisi e delle comunità e dei giovani da lui ‘animati’ può essere ancora significativo nella costruzione della città umana riscattata dal male, dall’ingiustizia, dalla violenza, dagli idolatri del potere, dalla mafia. A maggior ragione se la Chiesa segue il suo Signore nell’umiltà, nella povertà e nella persecuzione.

Il martirio di Pino Puglisi è dunque un dono e una responsabilità fatti non solo alla Chiesa ma anche a quanti e quante abitiamo la casa comune che sono le nostre città. E in particolare alle città che lo hanno visto impegnato come umile ed audace servitore della Bella Notizia, dell’Evangelo di Cristo, il Verbo di Dio amico degli uomini e delle donne chiamati a partecipare della libertà filiale.

Viviamo l’anniversario del riconoscimento del martirio del Beato Giuseppe Puglisi con spirito di fiduciosa corresponsabilità perché possiamo proseguire con creativa audacia il suo tracciato.

                                             

La causa di beatificazione

La causa per il riconoscimento del martirio di don Giuseppe Puglisi è stata iniziata a livello diocesano nel 1998, a cinque anni dal delitto, per volere del cardinale Salvatore De Giorgi, allora arcivescovo di Palermo.  La raccolta di documenti e testimonianze si è conclusa il 6 maggio 2001 e dalla fine di settembre 2001 l’incartamento è passato all’esame della Congregazione per le cause dei Santi in Vaticano.

Nel 1993 la valenza del delitto Puglisi (anche nella sua portata intimidatrice nei confronti di tutti i sacerdoti) e la sua figura vennero subito valutate con piena consapevolezza dalla Chiesa. Il 17 settembre ’93 Giovanni Paolo II alla Verna, il monte dove San Francesco ricevette le stimmate, lo volle ricordare con queste parole: “In questo luogo di pace e di preghiera, non posso che esprimere il dolore con il quale ho appreso ieri mattina la notizia dell’uccisione di un sacerdote di Palermo, don Giuseppe Puglisi. Elevo la mia voce per deplorare che un sacerdote impegnato nell’annuncio del Vangelo e nell’aiutare i fratelli a vivere onestamente, ad amare Dio e il prossimo, sia stato barbaramente eliminato. Mentre imploro da Dio il premio eterno per questo generoso ministro di Cristo, invito i responsabili di questo delitto a ravvedersi e a convertirsi. Che il sangue innocente di questo sacerdote porti pace alla cara Sicilia”.

E il cardinale Camillo Ruini, allora presidente della Conferenza episcopale italiana, aggiunse, pochi giorni dopo: “Don Puglisi era un prete esemplare, che ha testimoniato con la realtà della sua vita e con la sua stessa morte come la Chiesa sulla via che conduce da Cristo all’uomo non possa essere fermata da nessuno”.

Un anno dopo, nel novembre ’94, per due volte – durante le visite a Catania e a Siracusa – il Pontefice, mentre invocava la protezione di alcuni santi e beati siciliani, rammentò il sacrificio del sacerdote definendolo “coraggioso testimone del Vangelo”.

Dal ’94, per volontà del cardinale Salvatore Pappalardo, l’anno diocesano a Palermo si apre il 15 settembre nel nome di don Puglisi, in modo che il giorno della sua morte non sia simbolo di sconfitta ma momento dell’incontro con il Cristo-vita, attimo simbolico del futuro “kairòs”, il tempo della liberazione e della salvezza.

Durante l’omelia per il primo anniversario Pappalardo sottolineò come “in un contesto mafioso la dignità e la libertà umane vengono ignorate e calpestate, mentre don Puglisi, in nome del Vangelo e della missione educatrice da esso affidatagli, cercava di ottenere che ciascuno comprendesse la necessità di sottrarsi ad ogni pesante giogo e di disporre della propria esistenza senza umilianti asservimenti. Per diventare, da schiavi, uomini liberi”.

Nell’autunno dell’anno successivo (’95) lo stesso cardinale in Cattedrale, a conclusione delle commemorazioni, invitò a iniziare una raccolta di tutte le testimonianze su “3P”. Dal ’96 al ’97 già si susseguirono raccolte di firme per chiedere l’apertura del processo di beatificazione. Nel maggio ‘96 il nuovo arcivescovo di Palermo, Salvatore De Giorgi, mostrò subito di ben conoscere la storia e l’itinerario di don Puglisi: nel primo messaggio, inviato alla città subito dopo la nomina, citò il parroco di Brancaccio additandolo a “esempio per tutta la nostra comunità”. Nel settembre ’97 in Cattedrale lo accomunò a Madre Teresa di Calcutta, da poco scomparsa, e li definì entrambi “testimoni credibili e coraggiosi della speranza che non delude”.  Le ultime parole di don Pino, infatti, – “me l’aspettavo” – “rivelano la consapevolezza di questo sacerdote di andare incontro al proprio martirio proprio perché fedele al suo ministero di evangelizzatore”.

L’anno dopo (1998) si compiono i cinque anni dalla morte, termine minimo per l’avvio delle procedure canoniche. E il cardinale De Giorgi dà l’annuncio della decisione presa nel corso dell’omelia per il 25° anniversario della sua ordinazione episcopale (29 dicembre ’98). Il 22 febbraio ’99 nomina la commissione diocesana e il 15 luglio – durante la processione per Santa Rosalia – comunica ai fedeli di aver chiesto alla Santa Sede il nulla osta all’avvio ufficiale del “processo”. Nulla osta che arriva pochi giorni prima del sesto anniversario.

Il 15 settembre 1999 si insedia il Tribunale ecclesiastico. I componenti del Tribunale sono: don Giorgio Scimeca (delegato arcivescovile), mons. Domenico Mogavero (postulatore), don Vincenzo Talluto (promotore di giustizia), Agostina Ajello (notaio). I componenti della Commissione diocesana per l’istruttoria preliminare sono: mons. Salvatore Di Cristina, don Francesco Michele Stabile, mons. Francesco Pizzo, don Francesco Conigliaro, don Mario Golesano, mons. Carmelo Cuttitta, don Giorgio Scimeca, Agostina Ajello e il giornalista Francesco Deliziosi.

Le commemorazioni in Cattedrale sono state proseguite dal successivo arcivescovo di Palermo, Paolo Romeo, che ad ogni 15 settembre e anche in altre svariate occasioni ha voluto ricordare don Puglisi con affetto e ammirazione additandolo come “esempio per ogni presbitero di impegno evangelizzatore nella società”. Anche l’attuale arcivescovo, Mons. Corrado Lorefice – che ha collaborato con don Puglisi nel campo della pastorale vocazionale – ha messo il suo ministero sotto la benedizione del beato e ha dato spinta a tutta una serie di iniziative in sua memoria, tra cui il Centro diocesano Pino Puglisi che coordinerà manifestazioni, eventi e l’archivio dei documenti. Ha redatto interamente la Positio, presentata in Vaticano nel 2006 per la discussione dei teologi della Congregazione, don Mario Torcivia.

Nel 2010 è stato nominato il nuovo postulatore, mons. Vincenzo Bertolone, che ha saputo rispondere a tutte le richieste di chiarimento della Congregazione producendo nuovi documenti e testimonianze con la “Responsio”.

A giugno del 2012 la Congregazione ha dato l’assenso finale alla promulgazione del decreto per il riconoscimento del martirio di don Puglisi. Il 25 maggio 2013 è avvenuta la beatificazione al Foro Italico di Palermo. Il 15 settembre 2018 Papa Francesco ha reso omaggio a don Pino durante una visita a Palermo a 25 anni dal delitto.

Don Giuseppe Puglisi è la prima vittima della mafia a essere proclamata martire della Chiesa cattolica.